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Si è ampiamente ristretto il cerchio nelle indagini sulla morte di Sebastian Casula, il 39enne di Carbonia scomparso l'11 luglio 2017 e trovato morto oltre un mese più tardi, appeso a un albero in località Monte Leone. Per sette degli otto indagati sono infatti cadute le accuse, e nel mirino degli inquirenti è rimasto soltanto Paolo Secci, 65enne concittadino della vittima.
Secondo la ricostruzione l'uomo avrebbe fornito all'amico la dose di droga fatale, tenendo nascosto successivamente in casa il corpo privo di vita. Settimane dopo avrebbe inscenato il suicidio per impiccagione. Le accuse sono molteplici: spaccio di stupefacenti, morte come conseguenza di altro delitto, occultamento di cadavere e vilipendio del corpo di Sebastian Casula.
Nei giorni scorsi al 65enne è stato consegnato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari. Adesso l'avvocato difensore di Secci, Michela Zanda, ha 20 giorni di tempo per decidere se chiedere al pm di interrogare il suo assistito, oppure presentare documenti e memorie prima che venga fatta la richiesta di fissazione dell'udienza preliminare.
Gli sviluppi delle indagini sono stati accolti con grande amarezza da parte dell'avvocato Gianfranco Piscitelli, presidente di Penelope Sardegna, che sin dal primo momento sta seguendo accanto alla famiglia la vicenda di Sebastian Casula. "Sapevo della chiusura delle indagini - commenta -, che ho seguito personalmente in ogni fase, ma nulla ci è ancora pervenuto come avviso di deposito del fascicolo ex art. 415bis, né tantomeno di eventuali richieste di archiviazione".
"Attendiamo di leggere le carte e in caso di richiesta di archiviazione ci opporremo certamente alla stessa - prosegue Piscitelli -. Seby e la sua bici non sono arrivati da soli sul monte. Una persona sola non avrebbe mai potuto trasportare un cadavere già in fase di decomposizione (in quei giorni la temperatura era torrida) e mai sarebbe riuscita ad inscenare il teatro del suicidio con tanto di corda, cappellino e siringa. Chi è responsabile di tutto ciò - conclude - dovrà pagare".
All'appello dell'avvocato Piscitelli si unisce quello della madre di Sebastian, Francesca Sanna, che consumata dal dolore rifiuta di accettare che un eventuale verdetto possa portare a un solo colpevole. "Non può essere l'unico, nel modo più assoluto - dice a Sardegna Live la donna -. Ha fatto tutto da solo? Come può? Caricare il corpo e la bici e trasportarli sino a quella montagna che mi trovo davanti a casa e che non mi lascia vivere, e poi inscenare il suicidio: non può essere stata un'unica persona".
Non ha dubbi: "I responsabili sono otto. Gente vicina a mio figlio, gente che già sapeva. Voglio giustizia per mio figlio. La montagna dove è morto Sebastian - prosegue Francesca con la voce straziata dallo sconforto - me la ritrovo davanti a casa: non ce la faccio più". Non si dà pace: "Che buffonata viene fuori con un solo indagato? Non lo accetto - si ripete più volte -. Erano tutti assieme, non è possibile che adesso siano stati tutti scagionati. Non ci crede nessuno, sono distrutta e voglio la giustizia vera".
"Li voglio dentro tutti quanti - ribadisce -. Dopo cinque anni di attese infinite, di dolore, di distruzione totale della mia famiglia e della mia salute. Non lo accetterò mai. Non voglio vendetta - conclude la donna - ma soltanto giustizia, penso che mio figlio se la meriti".
Aggiornamento 4 ottobre 2023 ore 11,39. Iniziato ieri il processo