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Ci fosse stato quello spilungone di Bonaparte, sul gradino più alto dell'Eliseo, è molto probabile che oggi il calumet della pace sarebbe stato riposto per lasciare spazio al dissotterramento dell'ascia di guerra. Anche il mite Hollande pur preferendo le gonnelle e dunque “l'amour” a la “guerre”, credo ci stia pensando seriamente.
Con la carneficina di ieri l'altro, nella redazione del Charlie Hebdo, si è assestato un duro colpo ad un valore che condivide la destra quanto la sinistra: la libertà di stampa. “Bah!” Risponderà qualcuno: “più della sinistra che della destra”. “Macché!!” esclamerà un altro.
La condivide chiunque abbia un briciolo di sano buonsenso, dico io. Da Gutemberg in poi raramente si sono visti attacchi cosi eclatanti e violenti a questa libertà-pilastro della democrazia. Se ancora c'è n'era bisogno, la rappresaglia di questi pseudo-martiri è un segnale che dimostra in maniera ormai inequivocabile il cieco fanatismo e la crudeltà che contraddistingue questi quattro cialtroni autori del terribile e odioso gesto compiuto sotto la torre Eiffel. Con loro vi rientrano tutti coloro che vivono di fanatismo per qualsiasi fede: religiosa, calcistica o politica, quale esse siano. Per intenderci, quei tizi per i quali o sei con loro o sei contro di loro.
In queste ore in cui scrivo, si aggiungono ulteriori vittime, con la scia di morte lasciata da questi assassini in fuga. A loro fianco altri loro compagni che prendono in ostaggio degli incolpevoli avventori di un supermercato. Il tutto nel contesto, parrebbe, di un unico disegno programmato per infondere terrore e farci pensare che l'intero islam utilizzi metodi violenti, legittimando la morte con il pretesto della religione.
Noi europei abbiamo già attraversato il nostro periodo di “califfato”. Gli anni del totalitarismo ci hanno insegnato e ci devono continuare ad insegnare molto, sotto questo profilo. I nostri Al Zawahiri si chiamavano Hitler, Stalin, Mussolini o Franco. Se pur con tutte le diverse varianti nel ventaglio di assurde atrocità compiute ai danni ora degli ebrei, ora dei polacchi ed in generale di chi non sottostava ai loro terribili regimi.
Ma non furono gli unici. Il dopoguerra ha visto successivamente scorrere il sangue di quelle persone colpevoli solamente di non essersi opposte ai relativi regimi appena decapitati. Uomini e donne miti che si erano adeguati al cammino del gregge, perché solo in tal modo vedevano garantita la loro stessa esistenza. Altri, colpevoli solamente di seguire in buona fede la propaganda del regime, credendola meritevole di approvazione, idolatrandola delle volte, ma sempre nella convinzione di nobili propositi: la patria, i doveri dell'uomo, il nazionalsocialismo, ecc.
L'atroce saga di delitti che ha visto diverse vittime innocenti sotto la rugiada parigina, non è altro che un episodio di una più ampia e pericolosa scia di deriva ideologica che oggi si nasconde dietro la gonnella della religione. Cosi come per noi fu la strage delle fosse ardeatine, l'omicidio Matteotti o l'assassinio di Trockij, acerrimo rivale di Stalin. Ma anche la strage di Porzùs da parte di una formazione partigiana comunista ai danni di un'altra di diverse idee politiche, oppure la macelleria messicana di piazzale Loreto. O ancora, per restare al tema odierno, l'omicidio di Giorgio Morelli, nome di battaglia: “il solitario”.
Il quale con il giornale “La Penna” denunciava gli stupri, le violenze, gli omicidi perpetrati ai danni di chi avesse anche solo una lontana familiarità con gli ex fascisti. Tutti episodi, se pur significativi, contenuti in una più ampia guerra ideologica ma anche e soprattutto di potere. Di governo o rivoluzionario infatti, sempre di potere si tratta. Lo hanno dimostrato personaggi del calibro dello stesso Stalin ma anche di Tito o di Fidel Castro, i quali hanno trasformato una rivoluzione per la “libertà” in un ascensore per il potere assoluto.