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Un attentato nel cuore della democrazia. Londra, 22 marzo 2017, a dodici anni dall’attacco alla metropolitana, e a due anni dagli attentati di Parigi e Bruxelles, fino alla strage sulla Promenade des Anglais a Nizza e a quella di Berlino dello scorso anno; un SUV si è scagliato contro la folla a Westminster Bridge non distante dal Parlamento del Regno Unito.
L’uomo che era alla guida, Khalid Massood, cittadino britannico di 52 anni, già noto alle forze dell'ordine, è stato ucciso dalla polizia, non prima di essere riuscito ad accoltellare un agente.
L’Isis ha rivendicato l’attentato attraverso la propria agenzia di propaganda Amaq.
Comprensibilmente in rete si è letto di tutto, e si è sentito altrettanto ovunque: «è in corso un’invasione islamica», «attuiamo blocchi navali», «i musulmani non saranno mai cittadini europei» e via seguitando. Ma la realtà è veramente così? No! In Italia, secondo una ricerca del 2014 dell’agenzia Ipsos Mori, il cittadino medio pensa che gli immigrati rappresentino il 30% della popolazione, invero, la reale percentuale oscilla tra l’8 e il 9%; e che il 20% dei residenti segua la religione musulmana, in realtà, i musulmani sono tra il 2 e il 3%. Ergo: nessuna invasione. Inoltre, occorre distinguere tra islam e Islam.
L’islam è la religione iniziata da Maometto, l’Islam, invece, rappresenta l’insieme dei territori governati dalla teocrazia musulmana. All’Islam fa riferimento l’islamismo. Anne Clementine Larroque, esperta di geopolitica, afferma: «[…] La dimensione politica è parte integrante dell’islam. Tuttavia, gli islamisti spingono il progetto di costruzione politica più lontano: lo Stato islamico deve inglobare tutta la società, le sue leggi, i suoi principi economici, i suoi individui. L’islamismo presenta dunque un aspetto totalitario, sia politico che sociale […]» [Larroque 2015]. Secondo il modus agendi islamista, questo modello di società è realizzabile attraverso: attivismo politico, attivismo religioso e violenza terroristica, (jihadismo).
Gli attentati terroristici che hanno colpito l’Europa negli ultimi due anni andrebbero considerati tenendo conto di un problema fondamentale: l’arretratezza del Medio Oriente in tema di diritti umani, libertà in campo politico ed economico, separazione tra politica e religione. A ciò si aggiunga la fallimentare politica coloniale e postcoloniale di alcuni paesi occidentali (a cominciare da Francia, Regno Unito e USA). Tale aspetto tocca anche l’Italia. Il nostro paese, infatti, ha contribuito allo sfaldamento dell’Impero Ottomano i cui territori furono poi divisi da altre potenze, tra cui Francia e Regno Unito. Da questo sconvolgimento geopolitico nacquero nazioni prive di ragion d’essere, dal punto di vista etnico e religioso, ad esempio: la Siria e la Libia. Il risentimento endemico degli islamisti nei confronti degli occidentali deriva da ciò; gli occidentali, insomma, sono i responsabili dei problemi dell’intera regione e dunque nemici da annientare o destabilizzare in quanto infedeli.
La domanda alla quale bisogna, rapidamente, dare una risposta è: Che cosa dobbiamo fare? Non pensare a improbabili derive guerrafondaie, che non farebbero altro che acuire lo scontro, e concentrare gli sforzi nel dialogo con gli elementi illuminati dell’islam. A ciò occorre aggiungere una solida attività d’intelligence. Solo in tal modo si potrà accompagnare l’islam attraverso un cammino di modernizzazione. Già, perché il Medio Oriente sta vivendo la fase che l’Europa cristiana ha vissuto nel XVII secolo con la Guerra dei Trent’anni. Qualcuno trova da eccepire su questo parallelismo sostenendo che in realtà le motivazioni di fondo della Guerra dei Trent’anni e della crisi