Prafrasando Guy de Maupassant – scrittore, drammaturgo e poeta francese - il bacio è immortale e con l’amicizia, aggiungiamo noi, viaggiano insieme lungo tutto il percorso della propria esistenza. Ma cosa c’entra, si dirà, questa bella, splendida concezione della vita, oggi, in coincidenza con l’eternamente triste anniversario della prima bomba atomica fatta cadere il 6 agosto del 1945 sulla città giapponese di Hiroshima?

Già, cosa c’entra. È che da questo accostamento, cui segue un’ennesima e profonda riflessione, a chi non esce  quel groppo in gola che ammutolisce, stordisce e risuona e percuote la mente con un dolore inconciliabile rispetto a qualsiasi forma di vita umana.

Il 6 agosto del ’45, alle 8 e 16 minuti il mondo si oscura in meno di 45 secondi. È il crollo dell’Umanità, è l’Uomo lo sconfitto, le parti in campo si muovono in uno scenario surreale senza il rispetto del genere umano in virtù del quale le stesse sono in vita.

Le dinamiche della guerra e le responsabilità degli Stati belligeranti, l’operato di militari e politici svaniscono rispetto a quel che resta, ovvero il lutto di un mondo che deve reagire, che non deve pagare prezzi così alti per dare troppe volte ascolto al delirio di chi considera i suoi simili solo dei numeri su cui giocare nella corsa verso l’annientamento degli uni contro gli altri.

A Hiroshima (circa 250.000 abitanti) trovano la morte circa 100.000 mila anime. Infinito sarà il numero dei mutilati, mentre altre migliaia e migliaia di  persone dovranno fare i conti con gli effetti brutali e letali delle radiazioni nucleari. Un’altra azione con un’arma, parimenti, di distruzione di massa, sarà ripetuta tre giorno dopo, il 9 agosto, ai danni della città di Nagasaki (circa 50.000 morti).

A distanza di 75 anni, le domande sul perché di tanta crudeltà nei confronti dei propri simili, ahinoi, ci saranno sempre, purtroppo. E non cesseranno di essere incalzanti fino a quando con i fatti non ci saranno risposte che segnino, in modo definitivo, una svolta nella mente prima e poi nella storia dell’Uomo.  Fino a quando non subentri quella reale consapevolezza che lo stesso Uomo convogli tutta la sua sapienza verso fini che non siano l’annientamento di se stesso.