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“Il nostro lavoro riguarda la manutenzione di infrastrutture: ristrutturazione di ponti, iniezioni di resina contro le infiltrazioni d’acqua, giunti stradali. Ma siamo alla continua ricerca di 10 operai, introvabili in Veneto. Offriamo compensi di circa duemila euro al mese, ma ci viene spesso risposto: “No, voglio tornare a casa alle 5 del pomeriggio, devo uscire con la morosa”.
L’appello è quello di Elia Stevanato, l’imprenditore 38enne, titolare dell’omonima azienda di famiglia, con sede a Salzano, che opera in tutta Italia nel campo delle infrastrutture. Qualche giorno fa, aveva raccontato la sua storia al Gazzettino, suscitando grande clamore mediatico. La notizia è stata poi riportata da Il Messaggero.
“Sono due anni – dice l’imprenditore – che fatichiamo a trovare nuovi operai in Veneto. Il problema sono le trasferte, i nostri dipendenti devono spostarsi nei vari cantieri in Italia, ovviamente con vitto e alloggio pagati. Ma spesso ci viene risposto dai più giovani che vogliono tornare a casa alle 5 del pomeriggio, che hanno la palestra, la morosa. Non vogliono lasciare le comodità quotidiane per un posto di lavoro ben pagato. Se lo avessero offerto a me a 19 anni, avrei fatto i salti mortali”.
Non trovando giovani operai in Veneto, il titolare dell’azienda di Salzano ha iniziato ad assumere nel sud Italia. “I miei dipendenti - continua Stevanato - stanno diventando principalmente del meridione. C’è chi parla male del sud, ma dovrebbe conoscerlo meglio. Lì c’è tanta gente che ha voglia di lavorare e viene in Veneto. Molti ragazzi locali invece rifiutano di mettersi in gioco”.
Secondo Stevanato i motivi sarebbero due: reddito di cittadinanza e un’educazione familiare “troppo accomodante”. “Il reddito di cittadinanza – commenta l’imprenditore – andrebbe dato alle persone con disabilità o a quelle più mature che hanno lavorato una vita ma non riescono ad andare in pensione. Non può essere elargito a ragazzi di 18 anni che vivono in casa con i genitori. Ma non credo che questo sia l’unico aspetto. Penso c’entrino anche le famiglie, alcune volte troppo “chiocce” nei confronti dei figli”.