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Un mix di denuncia sociale e satira horror magistralmente diretti dal regista Hwang Dong-hyuk. Un gruppo di persone con gravi problemi economici accetta di partecipare ad uno strano torneo in cambio di un montepremi mozzafiato, i giocatori si rendono conto, quasi subito, che chi perde la sfida (ispirata a vecchi giochi di infanzia) paga con la morte.
Una serie sudcoreana che ci immerge, senza pietà, nello spietato meccanismo della sopravvivenza, offrendoci una sottile satira sulla società capitalista moderna in cui il dislivello tra ricchi e poveri è enorme, assomiglia a molte altre del genere, tuttavia rimane comunque unica. Squid Game usa situazioni devastanti e angoscianti con intelligenza, riesce a trasportarci in un’atmosfera cupa e inquietante alla Stephen King, per portarci poi alla spensieratezza di Giochi senza frontiere e catapultarci, infine, in un vero e proprio film horror. Interessante la dissonanza cognitiva dei contrasti.: ambienti colorati che sembrano quasi un cartone animato per bambini, intervallati da scene raccapriccianti di morti sanguinose.
Una serie vietata ai minori di 14 anni , ma vista anche dai più piccoli. La preoccupazione di genitori, insegnanti e psicologi è inevitabile. I bambini non sono ancora in grado di distinguere la realtà dalla finzione e il rischio di emulazione è molto alto (ci sono stati casi di atteggiamenti violenti in numerose scuole d’Italia e non solo) i ragazzi adolescenti percepiscono, invece, il concetto di rischio e coraggio in modo distorto.
Si è già aperta una serie infinita di polemiche sull’ importanza del ruolo genitoriale nell’educazione dei figli, il fatto è che con Squid Game non basta il parental control, serve ben altro. Nel frattempo è stata confermata la seconda stagione, “non avevamo altra scelta”, queste le parole del regista Hwang Dong-hyuk.