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"Ha pigliato una scaricata proprio massiccia, capito?....Dalle immagini non sono messo bene perché se ne vedono assai palate (colpi, ndr).... Tante...tante e brutte... Ehh... però vabbè... alla fine io lo so com'è che non gli devo lasciare un cazzo....infatti non ha un segno addosso".Sono le parole che pronuncia, senza sapere di essere intercettato, Giovanni Blandino uno degli agenti della polizia penitenziaria arrestato nell'inchiesta su maltrattamenti e torture al carcere minorile Beccaria di Milano.
Nel dialogo con una collega risalente allo scorso 9 marzo si parla di un presunto pestaggio avvenuto la sera prima, ma l'agente avrebbe tre certificati per dimostrare che non è stato lui a provocare contusioni già esistenti. Una difesa che prosegue, il 12 marzo, in una conversazione con un altro collega. "Io dalle telecamere sto in difetto, però manco è stata una cosa così distruttiva; c'ho tre certificati che il ragazzo non è morto... cioè..." dice l'arrestato. "Appena mi ha tirato il sangue addosso, basta! Non sono due schiaffi... è una raffica... eh... hai capito?" dice l'indagato all'amico che ribatte: "gli schiaffi si devono dare nel momento giusto... eh! la raffica degli schiaffi tuoi... è quella... perché l'eccesso ti ha portato il difetto".
Schiaffi, e non solo, come emerge nella richiesta di misura cautelare con cui la procura di Milano ha chiesto il carcere per più agenti che "hanno manifestato così chiaramente spregio della Amministrazione stessa a cui appartengono, della funzione rieducativa agli stessi attribuita e dell’osservanza della legge".