In Sardegna

“Graziano Mesina deve tornare in Sardegna”

Maria Grazia Caligaris chiede i domiciliari a Orgosolo. “L’età avanzata, le sue condizioni fisiche e mentali e il rispetto del principio della territorialità suggeriscono a chi ha il potere un gesto di umanità”

“Graziano Mesina deve tornare in Sardegna”

Di: Redazione Sardegna Live


Se Graziano Mesina non sarà trasferito in Sardegna “si può avere l’impressione che ci siano figli e figliastri”. Ad affermarlo è Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme ODV” che commenta la scarcerazione dell'ergastolano Renato Vallanzasca e il trasferimento per il differimento della pena in una residenza sanitaria per una grave forma di decadimento cognitivo.

“Apprendere che Renato Vallanzasca, per le gravi condizioni di salute, ha ottenuto dal Tribunale di Sorveglianza di Milano, il differimento pena in una Residenza Sanitaria Assistenziale in Veneto, è una buona notizia – sostiene Caligaris -. Esprime il senso di umanità e di giustizia da parte dei Magistrati che hanno preso atto delle condizioni di salute. Un uomo di 74 anni, con un decadimento cognitivo, a prescindere dal suo importante passato, che lo ha visto condannato a 4 ergastoli, è giusto che possa continuare a scontare la pena in una struttura alternativa a un Istituto Penitenziario. Suscita perplessità però il fatto che Graziano Mesina, 82 anni, continui a rimanere ristretto a Opera, lontano dalla Sardegna dal 2022”.

La presidente dell’associazione sottolinea che “l’ex primula rossa del banditismo sardo, condannato a 24 anni di carcere, vive in condizioni precarie di salute l’esperienza detentiva, non potendo neanche fare regolari colloqui con i familiari”.

“Mesina risulta essere stato sottoposto a una serie di analisi neurologiche e psichiatriche – spiega Caligaris – alla fine dello scorso mese di aprile, nel SAI (Servizio Assistenziale Intensificato). Un’indagine particolarmente dettagliata, su disposizione della Magistratura di Sorveglianza, che ha riguardato le capacità cognitive e la possibilità di svolgere nel carcere milanese attività trattamentali. Benché non si conoscano, nel dettaglio, gli esiti dell’articolata perizia, si può ritenere che un ultraottantenne, che non effettua colloqui con i familiari da oltre 2 anni, difficilmente possa essere nelle condizioni ideali per partecipare attivamente alla personale riabilitazione sociale e alle attività culturali dell’area educativa”.

Continua la presidente: “Sorprende altresì che in presenza di un SAI nella Casa Circondariale di Cagliari Uta il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria abbia scelto di trasferirlo nell’omologa struttura detentiva nell’Istituto “Opera” di Milano, allontanandolo dai pochi parenti che gli sono rimasti e agendo quasi come se volesse aggiungere una pena a quella stabilita in sentenza dai Giudici che lo hanno condannato alla detenzione”.

L’età avanzata di Mesina, le sue condizioni fisiche e mentali e il rispetto del principio della territorialità della pena sembrano suggerire a chi ha il potere – afferma in conclusione Caligaris – un gesto di umanità consentendogli di tornare in Sardegna e possibilmente assegnandogli i domiciliari nel suo paese, in un ambiente che possa riaccoglierlo. Altrimenti si può avere l’impressione che ci siano figli e figliastri”.

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