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Come volevasi dimostrare: fino all’ultimo, davanti al presidente della Repubblica, gli schieramenti politici non ne hanno voluto sentire di rinunciare neanche a una fetta della loro “sovranità”, cioè di quel potere, spesso impropriamente usato a scopo ricattatorio, derivante dal numero di voti ricevuti in sede dell’ultima consultazione elettorale.
C’è da giurarci sul fatto che il capo dello Stato abbia per l’ennesima volta richiamato le delegazioni dei partiti a una responsabilità superiore rispetto a quella di parte ed egoistica, forse non del tutto condivisa neppure da quell’elettorato che ha dirottato i suffragi verso l’uno o l’altro schieramento. E ciò nella misura in cui a tutti i cittadini interessa un unico tema: un nuovo governo che subito metta mano a quei provvedimenti di importanza vitale di un’Italia sull’orlo dell’abisso. Preso atto, dunque, del terreno arido e improduttivo dei partiti, oggi, con il comunicato delle 13.15 circa, il presidente della Repubblica ha smentito tutte le previsioni riguardo a quel ventaglio di scelte o di ipotesi sulle quali era dato per scontato che sarebbero cadute le decisioni di Napolitano.
E così, niente governissimo, governicchio, governo istituzionale altre formule vagheggiate, ma neppure dimissioni del capo dello Stato, che pure avevano fatto capolino nelle ultime ore. E’ prevalsa una linea inattesa e cioè la conferma del governo Monti, dimissionario ma non sfiduciato dal Parlamento, e nomina urgente di due gruppi di saggi, ovvero di personalità idonee e al di sopra delle parti che abbiano il compito di fare proposte condivisibili da parte delle forze politiche in funzione di un nuovo governo. L’impressione di molti è che l’operato dei due nominandi “gruppi di lavoro” potrebbe essere fatto proprio anche dal prossimo presidente della Repubblica. Resta che fino a quando non sarà formato un nuovo esecutivo, il presidente del Consiglio Mario Monti e i suoi ministri in carica continueranno nel loro mandato, per assolvere alle urgenze che il governo di un Paese non può disattendere, ma che come è ovvio non potrà mai fare quanto il Paese si aspetta.
Innegabile, dunque, ma soprattutto intollerabile è il protrarsi di una situazione di stallo che ora continuerà fino all’acquisizione di nuovi elementi di valutazione, quelli che apporteranno i due gruppi di saggi, per rifare il punto del quadro politico da definire. Preso atto e rispettate le decisioni del presidente della Repubblica, il più alto superstite “in servizio” di una unità Nazionale e di un sentire comune non radicati profondamente in tutti coloro che si occupano della res pubblica, l’auspicio è che l’intera classe politica oggi in Parlamento si adoperi e si riappropri dei valori su cui si fonda la nostra Costituzione e abbia davanti a sé il dramma di un Paese che non può più aspettare.