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Voleva fare del male soprattutto al fratellino, ma anche ai genitori adottivi e agli animali domestici, per questo di notte veniva chiusa a chiave, fino a quando la famiglia non decise di farla vedere da uno psichiatra. Fu la bimba stessa a rivelargli le proprie terribili intenzioni.
Stiamo parlando di Beth Thomas, a cui erroneamente fu attribuito, dai media di allora e dalla gente, il terribile appellativo di “bambina psicopatica”, che voleva accoltellare la famiglia, incapace di provare amore e di distinguere il bene dal male.
Chi ha vissuto in quegli anni la ricorderà bene: quello di Beth era diventato un vero e proprio caso mediatico e in tanti si sono appassionati alla sua storia, ma che fine ha fatto Beth? Cosa sta facendo ora? Non lo direste mai. Partiamo dall’inizio.
La piccola Beth venne adottata da una coppia senza figli quando aveva solo un anno e 7 mesi di vita assieme a suo fratello minore che non aveva ancora un anno.
I primi periodi sembrava una bambina come tante, perfettamente normale, ma presto iniziò a manifestare comportamenti alquanto strani e preoccupanti. Feriva il fratellino e gli animali domestici con degli aghi senza manifestare nessun risentimento subito dopo, sembrava posseduta da una rabbia incontrollabile e raccontava di incubi ricorrenti riguardanti un uomo che stava sopra di lei e che voleva ferirla.
La bambina appariva fredda e incapace di provare amore ed empatia. Soprattutto non sapeva distinguere il bene dal male.
I genitori, preoccupati del fatto che la vita in casa era diventata praticamente impossibile, decisero di farla vedere da uno psichiatra a cui Beth fece orribili confessioni.
Disse che avrebbe fatto molto male al fratellino, soprattutto la notte (e che per questo veniva chiusa a chiave) e che avrebbe accoltellato i genitori (aveva infatti più volte rubato coltelli dalla lavastoviglie). Lo psichiatra la fece così ricoverare in un centro dove le fu diagnosticato un disturbo dell’attaccamento.
L’attaccamento è un comportamento tipico dell’età evolutiva che, se disfunzionale, può portare a gravi problemi relazionali, impedendo al soggetto di legare con gli altri, di provare empatia e di manifestare aggressività nei confronti di chiunque.
Con il tempo, anche se molti spunti li aveva forniti la bambina stessa, si venne a sapere che Beth fu vittima di traumi e abusi durante i primi mesi di vita: rimasta orfana della madre, venne affidata al padre biologico che abusò di lei e del fratellino, fino a quando non gli vennero tolti i figli dagli assistenti sociali e furono affidati ai genitori adottivi.
Nonostante questi ultimi fecero di tutto per non far mancare niente a Beth e al fratello, la bambina non riusciva ad affezionarsi a loro e le conseguenze dei traumi infantili presero il sopravvento.
Nel centro, la piccola venne rieducata alle regole e alle abitudini sociali, finché acquisì consapevolezza di sé e degli altri e imparò a gestire i propri sentimenti.
Alcuni psichiatri criticarono questa terapia in quanto dava importanza soprattutto al comportamento esteriore e alle sue conseguenze, senza indagare a fondo sul trauma della bambina che le aveva fatto covare odio per anni.
Oggi Beth è un’infermiera di successo, amata da chiunque la conosca, che spesso tiene conferenze proprio sul tema dell’attaccamento.
Il suo caso fa riflettere su quanto sia importante per un bambino l’ambiente familiare in cui cresce e che i traumi, anche durante i primi mesi di vita, possono portare a conseguenze molto gravi, spesso irreversibili.