Dopo anni di battaglie e campagne di informazione da parte di ong e associazioni umanitarie, il Sudan ferma le mutilazioni genitali femminili. L'orribile pratica che vede come vittime le bimbe ora è reato. Ma in altri Paesi africani resta ancora molto diffusa. Ad annunciare lo storico passo avanti è stato il governo di transizione entrato in carica lo scorso anno. La nuova norma sarà introdotta nel Codice penale con una apposita legge che seguirà i dettami della dichiarazione costituzionale sui diritti e le libertà approvata l'anno scorso. Secondo le nuovi legge, da ora in poi chi esegue una mutilazioni genitale femminili rischia una pena detentiva di tre anni di carcere oltre a una multa.

Nonostante il divieto però le associazioni sono consapevoli che le pratiche sarà difficile annullare 

usanze ampiamente diffuse per motivi religiosi e sessuali  ma sicuramente la scelta del nuovo esecutivo sudanese è un grandissimo passo avanti. Nel Paese africano quasi nove donne su dieci sono state sottoposte all’infibulazione, con conseguenti problemi di salute e sessuali che in alcuni casi possono essere fatali. 

 

"La legge aiuterà a proteggere le ragazze da questa pratica barbara e consentirà loro di vivere con dignità", ha affermato Salma Ismail, portavoce locale  dell'Unicef, ma soprattutto "aiuterà a far dire no alle madri che non volevano sottoporre le loro ragazze alla pratica e che finora sentivano di non avere scelta". Ora però bisogna proseguire la battaglia informativa per convincere una popolazione dove spesso la pratica è considerata un rito di passaggio obbligato verso l’essere donna e un pilastro del matrimonio. I molti altri Paesi dove è stata abolita, una grossa fetta delle donne purtroppo continua a essere sottoposta alla pratica. L'obiettivo dello stesso governo sudanese è di riuscire ad eliminare la pratica da gran parte del Sudan entro il 2030.