E' morto Mikhail Gorbaciov. L'ex segretario generale del Pcus ed ex presidente dell'Unione Sovietica aveva 91 anni. L'agenzia Tass riporta la nota diffusa dal Central Clinical Hospital, l'ospedale di Mosca dove Gorbaciov era ricoverato: "Mikhail Sergeevich Gorbaciov è morto questa sera dopo una grave e lunga malattia".

A quanto riferisce la Tass citando una fonte vicina al politico, le sue condizioni si erano aggravate negli ultimi mesi e dal 20 giugno Gorbaciov era sotto la costante supervisione dei medici. Secondo la fonte, l'ex presidente era stato ricoverato in ospedale nel 2020, "all'inizio della pandemia di coronavirus", su richiesta dei medici.

Gorbaciov sarà sepolto nel cimitero di Novodevichy a Mosca, in una tomba di famiglia, dove potrà riposare accanto alla moglie, come ha annunciato alla Tass una persona che conosceva i desideri dei parenti dell'ex presidente.

Ultimo segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica dal 1985 al 1991, Gorbaciov fu propugnatore dei processi di riforma legati alla Perestrojka e alla Glasnost (trasparenza e ricostruzione), e protagonista nella catena di eventi che portarono alla dissoluzione dell'Urss e alla riunificazione della Germania. Artefice, con la sua politica, della fine della guerra fredda, fu insignito nel 1989 della Medaglia Otto Hahn per la Pace e, nel 1990, del Nobel per la pace.

E' rimasto per i russi colui che ha distrutto l'Unione sovietica. In Occidente è stato amato, prima di essere dimenticato: sia per il pubblico che per la classe politica dei diversi Paesi ha rappresentato il primo leader sovietico in apparenza decifrabile. Ma non ha saputo trasformare il suo ruolo nella storia in esperienza e narrazione condivisa con i suoi compatrioti, cosa che invece è riuscita benissimo all'attuale inquilino del Cremlino Vladimir Putin che deplorò, senza citare Gorbaciov, il crollo dell'impero sovietico come la maggiore catastrofe geopolitica del secolo scorso.

Sottoscrisse importanti trattati per il controllo degli armamenti, una architettura smantellata in questi anni e non ancora sostituita, neanche nella forma dei negoziati, che gli Stati Uniti insistono nel voler estendere alla Cina che tuttavia si ritrae: l'allora leader sovietico ha negoziato il Trattato Inf contro il dispiegamento di missili strategici a medio raggio, firmato con Ronald Reagan nel 1987 e il primo Start, per la riduzione delle testate nucleari, firmato nel 1991 con George Bush padre.

Ritirò le forze sovietiche dall'Afghanistan e autorizzò il rientro a Mosca di Andrei Sakharov, ponendo fine al suo esilio a Gorki. Autorizzò le prime imprese private in Unione sovietica. Nonostante questi successi e i tanti meriti che soprattutto in Occidente gli furono riconosciuti, Gorbaciov manifestò gravi limiti nell'analisi della situazione interna dell'Urss: il suo progetto, mantenere saldamente al potere il partito comunista ma modificare la struttura dell'economia per fare decollare il Paese, fallì per l'impossibilità di far coesistere l'apparato del partito con la riforma economica, e per l'ostinata opposizione della nomenklatura.

Quando ormai il suo declino era iniziato e l'assedio al suo potere si stava organizzando, Gorbaciov non si accorse del pericolo che il risveglio delle nazionalità rappresentava per la tenuta dell'Urss. Sottovalutò la portata delle prime manifestazioni favorevoli all'indipendenza da Mosca (i baltici, la Georgia, l'Azerbaigian), e ne fu travolto.

Memorabile il gesto sprezzante con cui Eltsin nel 1991 gli intimò di leggere un testo in Parlamento. Gorbaciov, riluttante, ubbidì con un sorriso forzato che meglio di ogni frase simboleggia la sua fine politica.