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Il tocco soffice della sua voce non aggredisce mai: sussurra fiati che inseguono un vibrato leggero, riconoscibile, dorato.
Gli occhi di una donna scrutano sempre l’avvenire, guardano oltre il confine del tempo e del cuore, misurano il cielo, lo dipingono, lo sanno donare.
Maria Luisa Congiu è il caldo risveglio del nostro canto: il suo stile ha aperto varchi inediti nel grande mare della musica in Sardegna.
Intreccia parole e lega fili sottili di note, mentre ricama suoni e trame di antico.
In Sardegna il mercato discografico non è sempre in fiore, ma ogni volta che i suoi canti germogliano dentro il tondo di un cd, le classifiche di vendita segnalano scalate verso l’alto.
L’anima dolce che abita in lei attinge da “un evento, un suono, un nome, una presenza o, a volte, un’assenza”, tanta parte del suo “creato”.
Il padre è uno dei tanti figli di questa terra, emigrato con una valigia fragile di cartone e carica di avvenire. Erano gli anni in cui il partire sembrava essere un non dover tornare mai, gli anni in cui partire significava annegare nelle voragini della nostalgia.
Sua madre, romana, le ha trasmesso la tenacia del carattere e l’inflessione di un accento che sbiadisce col tempo.
Nei lunghi transiti tra il continente e l’isola delle vacanze c’era tanto mare, il rifugio dei ricordi depositati dell’infanzia, gli ascolti di canti remoti, i suoni della festa, i richiami del cuore.
“Da piccola sognavo di diventare una disegnatrice di cartoni animati, dei quali inventavo anche le storie. Mi sarebbe piaciuto fare anche l’archeologa capace di ridare luce ai grandi misteri che nella mia fantasia avvolgevano l’Egitto”.
Una sognatrice non ancora “imbrigliata” tra le righe del pentagramma, ma già proiettata in un regno possibile di colori e magia.
La famiglia Congiu fa rientro in Sardegna quando Maria Luisa compie la maggiore età e con una nuova consapevolezza esplode il desiderio della conoscenza: si appropria di una lingua che offre spazi al suono e alla creatività, si misura nel canto che attraverso questa lingua imprime timbri e significanti inediti, intreccia fraseggi, ritmi e cadenze che dal ballo al testo poetico aprono sentieri inesplorati.
“In coincidenza dei miei 19 anni si è delineato il mio percorso di vita: ho sposato Pasqualino Puligheddu, musicista, al quale viene in mente l’idea di fondare il Duo di Oliena. Mi consiglia di impostare una gara di canti tradizionali tipici a chitarra, coinvolgendo un’altra voce femminile. Ricordo che ascoltammo tre interpreti e di queste l’unica che si rese disponibile fu Giuseppina Deiana”.
Nel 1999 esce il primo lavoro discografico, “Sas sette meravizzas”, con il quale Maria Luisa debutta anche in qualità di autrice di testi. Nel 2000, con “Bandelas”, la cantante di Oliena completa il suo percorso, scrivendo anche le musiche dei brani che esegue. Il 2002 è l’anno della consacrazione con “Abbajara” (nel quale figurano anche brani scritti da Paolo Pillonca). “Nel disco avevo chiesto la collaborazione per il brano “Uliana” al Tenore “Corrasi” del mio paese: in quel momento ho capito che la tradizione e l’innovazione possono viaggiare vicine. L’alba di questo progetto musicale ha