Roma, 3 sett.(Adnkronos) - Attori, registi e doppiatori italiani appoggiano la 'battaglia' di Pierfrancesco Favino, che ha fatto sentire la sua voce dalla Mostra del cinema di Venezia 2023. "Il pubblico italiano tornerà ad avere fiducia nel cinema italiano quando vedrà gli attori italiani entrare nelle produzioni internazionali. È la piccola battaglia che io sto facendo per la quale dico che i ruoli italiani devono essere interpretati da attori italiani", dice l'attore, riscuotendo consenso ampio tra colleghi e colleghe.

"La polemica di Favino io la condivido. Ha pienamente ragione. Visto che capita spesso che gli americani facciano film sugli italiani, ha perfettamente un suo senso che siano interpretati da italiani. Ferrari, un modenese, che viene dal Nebraska, fa un po’ ridere", dice all'Adnkronos il regista Pupi Avati.

"Quando ho girato il film su Dante Alighieri, noi siamo stati tentati, sedotti dall’idea di farlo interpretare ad Al Pacino -rivela il maestro Avati- Ma per quanto lui sia un italo americano, poi ci siamo ricreduti. E grazie a Dio abbiamo scelto Sergio Castellitto e Alessandro Sperduti, quindi attori italiani. Il film ha avuto un grande successo e questo conferma che con attori italiani il film ha una credibilità assoluta maggiore".

"Quello che dice Favino è assolutamente giusto: come loro pretendono di far interpretare gli americani agli americani, gli italiani devono essere interpretati d italiani. Anche perché se no la presa diretta, dove gli attori recitano senza essere doppiati, elemento fondamentale per valutare la credibilità dell’attore, come la valutiamo?".

"Condivido l'invito ad avere un maggiore attenzione nei confronti degli attori italiani. Rispetto a film che raccontano storie di grandi italiani, magari realizzati anche da produttori americani, bisognerebbe considerare l'opportunità di affidare quei ruoli anche a attori italiani. In Italia c'è poca considerazione e si permette un po' tutto; allora c'è bisogno di una maggiore attenzione verso il cinema italiano e quindi andrebbe protetto", afferma all'Adnkronos l'attore e regista Marco Bocci.

"Il tema posto da Pierfrancesco Favino, che è un mio caro amico, è una questione molto complessa, su cui bisognerebbe riflettere in maniera più approfondita e comunque il fatto che oggi ne stiamo discutendo dimostra l’importanza del tema", le parole all'Adnkronos del regista premio Oscar Gabriele Salvatores.

"Concordo pienamente con l'esternazione di Pierfrancesco Favino: trovo giusto quello che ha detto. Se si creano due fronti, uno a favore della dichiarazione di Favino e uno contrario, io sono con schierato con il fronte favorevole", dice l'attore e regista Rocco Papaleo.

"Favino? Ha assolutamente ragione. Noi doppiatori in tempi non sospetti abbiamo fatto uno sciopero a favore di questo tema quando per i 'Promessi Sposi' furono prese persone straniere, tra cui Danny Quinn, e noi abbiamo detto 'grazie no: per i film italiani servono attori italiani'", dice all'Adnkronos Pino Insegno, attore e doppiatore italiano.

"Come gli americani chiamano gli spagnoli per gli spagnoli, i portoghesi per i portoghesi, i cinesi per i cinesi, così noi italiani almeno per il nostro bagaglio culturale se dobbiamo fare Michelangelo, con tutto il rispetto per Charlton Eston, dovremmo preferire un Favino, o un Santamaria, e così via", sottolinea Insegno. Che per il film 'Ferrari', di Michael Mann, che racconta la parabola verso il successo del modenese Enzo Ferrari avrebbe "chiamato un attore italiano nuovo, bravo, che magari grazie a questa interpretazione diventa un attore famoso. Il problema infatti è che non c'è stato un ricambio generazionale importante", spiega.

"Gli attori si contano sulla punta delle dita purtroppo, ma non è colpa del fatto che non ci sono attori ma del fatto che non c'è un investimento culturale per accrescere le possibilità dei giovani di crescere", prosegue Insegno. E sul protagonista del film, Adam Driver, scherza: "Attore straordinario, ma che c'entra Enzo Ferrari con lui? E' vero che col trucco si fa miracoli, però... qui ci voleva un italiano".

"Detto che la scelta degli attori la fanno i registi, Favino fa bene a portare avanti gli attori italiani. E se non lo fa lui, che in questo momento ha una grande esposizione, ben venga chi si prende la responsabilità di rompere gli argini della banalità e di raccontare qualcosa che magari si dice in uno stretto giro di persone ma poi nessuno ha il coraggio di dirlo ai quattro venti", osserva Alessandro Siani all'Adnkronos.

Più tiepida la reazione di Giorgio Tirabassi: "E' vero che per fare grandi personaggi italiani attori bravissimi italiani non mancano certo. E' altrettanto vero che una produzione americana è libera di scegliere gli attori che vuole. Non ho un punto di vista chiaro sul tema sollevato da Favino e tuttavia eviterei di fare discorsi generici su una questione che ha aspetti complessi", dice all'Adnkronos.

Caterina Murino, madrina della Mostra, spiega: "Capisco il ragionamento che ha fatto Pierfrancesco Favino ed è davvero un peccato che ruoli iconici della nostra storia, come quello di Enzo Ferrari, vengano interpretati da attori non italiani. Su questo non ci può essere una polemica: sono d'accordo con Pierfrancesco al cento per cento"

"Va, però, precisato che 'Ferrari' è un film americano e per il mercato Usa tutta la macchina del cinema ha bisogno di grandi star - aggiunge Murino - che, purtroppo, per quanto si possa essere famosi come Pierfrancesco, oggi sicuramente il numero uno in Italia, non siamo, io per prima, delle star mondiali da essere imposti in produzioni megalattiche come, appunto, 'Ferrari' di Michael Mann. C'è quindi questo problema: voler raccontare una storia italiana con attori italiani ma allo stesso tempo c'è la macchina del blockbuster e dell'industria: è molto complessa, perciò la situazione, e non certo si può risolvere rapidamente con polemiche o senza polemiche".

Per Edwige Fenech, "Favino ha ragione, gli americani hanno avuto molto più spazio nei film italiani che non il contrario. Anche se Favino ha fatto diverse partecipazioni in film americani, ma non possiamo assolutamente fare un paragone". "Anche nel film Gucci, per carità gli attori sono grandi attori ma non sono italiani, oltre al fatto che sul film bisogna stendere un velo pietoso, non è certo il modo giusto di dipingere una famiglia", aggiunge Fenech.