Due giovanissimi genitori hanno appena perso il loro bambino sotto le bombe di Vladimir Putin. 

Un uomo corre dentro un ospedale con un piccolo fagotto insanguinato tra le braccia, dietro di lui una giovane donna con il volto devastato e la maglietta grigia macchiata di sangue all'altezza del petto quasi lo insegue. Un soccorritore in tuta arancione si scansa per non rallentarne la corsa, un altro li guarda impotente. Si intravede nel corridoio la sagoma di un militare, arma ed elmetto. Sono Fedor e Marina Yatsko che tentano disperatamente di salvare il loro Kirill, avvolto in una copertina celeste. Ma in un ospedale senza più corrente elettrica, dove le visite si fanno alla luce dei cellulari, i medici restano impotenti e per Kirill non c'è più niente da fare. Il fagotto resta lì, inerme, su una lettiga. I due genitori, due ragazzi, sono disperati, urlano il loro dolore, affondano l'una nelle braccia dell'altro. Il personale dell'ospedale li circonda senza parole, ma non ha nemmeno il tempo di riprendersi: arriverà presto la prossima emergenza.

“In un bombardamento a Mariupol, in Ucraina, Marina e Fedor hanno perso loro figlio Kirill. Aveva soltanto 18 mesi. I medici, che lavorano in condizioni disperate, senza elettricità né riscaldamento, hanno provato a salvarlo ma non c'è stato niente da fare. Così un'altra famiglia è stata distrutta, un altro essere umano strappato alla vita. A distruzione e morte si sono aggiunte altra distruzione e altra morte.

Lo scrive il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, su Facebook postando una foto del bambino e dei genitori in ospedale. “Guardare certe immagini è difficile e fa male, ma girarsi dall'altra parte non è la risposta. In Russia chi contesta la guerra rischia il carcere: è una forma di repressione inaccettabile, e ai cittadini russi che protestano con coraggio va tutta la nostra solidarietà. Questa guerra va fermata subito: stop alle bombe, è la cosa più urgente adesso. Sono giornate drammatiche, al fianco del popolo ucraino”.