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Il caso dei giovani antifascisti che a Milano, il 25 aprile, alla vista dei militari addetti al controllo all’ingresso del Duomo, hanno gridato in coro “a morte i due marò”, può essere circoscritto come un fatto di imbecillità e basta, infarcita di una over dose di incoscienza e di irresponsabilità su quello che si dice o si mette in mostra. Certo è che ci sono atteggiamenti dei nostri giovani che sempre più spesso non si riesce a capire, tra la consapevolezza oppure no di quello che fanno. In entrambi i casi, il risultato è che la nostra società, ormai a tutti i livelli, non sembra più in grado di governare se stessa, mentre subisce gli eventi.
Si conoscono delle situazioni, troppe, in cui sin da bambini non si riesce a distinguere tra il buono e il cattivo. Recuperare non sarà facile: troppi cardini dello spirito unitario del nostro passato (a partire dalle semplici quanto vitali cerimonie rievocative ) sono stati prima sottovalutati, poi soppressi o abbandonati a se stessi perché considerati inutili o superflui. Il tutto a vantaggio di una nuova modernità che illude e che allontana dalla vita reale di tutti i giorni.
Però, sui valori della famiglia, di una comunità e della società tutta, molto spesso siamo rimasti a guardare lo sgretolamento causato da una vita improntata sul consumismo che se resta solo tale annienta e distrugge. Una soluzione? Non finire di rimboccarsi le maniche e voltarsi indietro per recuperare i principi di natura etica e morale troppo presto smarriti, traditi o comunque perduti. Forse, i buoi non sono ancora usciti tutti dalla stalla.