Ma chi l’ha detto che le presentazioni dei libri sono una noia pazzesca? Quando all’appello si presentano diverse generazioni di scrittori con la stessa passione in comune il risultato non può che essere efficace. In questo modo si può dire brillantemente concluso l’incontro letterario che si è tenuto ieri sera al Baluba Cafè di Milano.  

Un Marco Conti emozionato e determinato è stato accompagnato durante il suo viaggio “Sul Confine” da  Andrea G. Pinketts e Andrea Carlo Cappi,  sottoponendosi con una sottile sfrontatezza ai commenti e alle svirgolate dei due scrittori.

In un ambiente da birreria letteraria con luci soffuse e aroma di sigaro d’autore, informale ma raffinato, Pinketts impassibile scruta con occhio attento lo scrittore di Quartu Sant’Elena, ascolta e interviene con tempismo certosino vivisezionando ogni passaggio del libro, senza lasciare nulla al caso. Marco Conti per contro non si fa trovare impreparato, incassa i colpi, e risponde senza timore alle provocazioni ricevute rubando spesso la scena al suo maestro attraverso giochi letterari di competizione e stima reciproca.

“Parlando di “Sul Confine” – sostiene Andrea G. Pinketts – sono sul confine, l’ho letto tre volte e uno che mi cita in un titolo di un suo racconto deve avere ottimo gusto ho pensato, deve essere uno scrittore che parla di scrittori. C’è un qualcosa di cantautorale, percepisco De Gregori sotto pelle nei racconti e si avverte preponderante un massimalismo di fondo non da giudizio né da pregiudizio, ma è un qualcosa che coccola i personaggi attraverso una prosa che vuole solo raccontare. Alla fine è un libro di incontri non incontri perché finiscono con puntini di sospensione, c’è un confine, un’impressione, un momento ma ognuno va sulla sua strada, segue la propria vita, lo scrittore è solo un testimone che riesce a defilarsi tra storie diverse tra loro, scrive di un mondo affollato e si trattiene ad osservare il mondo.”

Pareri molto positivi anche da parte di Andrea Carlo Cappi che paragona il libro ad un concept album all’interno del quale viene creato un universo, rivede in esso l’alter ego dello scrittore come fosse un allievo di se stesso alla Clint Eastwood, come un John Wayne con tanti sentimenti che riesce a nascondere bene fermandosi sulla soglia del rispetto. Cappi ritrova in “Sul Confine” anche il mondo di Pinketts con, a suo dire, una epicità minimalista straordinaria dandogli una chiave di lettura noir attraverso una tensione che  in questo caso non è dovuta alla scena di un crimine, ma sfocia nella vita reale.

A Milano come in Sardegna dunque il libro è riuscito a catturare l’attenzione dei lettori meneghini che si sono mostrati pronti davanti alle 10 storie di solitudine, disperazione e sesso raccontate, in un crescendo di scambi aperti e costruttivi.  Un successo già segnato nel breve percorso di Marco Conti e probabilmente il principio di un nuovo ciclo di scrittura.