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Nel primo Consiglio dei ministri operativo è arrivata la stretta del Governo sui rave party, proprio nel giorno dello sgombero dell’evento di Modena che aveva richiamato migliaia di giovani. Organizzare e partecipare ai rave party diventa un reato specifico, il 434-bis del Codice penale, punibile con pene fino a sei anni di reclusione.
“Si modificano le norme relative all’invasione di terreni o edifici, pubblici o privati, con la previsione della reclusione da 3 a 6 anni e della multa da 1.000 a 10.000 euro, se il fatto è commesso da più di 50 persone allo scopo di organizzare un raduno dal quale possa derivare un pericolo per l’ordine pubblico o la pubblica incolumità o la salute pubblica – si legge sul sito del Governo – Nel caso di condanna o applicazione della pena su richiesta delle parti, si prevede la confisca delle cose utilizzate per commettere il reato”.
“Confidiamo nell'effetto deterrenza della sanzione accessoria della confisca obbligatoria dei mezzi che vengono usati per organizzare questi eventi” ha spiegato ieri in conferenza stampa il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi.
“Ben vengano azioni mirate a maggiore prevenzione e contrasto dell'illegalità, ma allo stesso modo ci aspettiamo dal titolare del Viminale e dal Governo una parola chiara sulla sfilata delle duemila camicie nere di Predappio, dove inni fascisti e braccia tese hanno evidenziato, qualora ve ne fosse bisogno, la labile linea di confine che divide la 'nostalgia dall'"apologia'” ha scritto ieri sui social il leader del M5s, Giuseppe Conte.
"Pugno duro contro droga, insicurezza e illegalità. È finita la pacchia". Così invece il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Matteo Salvini, che ha commentato sui social quanto avvenuto a Modena.
"Sui rave si cambia musica", ha dichiarato invece il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli (Fratelli d'Italia), intervistato ad Agorà: "Non c'è alcun intento persecutorio, ma è inaccettabile che migliaia di persone si ritrovino in un capannone per un'iniziativa senza annunciarla né denunciarla. La legge è uguale per tutti e tutti devono rispettarla, nelle modalità con cui si svolgono i raduni e nelle notifiche alla questura”.