La guerra in Ucraina riapre ferite del nostro passato che il trascorrere del tempo non è ancora riuscito a cicatrizzare ed è talmente spietata che 10 milioni di persone hanno già abbandonato le loro case. Una guerra che segna un momento importante nella storia dell’umanità e apre uno scenario che mai ci saremmo aspettati: violenze e  disumanità travolgono chiunque da una parte e dall’altra. A pagare lo scotto più alto sono, neanche a dirlo, i civili incolpevoli ed indifesi coinvolti in qualcosa di incomprensibile, seppur legato come sempre in questi casi, al potere del Dio denaro, alla territorialità e alla malvagità umana.

Dal 24 febbraio 2022 quando la Russia ha iniziato ad invadere l’Ucraina si sono susseguite, ad un ritmo incessante, spaventose immagini di guerra veicolate da giornali e Tv che arrivano a noi (non così lontani dal conflitto) in ogni momento della giornata e hanno l’effetto di un pugno sullo stomaco. E quando le immagini e le notizie riguardano i bimbi in pericolo allora quel pugno arriva ancora più forte e, in un solo istante, frantuma la speranza per il genere umano.

Soldati che partono per combattere e salutano le proprie famiglie con il pensiero che forse non le rivedranno mai più, civili che attendono di essere aiutati al di là di un ponte distrutto dai bombardamenti. E ancora, sirene di allarme che suonano per avvisare i cittadini che da un momento all’altro potrebbero arrivare le bombe, stazioni dei treni affollate da donne, bambini e anziani con gli occhi pieni di lacrime persi, tra incredulità e disperazione, in qualcosa di inaccettabile per qualunque società civile.

Bimbi di cui si perdono le tracce, come il piccolo Sasha disperso in Ucraina mentre fuggiva con la nonna dalla casa di Vyshhorod a nord di Kiev. Entrambi hanno lottato per scampare a quella morte voluta da irragionevoli maestri della malvagità che, nulla hanno a che fare, con l’innocenza di un bimbo che stringe la mano di sua nonna affidando a lei la sua breve vita.  Sasha e sua nonna non ce l’hanno fatta.  E come loro tanti altri che non hanno avuto nemmeno la possibilità di sperare di poter sopravvivere alla guerra perché sono morti sotto le bombe in un solo attimo di terrore, vittime di un massacro senza pari. L’eccidio di Bucha in Ucraina, con i cadaveri dei civili sparpagliati per le strade le cui immagini hanno sconcertato il mondo intero è solo uno degli ultimi massacri di una guerra tanto assurda, quanto inutile e sono lì…impresse nella nostra mente, indelebili.

Non dimenticheremo mai neanche le immagini dei soldati ucraini che salvano i gatti e i cani nelle città bombardate. I profughi con il loro migliore amico a quattro zampe stretto forte tra le braccia, in cammino verso la sperata salvezza attraverso i corridoi umanitari.

E c’è anche la piccola Amelia che, con il suo maglione nero con le stelle bianche, si alza in piedi all’interno di un rifugio antiaereo a Kiev e canta la canzone di Elsa dal film Frozen. Una musica cara ai bambini di tutto il mondo alla quale Amelia è riuscita a dare un’impronta dolce e tragica al tempo stesso e diventata simbolo di una speranza che solo i bambini riescono ad infonderci.

Secondo l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani  sono stati uccisi centinaia di civili dall’inizio della guerra e tra loro anche bambini e ragazzi, la Russia smentisce. E si va avanti così tra colpe, smentite e il solito scarica barile di responsabilità che sottolinea, ancora una volta, la cattiveria e la spietatezza che la guerra scatena negli uomini.