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Quante tegole sulla testa dell’Italia! Ci mancava solo la nomina di sette stranieri su venti nel ruolo di direttori di musei, i nostri musei. Le polemiche montano, Vittorio Sgarbi commenta alla sua maniera e grida allo scandalo. “E’ grottesco e umiliante. Franceschini mortifica le sue truppe”, dice il critico d’arte con toni molto severi.
Si fa sentire anche la Lega Nord con l’europarlamentare Gianluca Buonanno: ” Il governo Renzi ci vuole consegnare agli stranieri”. Sicuramente sa che in Paesi stranieri ci sono direttori di musei importanti diretti da italiani, ma questo per molti è irrilevante, dunque, non solo per lui o per quei pochi di cui sentiamo amplificata la voce. Il ministro Franceschini, ovviamente, difende le sue scelte. “Si volta pagina”, dichiara, “Sono scelte di altissimo valore scientifico che colmano anni di ritardi”.
E’ chiaro, l’Italia non fallirà a seguito delle nomine così discusse, però anche tutto questo scalpore e polemiche in eccesso e strumentali che si stanno scatenando sul fatto, è un po’ un’unità di misura che consente di dire quanto si sia vicini all’effimero, piuttosto che alla sostanza. Non è che anch’essa ci manchi, a dire il vero. Anzi, abbonda, eccome, nel campo mai colpevolmente bonificato, ad esempio, della corruzione e dell’evasione fiscale. A parte ciò che vediamo a occhio nudo tutti i giorni, le fredde e inconfutabili statistiche ci dicono che sui due temi, in campo internazionale, siamo dei competitor.
Noi italiani siamo fatti così, vogliamo l’Europa solo per ciò che può farci comodo. Là dove, invece, ci sono delle regole da rispettare o interessi da conciliare, ecco che siamo pronti a tutte le guerre, fossero anche quelle più inutili e sterili. Le quali, quand’anche riconosciute come tali dagli irriducibili che le hanno sostenute, sono, comunque, definite ostinatamente dagli stessi come qualcosa che comunque è servito, senza specificarne il fine.
Ci meravigliamo, andando oltre le giuste polemiche e il rispetto per le opinioni altrui , del direttore straniero di un nostro museo? Sarà il caso di ricordare che la meraviglia, la contestazione o lo scarso gradimento, sono simili a quelli che ricorrevano quando, dopo l’Unità d’Italia, funzionari pubblici, insegnanti, militari, ecc., venivano destinati in sedi diverse dalle loro regioni di provenienza. Anch’essi, allora, ma in certi casi accade anche ora, erano visti come stranieri, in Patria.
Da questo punto di vista, forse prematuramente, oggi, in molti casi, si è anche esagerato, ma in senso contrario: svolgere la propria attività dove si è nati e cresciuti non è sempre, soprattutto in certi settori, un fatto positivo. Senza dimenticare che la crescita dell’individuo, del cittadino e, dunque, di un Paese che si identifichi in una coscienza nazionale comune, avviene con quel confrontarsi e vivere insieme attraverso quella fusione demografica che non può essere messa da parte o ignorata dai attuali contesti relazionali, di variegata impronta e certo anch’essi divenuti indispensabili, resi possibili dai nuovi mezzi di comunicazione.