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E' un lungo e duro sfogo quello pubblicato sui social da Giovanni Mureddu, allevatore di Fonni con l'azienda a Ottana, nel cuore del territorio colpito da anni dalla devastante invasione di cavallette.
"Ma voi ve lo ricordate quel febbraio 2019, quando per far sentire il malcontento, la disperazione degli allevatori per il prezzo irrisorio che non copriva i costi di produzione, la crisi inarrestabile del comparto, i pastori stessi hanno cominciato a versare a terra il frutto del loro lavoro, la cosa più cara, il latte? - si domanda Mureddu - Litri e litri di latte buttati in strada in ogni dove, prima nei propri ovili, poi nelle piazze principali dei paesi, fin nella superstrada o in punti di snodo cruciali della viabilità… e per quale motivo? Per far sentire il grido di dolore delle campagne che nessuno sembrava volesse ascoltare. Non i trasformatori, non le istituzioni e, per certi versi, neppure i consumatori. Si era pensato che mai più sarebbe successa una cosa simile, mai più il grido di chi la Terra la conosce e la lavora sarebbe rimasto inascoltato. Nell’onda emotiva del “semos totu pastores” e “pastore non t’arrendas” eravamo tutti figli, fratelli o sorelle, mogli, madri, padri, amici di pastore".
"Ma adesso che un nuovo grido sale alto dalla campagna, sembra che si sia tornati alla situazione di menefreghismo iniziale: “finché non mi crea disagio non è un mio problema” - è l'amara osservazione dell'imprenditore agricolo -. Le cavallette… milioni, miliardi di cavallette che da almeno 4 anni “piagano e piegano” le campagne, rendendo vana la fatica di chi lavora la terra, sembrano non interessare a nessuno. Finché davvero non avranno invaso ogni angolo di Sardegna, non più solo la piana di Ottana e territori limitrofi, finché non diventerà un problema o un’emergenza a cui si deve porre rimedio il prima possibile passeranno in secondo se non in terzo piano".
"Si poteva fare qualcosa? Certo che si. Si poteva e si doveva agire per tempo. Con un piano di disinfestazione preventivo ben programmato. Perché pure in medicina le piaghe vanno curate prima che si abbia la suppurazione. E chi avrebbe dovuto porre rimedio? Certo non il comparto agropastorale da solo. Da quando per sconfiggere un esercito mandi in avanscoperta i neonati? C’è chi dice che la più grande piaga della Sardegna non siano le cavallette, ma i politici e politicanti, bravi ad istituire tavoli tecnici dove dovrebbero sedere per primi i protagonisti e le vittime del problema: allevatori e agricoltori. Invece chi ci ritroviamo a questi tavoli? un turbinio di tecnici, esperti, commissari che vogliono insegnare il ciclo vitale di una cavalletta a chi ormai le cavallette le vede anche nei peggiori incubi. A chi continua a svegliarsi all’alba e anche prima, pur sapendo che gran parte del proprio lavoro è ormai andato perso, a chi non ha più neppure i soldi per ricomprare il foraggio per il bestiame, perché le cavallette (che non sono ritenute degne di invocare lo stato di calamità naturale) hanno divorato tutto".
"Vogliono davvero, questi esperti, sedersi al tavolo tecnico per decretare l’utilità di una disinfestazione a chi deve decidere dopo 4 anni di sfinimento se continuare o no questo lavoro? Vorrei proprio capire da quando, alla prima di un film, anziché chiamare regista e attori protagonisti si chiamano quelli che puliscono il set (con rispetto parlando di chi si occupa delle pulizie, si capisce il senso di ciò che si vuol dire)".
"State pure comodi sulle vostre poltrone, voi politici e tecnici esperti di campagne, che non sapete distinguere un agnellino da un cucciolo di maremmano, che vi prenderete il grosso degli incentivi lasciando a chi davvero suda in campagna solo le briciole, che certamente non basteranno per risollevare le sorti del comparto, ma saranno sufficienti “po bos ingrathare a figiu vonu”, moltiplicate ancora le poltrone e trovate soluzioni tampone che possano tacitarvi la coscienza. Una volta sparite le imprese e aziende che non riusciranno ad uscire da questa emergenza, sarete più grassi e ricchi di prima. Godiebollu ommo su dinare… dal più profondo del cuore… in medihina 'ontraria".