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Condannati in via definitiva a 3 anni per tentato stupro (assolti per prescrizione per morte come conseguenza di altro reato) perché Martina Rossi precipitò dal sesto piano di un hotel di Palma di Maiorca per sfuggire allo stupro il 3 agosto 2011. E oggi, tredici anni dopo, i trentenni aretini Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, che alloggiavano nello stesso albergo della ragazza, hanno chiesto, attraverso i loro avvocati, che il giudice civile del Tribunale di Arezzo – davanti al quale si svolge la causa per il risarcimento del danno – riconosca un grado di responsabilità della giovane studentessa ventenne di Genova nella caduta mortale.
Fu anche colpa sua, in sostanza, se scavalcò la ringhiera nella fuga e cadde nel vuoto. Una posizione processuale che papà Bruno Rossi ha definito "aberrante". "Si comportano come se non fosse successo niente e continuano a mentire - ha detto Bruno Rossi alla 'Nazione' - Ci sono responsabilità oggettive che provano a introdurre, come se non ci fossero stati undici anni di sentenze e mia figlia non fosse stata ammazzata da questi due".
Nel procedimento civile aperto al Tribunale di Arezzo, la famiglia della ragazza ha chiesto ai due condannati il risarcimento danni di un milione di euro . Ma gli avvocati di Albertoni e Vanneschi hanno avanzato l'istanza di una nuova perizia sulla caduta: secondo i legali ci fu un grado di responsabilità di Martina nello scavalcare la ringhiera del balcone per sfuggire alla violenza sessuale e poi precipitare. Il giudice si è riservato la decisione.
Una seconda perizia, scrive "La Nazione", è stata chiesta per stabilire la corresponsabilità nella caduta a causa della balaustra, ritenuta troppo bassa. Anche in questo caso il giudice deve sciogliere la riserva. Albertoni e Vanneschi sono in carcere dove scontano la pena in regime di semilibertà.