PHOTO
Migliaia di genomi di SARS-CoV-2 analizzati e più di 5000 ore di calcolo computazionale per portare a termine le analisi genetiche usate negli ultimi studi scientifici sulle varianti Arcturus e Eris. Si tratta di studi condotti dai ricercatori dell’Università di Sassari, in collaborazione con l’Università Campus Bio-Medico di Roma e la Sapienza Università di Roma, e pubblicati rispettivamente sulle prestigiose riviste scientifiche International Journal of molecular Science e Journal of Medical Virology.
La scoperta. Secondo quanto è emerso dagli studi in questione, le due varianti XBB.1.16 e EG.5 (soprannominate dalla stampa rispettivamente Arcturus e Eris) non presentano un livello di pericolo superiore rispetto alle altre varianti osservate negli ultimi mesi; al contrario, le analisi suggeriscono che la sua virulenza è minore rispetto ad altre varianti di Omicron.
È possibile consultare i risultati nella loro interezza sei seguenti link:
https://doi.org/10.3390/ijms241713573
https://doi.org/10.1002/jmv.29075
Ne abbiamo parlato con il Dottor Fabio Scarpa, genetista del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Sassari, primo autore degli studi.
Perché proprio queste due varianti? A cosa mirano gli studi?
“Le due varianti in questione sono le varianti dominanti degli ultimi mesi. Verso la fine di giugno, Arcturus ha superato la variante Kraken in termini di prevalenza diventando la variante dominante a livello globale, ma è stata a sua volta superata da Eris nella seconda metà di agosto. L’obiettivo d questo tipo di studi è quello di cercare a livello genomico caratteristiche che possano far capire se si tratta di varianti più o meno pericolose. Di fatto con l’analisi genetica è possibile stabilire se le popolazioni virali in questione siano ancora in espansione o abbiano già raggiunto il picco massimo e si trovino già nella fase di plateau”.
È così? Hanno già raggiunto entrambe il picco?
“Si, dai nostri risultati – ci spiega - è emerso che in entrambi i casi si tratta di varianti con caratteristiche evolutive non preoccupanti e per entrambe è stato già raggiunto il picco massimo, a inizio maggio per Arcturus e nella prima metà di luglio per Eris. Abbiamo visto che allo stato attuale (poi con nuove mutazioni le cose possono cambiare) la loro variabilità genetica è paragonabile alle varianti che si sono alternate nel 2022-2023 che hanno tutte presentato nuove caratteristiche in termini di nuove mutazioni. L’importanza di valutare la variabilità genetica risiede nella sua capacità di conferire a un virus, a una variante o sottovariante la capacità di diffondersi rapidamente da un ospite all'altro. È la variabilità genetica il motore che consente una rapida espansione. In questo caso, così come abbiamo visto in precedenza su altre varianti, la variabilità genetica è contenuta e non mostra la rapidità che caratterizza e varianti pronte a diffondersi bruscamente. Anzi, al momento non solo l’espansione è in fase di stallo, ma in entrambi i casi sia la variabilità, sia dimensione della popolazione virale a livello mondiale stanno diminuendo”.
Il Dottor Scarpa precisa e ribadisce che queste considerazioni sono valide allo stato attuale delle cose e che “essendo un virus che muta di continuo, con l’aggiunta di nuove mutazioni la situazione potrebbe cambiare ed evolvere in meglio o in peggio. Questo è il motivo per cui è fondamentale proseguire con un monitoraggio ininterrotto di tutte le varianti al fine di individuare all’interno del genoma eventuali tracce di un cambiamento significativi, qualora si verificassero”.
Un lavoro importantissimo. “Questo tipo di lavori – evidenzia il Dottor Scarpa - sono estremamente importanti poiché forniscono informazioni fondamentali per valutare il livello di pericolo associato a una variante, a specifici ceppi o virus. Durante la pandemia attraversato momenti difficili quindi c'è una tendenza a essere molto cauti e diffidenti verso le nuove varianti, ma spesso si esagera”-
Un lavoro a più mani. Il gruppo di ricerca è composto tra gli altri dai ricercatori dell’Università di Sassari, il Dottor Fabio Scarpa, la Prof.ssa Daria Sanna e il Prof. Pier Luigi Fiori del Dipartimento di Scienze Biomediche ed il Prof. Marco Casu del Dipartimento di Medicina Veterinaria, con i gruppi di ricerca del Prof. Massimo Ciccozzi dell’Unità di Statistica Medica ed Epidemiologia Molecolare dell’Università Campus Bio-Medico di Roma e del Prof. Stefano Pascarella del Dipartimento di Scienze Biochimiche della Sapienza Università di Roma.
Quanto è importante che questi lavori vengano fatti da un gruppo di ricerca così vasto?
“Tanto - risponde il Dott. Scarpa - questi sono lavori multidisciplinari sviluppati da un gruppo di ricerca con competenze diverse. Noi dell’Università di Sassari in quanto genetisti ci siamo occupati dello studio della variabilità genetica delle due varianti, ma è stato eseguito anche uno studio della struttura, della dinamica molecolare, ed è stato fatto un confronto strutturale e questa parte qua è stata seguita dai nostri coautori dell'Università La Sapienza di Roma e dell’Università Campus Bio-Medico di Roma”, conclude il Dottor Fabio Scarpa.