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Quali saranno state le garanzie richieste dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ai partiti che lo hanno eletto? Più che le promesse, scontate, di fare da bravi da parte di Pd, Pdl, Lega e Scelta civica, sarebbe interessante sapere qualcosa circa le reali condizioni pretese o imposte dal neo rieletto presidente ai leader politici che lo hanno sostenuto e che d’un tratto si sono ricompattati all’insegna, considerate le cattive abitudini, più di reciproci interessi di apparato che non di quelli del bene comune.
E’ impensabile, infatti, che non si sia parlato, durante i decisivi incontri al Quirinale, della parte politica e operativa, ad iniziare dagli incarichi, riguardante la formazione del nuovo governo. Nonostante si possano dare per scontati i diktat del presidente, i cittadini vittime del fallimento senz’ appello di una classe politica incapace da sei mesi di dare un esecutivo al Paese, si sentono con il fiato sospeso almeno fino a quando non arriveranno i primi segnali concreti rivolti verso la governabilità del Paese. Per ora resta, dunque, solo la fiducia nel presidente Napolitano, a cui non manca nulla per la miglior gestione possibile della crisi.
Chiusa la “pratica” dell’elezione del Presidente della Repubblica, su tutte le pagine dei giornali campeggiano i titoli sui trionfi o pianti di chi ha avuto dalla battaglia per il Quirinale vittorie o sconfitte. Una batosta è senza maschera, quella del Pd. Prima ci prova con Grillo per formare il nuovo governo e per eleggere il capo dello Stato, poi, ignorato dal leader 5 Stelle, ci prova con il Pdl con cui condivide la candidatura di Marini.
Fallita anche questa, irrigidisce i muscoli e parte da solo per eleggere Prodi sperando ancora nei grillini che si divertono come il gatto con il topo. Il finale è noto: impallinato anche dai suoi, a Bersani non resta altro che il ritiro con pianto. Chi esulta invece è il Pdl, ringalluzzito dal ritorno, con la coda tra le gambe, del Pd che si abbandona sulle braccia di Berlusconi. Il quale ritrova la verve dei tempi migliori e riprende a raccontare nel transatlantico le gustose barzellette che divertono gli astanti. Non si può dire che non abbia ragione: ha vinto lui e la partita è finita. Adagio, però, perché Berlusconi ha battuto Bersani e un Pd lacerato, in una sorta di braccio di ferro che oggi fa ridere di gusto il cavaliere.
La partita vera da vincere, però, è quella con i problemi drammatici del Paese, perché i cittadini aspettano un governo in grado di farli uscire dal baratro in cui sono precipitati per colpa della classe politica della 2^ Repubblica, mostratasi nel tempo imprevidente, sterile e lontana dagli interessi della gente. Ebbene, di questa classe politica fa parte anche il Pdl. Riuscirà, assieme agli altri partiti, a non riconoscersi più in essa? E’ quanto chiedono gli italiani. Vincere questa partita forse è più difficile che avere la meglio su Bersani.