Lo spirito delle leggi, come è noto, è il titolo dell'opera più importante del famoso filosofo giurista, dal pensiero illuminista, noto come Montescquieu. Realizzata a seguito di un lavoro durato 15 anni, l'opera ha ispirato quelle che sono le forme moderne di governo. Si basa sulla cosiddetta tripartizione dei poteri, per la quale chi emana le leggi, chi le esegue e chi giudica dovranno essere necessariamente slegati l'uno dagli altri, in modo tale da non formare un amalgama che riporti al potere assoluto.

Montescquieu vive nel '700, epoca in cui il concetto di democrazia ancora latitava. Anche se nel secolo scorso si sono fatti passi da gigante, probabilmente siamo ancora lontani dal raggiungere un livello sufficientemente soddisfacente. Dopo il fallimento della Società delle Nazioni, dal 1945 in poi l' ONU ha segnato il passo sotto il profilo della civiltà, sancendo oltre i diritti fondamentali dell'uomo a livello universale, una progressiva influenza cogente nella "Domestic Jurisdiction" degli stati. Sotto il profilo della democrazia invece, nella realtà ancora tante sacche di squilibrio dei poteri si nascondono nel mondo. Chi tira di qua, chi tira di là.

Mi chiedo se Montescquieu avesse mai potuto immaginare una democrazia decadente, a seguito di uno squilibrio proprio a favore del potere giudiziario. Avrei forti dubbi in proposito. Infatti il barone guardava maggiormente ai poteri esecutivo e legislativo come quelli più capaci di prevalere, ed alla loro pericolosità nel caso in cui essi si fossero uniti. Chissà se il barone De Secondat quando parlava di suddivisione dei poteri pensava alla ”inamovibiltà” del potere giudiziario, attraverso la quale esimersi dal rispondere per i propri errori. Oppure chissà se avrebbe visto bene i privilegi concessi, o gli stipendi da casta, che pure il governo di nonno Monti ha cercato di ritoccare. Con il solo risultato che gli alti togati, utilizzando la costituzione a loro uso e consumo, hanno  ripristinato in men che non si dica lo status quo.

Un modello che personalmente ho sempre apprezzato è quello Svizzero. Il Direttorio (il nostro governo), è formato da ministri che rappresentano proporzionalmente il parlamento democraticamente eletto: maggioranza e opposizione. Quasi l'equivalente delle nostre eccezionali larghe intese, con la differenza che anche il grillo parlante non si sarebbe potuto esimere dal prendersi qualche responsabilità. Anche il potere giudiziario è elettivo, pur detenendo un potere estremamente forte in virtù della maggiore astrattezza di quel ordinamento. In media ogni 5 anni, i vari distretti cantonali eleggono il loro giudice come fosse un sindaco o uno sceriffo con tanto di campagna elettorale. Se il suo impegno è palesemente squilibrato, democraticamente il “despota” rimarrà a casa alla successiva tornata elettorale.

Ovvio che in Italia manco a parlarne. Quello spilungone di Brunetta provò a piazzare tornelli all'ingresso dei tribunali con tanto di “timbratore” da operaio. “Giammai!!” Esclamarono. “Come osi?  Piccolo essere immondo. Tu non sai chi siamo noi”. Fine della storia, col ministro che abbaiava dalla cuccia.

E dire che la storia dell'Inghilterra ci insegna che nel momento in cui la Common-law non riusci più a soddisfare quelle esigenze di giustizia, perché troppo imbalsamata, nacque una doppia giurisdizione conosciuta con il nome di Equity. La quale sopravvisse per diversi secoli sino ai “Judicature Acts” del 1874, lasciando in eredità famosi istituti giuridici che ancora oggi sono richiamati dalla giurisprudenza di mezzo mondo. Per carità, meglio non parlarne in Italia. Corriamo il rischio, nell'emulare quel periodo, di ritrovarci con una doppia carica di individui scarrozzati da auto blu e carceri che implodono a causa della carcerazione preventiva, già ora fin troppo esuberan