“Voglio ricordarla mentre mi abbraccia e mi fa il massaggino alla testa non sapendo che io sono sua figlia”.

Con queste dolcissime parole Daniela Poggi comincia la sua chiacchierata con noi e racconta di come ha visto sua madre Lydia che adesso non c’è più, allontanarsi da lei per colpa di un terribile morbo, il quale, un po’ per volta e in maniera tanto subdola quanto inesorabile, travolge le emozioni, le sensazioni e i pensieri della persona che riesce a fagocitare. Ci parla del surreale cambio di ruoli “sono diventata la madre di mia madre”, delle frasi ripetute continuamente, che dapprima suscitano rabbia e fastidio, ma che poi lasciano spazio alla terribile consapevolezza di dover fare le valigie e  partire per un viaggio senza ritorno.

L’incipit del libro è un silenzioso grido di dolore che, immediatamente, ci accompagna nell’amara realtà dell’Alzheimer: “Le prime ore della sera. Una stanza. Un letto sul quale è distesa una donna che, per anni, giorno dopo giorno, è scivolata nell’oblio dell’Alzheimer. Una poltrona dove siede la figlia….” Tuttavia, man mano che le pagine scorrono riusciamo a percepire come il cammino degenerativo della malattia, lascia comunque spazio ad un residuo di speranza, proprio come una luce improvvisa nel buio.

“Ricordami!” è un libro che racconta un dramma, ma soprattutto un riscatto perché Daniela Poggi è riuscita a sublimare la malattia in un’attività artistica e, da ciò che avrebbe potuto rimanere solo una sofferenza, oltre al libro sono nati un cortometraggio e una canzone, “Sulle ali di un angelo” è infatti il singolo scritto con Mario Lavezzi e Lorenzo Vizzini la produzione è di Adriano Pennino.

Edito da La Vita Felice “Ricordami!” può essere ascoltato anche in audiolibro, i proventi saranno devoluti all’Associazione  Salento Alzheimer di Sannicola (Lecce). Il libro sarà presentato domani alle ore 17.00  nella sala consiliare del municipio di Pattada durante una manifestazione organizzata dall’Amas (Associazione Malattia Alzheimer Sardegna). All’evento interveranno il geriatra Antonio Nieddu, il neurologo Alberto Zoccheddu, nonché il consigliere regionale Antonio Piu. Presenti inoltre la dottoressa Mariangela Sistu e la presidente di Amas Pina Ballore.

Daniela Poggi si è raccontata ai microfoni di Sardegna Live con assoluta naturalezza, rendendoci partecipi di un “pezzettino” della sua vita che le ha tolto tanto, ma al tempo stesso le ha insegnato ad essere più forte anche quando la realtà fa un male straziante.

L’Alzheimer è una patologia devastante e “strappa via” l’identità delle persone che colpisce poco alla volta, vuole raccontarci come si è sentita quando ha realizzato di avere a che fare con una malattia di questo tipo?

“All’inizio non sai come affrontarla, la rifiuti, la cancelli e la combatti. Pensi che la persona che ami abbia semplicemente difficoltà a ricordare e ti arrabbi perché devi ripetere le cose dieci o anche venti volte, stenti a crederci e sei sopraffatta dalla frustrazione che però viene sostituita, quasi subito, da un grande dolore: realizzare di avere davanti un mostro che ti porta via la persona che ami per sempre. Sono stati dieci anni molto dolorosi in cui ho affrontato cose che non avrei mai immaginato, ma ho curato, amato e assorbito ogni fragilità di mia madre, un costante e  importante punto di riferimento nella mia vita. L’Alzheimer è una malattia difficile da accettare, adesso con la diagnosi precoce forse si affronta in maniera diversa, ma venti anni fa, quando si è ammalata mia madre, non era così. Ti ritrovi in un ruolo che non ti appartiene perché i figli vorrebbero rimanere figli per tutta la vita, ma io sono diventata la madre di mia madre e lei è diventata la mia bimba piccola della quale prendermi cura anche per le cose più semplici, come stare a tavola o lavarsi.  Un conto è quando un genitore si ammala o diventa anziano, un altro è quando non ti riconosce più come figlia”.

“Perché è successo a me?” una domanda che spesse volte ci poniamo anche per motivi banali. Le è successo di chiedersi “perché?” mentre guardava dritto in faccia quel terribile mostro?

“Certo, molte volte. Qualcosa di più grande di noi improvvisamente si impossessa della nostra vita per cui la classica domanda “Ma perché a me?” fa parte un po’ dell’essere umani. L’Alzheimer lascia quel vuoto assoluto che ha il sapore amaro di un dialogo mancato da tanti anni e, nel momento in cui vorresti trovare tua madre anche semplicemente per poter parlare…lei non c’è più. Questo tipo di malattia ti lascia uno sradicamento e un senso di vuoto assoluto perché la persona che ne soffre ti manca, come se l’avessi già persa, prima ancora che lei vada via per sempre. Vivi anni di lutto, come un’elaborazione continua che sembra non avere una fine. E ti chiedi: “Perché proprio a me?” È una domanda sciocca e retorica che mai dovremmo porci semplicemente perché non c’è una risposta. Succede e basta. Bisogna solo trovare gli strumenti per poter affrontare la malattia e non soccombere ad essa. Adesso si parla molto di più di questo tipo di patologia, ci sono molte più associazioni alle quali chiedere aiuto, quando è successo a me non era così.”

Dalle sue parole mi sembra di capire che si è sentita sola…

“Sì, quando è successo a me io mi sono ritrovata molto sola. Poi in una società in cui gli anziani, spesso non contano niente, non avevo nemmeno il giusto supporto medico”.

Cosa direbbe a chi, in questo momento, sta vivendo lo stesso dolore?

“Innanzitutto è importante chiedere aiuto per avere un sostegno morale e spirituale e poi bisogna avere tanta forza, coraggio e fede. È necessario accogliere con amore, pazienza, attenzione e grande delicatezza questa nuova immagine della persona che si ha di fronte perché, dietro quegli occhi persi, c’e sempre colui o colei che amiamo. Ci vuole accoglienza e tanta misericordia”.

Ci racconta come nasce l’idea del libro?

“Nel 2008, quando mia madre era ancora in vita, avevo già realizzato un recital teatrale: “Madre di mia Madre” e comunque, quando l’assistevo, mettevo sempre nero su bianco tutte le mie emozioni e le mie sensazioni; il mio era un bisogno di esprimere quello che stava succedendo e, quando lei è mancata, scrivere un libro è diventata quasi un’esigenza. E in seguito, rileggendo tutti i miei appunti, ho pensato che fosse importante condividere il mio dolore con chi sta vivendo la mia stessa esperienza e considerando, tra l’altro, come l’ Alzheimer continua a galoppare nel nostro paese, così come nel resto del mondo, ho deciso di dare vita a “Ricordami”.

Dunque il fil rouge è l’Alzheimer?

“Esatto. Racconto in modo esplicito e molto crudo quella che è la malattia, ma nel contempo spiego come  la stessa malattia mi ha catapultato in un altro mondo del quale ho dovuto accettare le varie sfaccettature: il diverso modo di essere, di pensare e di agire di chi è costretto a viverlo quel mondo. Pertanto, quella rabbia e quel rifiuto iniziali sono diventati in seguito accoglienza, altrimenti  non solo non sarei riuscita ad aiutare mia madre, ma nemmeno me stessa poiché sarei rimasta intrappolata in un buio sempre più intenso. Nella sua drammaticità l’Alzheimer può, in un certo senso, diventare un maestro di vita”.

Domani presenterà “Ricordami” a Pattada, qual è il suo rapporto con la Sardegna?

“Bellissimo! È un rapporto antico, innanzitutto perché sono Ligure: la Liguria e la Sardegna hanno un rapporto atavico; poi perché ho conosciuto la Sardegna quando ancora ero una ragazzina e ho passato lì le vacanze più belle della mia vita insieme a quella nel Sud America. Vacanze trascorse per lo più in Costa Smeralda perché il mio papà frequentava tantissimo Porto Rotondo quindi ho avuto la grande gioia di conoscere questo angolo di paradiso nel modo più bello, prima ancora che si aprisse al mondo intero. Non esiste mare al mondo che sia bello come quello della Sardegna! Inoltre ho un carissimo amico che vive in barca nell’Isola da ormai vent’anni e un altro mio carissimo amico e poeta che conosco da 40 anni Biagio Arixi. Insomma per me la Sardegna e la sua cultura, l’entroterra, il cibo rappresentano la bellezza assoluta”.

A proposito di cibo sardo, quale il suo preferito?

“Prima mangiavo proprio tutto, adesso sono vegana e faccio un po’ fatica a rapportarmi con alcuni piatti tipici”

Quindi niente "porceddu"?

“No (ride) ma adoro le seadas, il pane carasau soprattutto quello con il rosmarino e tanto altro”.