"Dal quarto stadio non si torna indietro". E' drammaticamente chiara Michela Murgia nell'intervista rilasciata ad Aldo Cazzullo del Corriere della Sera, dove racconta di essere malata di cancro e di avere davanti pochi mesi di vita. 

Il giornalista ha esordito chiedendole come mai il suo nuovo libro "Tre ciotole" si aprisse con la diagnosi di un male incurabile. "E' il racconto di quello che mi sta succedendo. Diagnosi compresa", ha rivelato la scrittrice sarda.

"Carcinoma renale al quarto stadio", scrive la Murgia nel suo libro: non ci sono speranze. "Mi sto curando con un’immunoterapia a base di biofarmaci. Non attacca la malattia; stimola la risposta del sistema immunitario. L’obiettivo non è sradicare il male, è tardi, ma guadagnare tempo. Mesi, forse molti", racconta.

E sull'ipotesi di un'operazione chiude le porte: "Non avrebbe senso. Le metastasi sono già ai polmoni, alle ossa, al cervello. "Il cancro - spiega a un Cazzullo che si dice stupito per la tranquillità con cui racconta ciò che il destino le ha riservato - non è una cosa che ho; è una cosa che sono. Me l’ha spiegato bene il medico che mi segue, un genio. Gli organismi monocellulari non hanno neoplasie; ma non scrivono romanzi, non imparano le lingue, non studiano il coreano". 

"Il cancro - prosegue - è un complice della mia complessità, non un nemico da distruggere. Non posso e non voglio fare guerra al mio corpo, a me stessa. Il tumore è uno dei prezzi che puoi pagare per essere speciale. Non lo chiamerei mai il maledetto, o l’alieno".

"Meglio accettare che quello che mi sta succedendo faccia parte di me - aggiunge -. La guerra presuppone sconfitti e vincitori; io conosco già la fine della storia, ma non mi sento una perdente. La guerra vera è quella in Ucraina".

"Ho cinquant’anni, ma ho vissuto dieci vite - commenta ancora -. Ho fatto cose che la stragrande maggioranza delle persone non fa in una vita intera. Cose che non sapevo neppure di desiderare. Ho ricordi preziosi".

La Murgia aveva già avuto un cancro: "A un polmone. Tossivo. Feci un controllo. Era a uno stadio precocissimo, lo riconoscemmo subito - racconta al Corriere -. Una botta di culo. Però ero in campagna elettorale». Era nel periodo della sua candidatura alla presidenza della Sardegna: "Quella volta non potei dire che ero malata. Gli avversari mi avrebbero accusata di speculare sul dolore; i sostenitori non avrebbero visto in me la forza che cercavano. Dovetti nascondere il male, farmi operare altrove".

"Non respiravo più - rivela ricordando il primo cancro -. Mi hanno tolto cinque litri d’acqua dal polmone. Stavolta il cancro era partito dal rene. Ma a causa del Covid avevo trascurato i controlli".

Nonostante la drammatica diagnosi convolerà a nozze: "Ho comprato casa, con dieci posti letto, dove stare tutti insieme; mi è spiaciuto solo che mi abbiano negato il mutuo in quanto malata. Ho fatto tutto quello che volevo. E ora mi sposo". E motiva: "Lo Stato alla fine vorrà un nome legale che prenda le decisioni, ma non mi sto sposando solo per consentire a una persona di decidere per me. Amo e sono amata, i ruoli sono maschere che si assumono quando servono".

Sul suo rapporto con Dio in questi mesi: "L’ho pregato e lo prego di far accettare alle persone che mi amano quello che accadrà". E sull'Aldilà: "Lo immagino come uno stato sentimentale. Dio è una relazione. Non penso che la vita dopo la morte sia tanto diversa. Vivrò relazioni non molto differenti da quelle che vivo qui, dove la comunione è fortissima. Nell’Aldilà sarà una comunione continua, senza intervalli".

"Non ha paura della morte?", le domanda Cazzullo: "No. Spero solo di morire quando Giorgia Meloni non sarà più presidente del Consiglio, perché il suo è un governo fascista".

"Ricordatemi come vi pare - conclude la Murgia -. Non ho mai pensato di mostrarmi diversa da come sono per compiacere qualcuno. Anche a quelli che mi odiano credo di essere stata utile, per autodefinirsi. Me ne andrò piena di ricordi. Mi ritengo molto fortunata. Ho incontrato un sacco di persone meravigliose. Non è vero che il mondo è brutto; dipende da quale mondo ti fai. Quando avevo vent’anni ci chiedevamo se saremmo morti democristiani. Non importa se non avrò più molto tempo: l’importante per me ora è non morire fascista".

L'intervista completa della scrittrice ad Aldo Cazzullo è disponibile nell'edizione odierna del Corriere della Sera.