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All'1.24 del 26 aprile 1986 un guasto al reattore numero 4 della centrale atomica di Chernobyl, nei pressi di Kiev in Ucraina, provoca il più grande incidente della storia dell'energia nucleare. La nube radioattiva che si sviluppa investe tutta l'Europa provocando una serie di gravi malformazioni genetiche nella popolazione. Decine le vittime nelle ore immediatamente successive all'esplosione a causa della sindrome da radiazione acuta, migliaia in seguito, a causa delle patologie conseguenti all'esposizione a radiazioni. Un numero che è ancora oggi oggetto di discussione.
Lo scorso anno è stata inaugurata, di fronte all'edificio in cui si trovavano gli uffici amministrativi della centrale, una statua dedicata ad Oleksandr Lelechenko, vice responsabile dei sistemi elettrici dell'impianto dal 1979 che nella notte fra il 25 e il 26 aprile di 36 anni fa, subito dopo l'esplosione, intervenne per pompare fuori manualmente dalla turbina bloccata liquido contaminato, lavorando con l'acqua radioattiva alle ginocchia. Con la sua azione, ha impedito che l'incendio di estendesse ad altre unità. Dopo un primo ricovero a Pripyat, Leleshenko è tornato alla centrale. Ha ricevuto in un giorno radiazioni pari a 2.500 radiografie. E' morto subito dopo, a soli 47 anni.
Il governo ucraino, in occasione delle celebrazioni del 2021, ha avviato le pratiche per la richiesta all'Unesco del riconoscimento del sito, da anni oramai diventato meta di turismo, come patrimonio dell'umanità.