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Lo scorso 31 luglio il disegno di legge di riforma della Rai è stato approvato dall'Aula del Senato con 142 voti favorevoli e 92 contrari. Il provvedimento ora passa alla Camera tra dubbi e contestazioni. Tra i punti della riforma è stata inserita la proposta di realizzare trasmissioni in dialetto, nel rispetto della Carta europea delle lingue minoritarie regionali, a difesa e sostegno delle diverse identità locali presenti nella nostra comunità nazionale.
Il diritto alle trasmissioni in “lingua originale” sulla Rai (trasmesse però nel proprio territorio regionale) è stato riconosciuto al Friuli, al Trentino e alla Valle d’Aosta, ma è stato negato alla Sardegna.
Il senatore sardo Luciano Uras (Sel), che aveva proposto di inserire l’emendamento per l'inclusione del sardo tra le lingue minoritarie di cui la Rai assicura la programmazione e diffusione delle trasmissioni, denuncia l’accaduto come “una lesione gravissima consumata da Relatori e Governo verso la Sardegna e i sardi”.
Durissima anche la reazione del governatore sardo Francesco Pigliaru: “Da uno Stato di diritto, impegnato formalmente a garantire la tutela e la valorizzazione delle minoranze linguistiche, ci saremmo aspettati il riconoscimento delle nostre peculiarità culturali in quanto ricchezza inestimabile e unica del patrimonio, non solo regionale ma nazionale, specie se si tratta di servizio pubblico radiotelevisivo. Vedere invece che la Sardegna è stata penalizzata, non è accettabile”.
Ma c’è la possibilità che la proposta venga rivotata e approvata alla Camera. “A questo punto - conclude Pigliaru- avvieremo tutti i confronti possibili con i parlamentari e con il Governo per ottenere una correzione profonda della norma, perché sia riconosciuto il diritto alla tutela della nostra lingua e cultura”.