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“Mi è sempre stato raccontato, dell’enorme felicità della famiglia per il mio arrivo. Ero la prima figlia, la prima nipote, oltretutto femmina. Per i miei cari sono stata la realizzazione di un sogno”. A parlare è Maria Antonina Sebis, una donna di Arbus, 48enne, affetta da Talassemia. È attraverso il suo racconto di vita che l’Avis Regionale Sardegna dà avvio a una raccolta di testimonianze dal titolo “Ecco per chi dono” che ha l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini alla donazione di sangue e plasma.
Maria Antonina è un uragano di entusiasmo pronto a raccontarsi e spiegarci perché per lei sono fondamentali le trasfusioni di sangue. La Talassemia è una malattia rara molto diffusa in Sardegna. Si tratta di una malattia genetica del sangue dovuta alla sintesi ridotta o assente di una delle catene dell'emoglobina, proteina responsabile del trasporto di ossigeno attraverso tutto l'organismo. Per tale motivo le persone affette da questa patologia devono sottoporsi periodicamente a trasfusioni di sangue e a frequenti controlli clinici.
Facciamo però un passo indietro. Ricordate la felicità per la sua nascita? Ora mettete tutto questo da parte, custoditelo, immaginando la profonda gioia che porta una neonata in famiglia: pensate al suo profumo, i suoi sorrisi, l’amore incondizionato e la voglia di proteggerla da qualsiasi male. In tale atmosfera di amore, la nonna di Maria Antonina si rende conto che qualcosa non va. Portano la neonata all’ Ospedale Pediatrico Macciotta di Cagliari: “Sua figlia è una bella bambina, vispa, vivace. Purtroppo, però, non vivrà più di tre anni. Si faccia un altro figlio” sentenziano i medici negli anni ’70.
Ricordate quell’amore? Fu il motore della famiglia di Maria Antonina. Non credettero mai a quella diagnosi e con le unghie e i denti lottarono per garantire un futuro alla piccola. “Mio papà era un pastore, quindi quando mancava il sangue in Sardegna si faceva anticipare i soldi del latte e insieme partivamo per Milano. Questi grandi sacrifici mi hanno consentito di crescere bene e non avere gravi ripercussioni agli organi. Non tutti purtroppo in quegli anni hanno avuto la stessa fortuna e così da adulti ne hanno amaramente pagato il prezzo”. E così, andare per gli ospedali per fare le trasfusioni è divenuta la sua normalità, non le è stato nemmeno mai spiegato che avesse una patologia; lei dice “L’ho sempre saputo e con serenità accettato”.
Proprio per i controlli e le trasfusioni periodiche, la vita di Maria Antonina è differente dall’ordinario: “Organizzo la vita lavorativa, affettiva e personale in funzione delle trasfusioni”. Vita che senza la donazione del sangue non avrebbe. “Quindi programmi ogni 15 giorni una giornata dedicata al tuo ‘salva vita’; cosa potrebbe accadere però? Alle volte il sangue non è disponibile a causa di un’emergenza e quindi tutto quel che avevi programmato salta. Devi chiedere dei nuovi permessi, probabilmente non potrai accompagnare tuo figlio a quell’evento che ti aveva tanto raccomandato, oppure sei costretto a rinunciare a quell’impegno lavorativo che era fondamentale. Insomma, cerchi di essere esattamente come chi non vive con tale patologia ma alle volte è impossibile qui in Sardegna”. E da tutto questo si innesca lo stato di ansia “Inevitabilmente inizi a provare un senso di angoscia, soprattutto l’estate. Ti chiedi ‘Per quel giorno ci saranno abbastanza sacche?’ e così cominci a vivere aspettando la successiva trasfusione”.
Come influenzerebbe il sistema sanitario una maggiore partecipazione alla donazione? “Avere un buon regime trasfusionale significa essere tranquilla e sicura che ogni 12, 15 tutt'al più 16 giorni, è disponibile la trasfusione. Questo non è solo ricevere il sangue. Questo significa ricevere in dono una grandissima e altissima qualità di vita”
“Ma di tutto questo, sai qual è la cosa più brutta? – Maria Antonina ora non ha spazio per il suo coinvolgente sorriso - Quando vai per la tua trasfusione e non trovi più i tuoi amici e compagni di sventure perché, per il tuo stesso problema, sono morti. E allora ti chiedi ‘Ma perché io ci sono ancora? Cosa ho io più di lui’. La famosa spada di Damocle: il pensiero di avere una vita a scadenza e i tuoi più cari amici diventano un promemoria con la loro morte.”
Maria Antonina ha visto cambiare tante cose nel corso degli anni “Grazie a Dio nel tempo si è sviluppata una rete di associazioni e di donatori che sono riusciti a tamponare l’emergenza di sangue nell’Isola. Certo, non è ancora abbastanza, ma noi talassemici riusciamo a vivere una vita quasi normale grazie a tutto questo. L’Avis regionale, ad esempio, mi ha sempre supportata con un’attenzione e una cura quasi familiare e questo mi ha sempre toccato. Io sono colpita per la grande generosità, l’impegno e la dedizione di questa associazione: è incredibile il loro entusiasmo dinnanzi le loro lotte, i loro progetti. È stupefacente la grinta che applicano per un donatore in più, la cura che hanno per noi. Per me sono fratelli”
Generalmente le persone riflettono più accuratamente solo su temi per cui sono coinvolti direttamente. Diviene come una sorta di protezione nei confronti di tutto quel che non ci riguarda: “Il punto è che il sangue riguarda tutti, è un elemento fondamentale ed essenziale per tutto il sistema sanitario. È il cuore pulsante di un presidio ospedaliero: senza di esso non si può fare nessun genere di intervento (anche i più piccoli e semplici). Quindi come abbiamo bisogno noi talassemici, può averne bisogno davvero chiunque.” Per ogni trasfusione, Maria Antonina necessita di due sacche di sangue “In Sardegna ci sono circa 1.050 trasfusioni dipendenti, un numero che può far capire quanto sia necessaria la partecipazione di tutta la popolazione. Siamo ubicati in 14 luoghi diversi di cura in tutta la Sardegna, e quindi importante che ogni territorio faccia la sua parte. Anche un solo donatore fa la differenza per la vita di una persona, per noi il sangue è l’ossigeno che ci consente di fare la nostra parte nella società.”
Ma Maria Antonina, grazie alla forza della sua famiglia e alla sua solarità, racconta di non essersi mai abbattuta e privata di niente nella vita “Ho fatto tutto e non mi sono mai negata niente vivendo una vita molto serena. Sono andata in discoteca, ho fatto partite a pallone, mille tuffi al mare.” Ma soprattutto l’impegno nel volontariato “Cerco di restituire quel che mi è stato dato in altre forme. Sono presidente dell’Associazione Thalassazione che si occupa di promuovere la prevenzione, la sensibilizzazione e l’informazione sulla Talassemia”.
In conclusione, Maria Antonina commuovendosi aggiunge “Io devo ringraziare, con tutto il mio cuore, tutti i miei donatori che nel tempo mi hanno concesso la possibilità di vivere e di prendermi cura di mia mamma quando è stata male. Mi hanno dato un’occasione di restituire (anche se non sarà mai abbastanza) quel che lei ha fatto per me. Ecco io li voglio ringraziare tutti, dal primo all’ultimo, per questo immenso regalo”.