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Negli anni ottanta si assistette ad una ridefinizione completamente nuova delle professioni: successo ed efficienza divennero le parole d’ordine per emergere in qualsiasi campo, visto che, a causa della globalizzazione, la concorrenza era spietata.
Una delle professioni che venne rivoluzionata maggiormente fu quella dello stilista: non bastava più, infatti, essere un buon artigiano e creare capi di ottima fattura, ma occorreva dare un’immagine accattivante del proprio prodotto. Agli stilisti non restava altra scelta, dati gli imperi finanziari che avevano costruito negli anni precedenti, in cui tutto ciò che ruotava attorno al singolo abito aveva una particolare importanza e non era lasciato al caso.
Con l’avvento di Internet, ogni marchio si creò un proprio sito, non solo per attirare l’attenzione ma anche per vendere alcuni prodotti, come i jeans. Con la comparsa dei computer, gli abiti vennero disegnati e colorati attraverso programmi digitali, mentre scomparve definitivamente la professione della “figurinista”.
La moda
In questo decennio, la moda divenne definitivamente internazionale: ridotta l’importanza della Haute Couture francese, ogni nazione sviluppò un proprio stile differente. In Europa emersero Italia, Germania e Inghilterra, contemporaneamente agli Stati Uniti, con il loro stile classico contemporaneo, e al Giappone. Poco apprezzati in patria, gli stilisti giapponesi emigrarono a Parigi, dove lanciarono linee dal taglio impeccabile e dai materiali insoliti.
Da ingegnose strategie di marketing derivò il successo, in questo decennio e anche dopo, del Made in Italy: Milano strappò il titolo di capitale della moda a Firenze, Venezia e Roma, divennero famosi stilisti come Giorgio Armani, Ottavio Missoni, Gianfranco Ferré, Gianni Versace, Dolce & Gabbana, Miuccia Prada e Krizia.
Il successo di D&G fu dovuto alla pop star Madonna, grande testimonial di abiti chic e allo stesso tempo finti trasandati, con calze a rete e biancheria intima da portare in vista.
Si sviluppò la corsa alla forma fisica, e anche per persone non più giovani vennero creati indumenti casual presi dall’abbigliamento sportivo. L’ideale di bellezza femminile si ispirò alla donna sportiva, muscolosa, in forma e ambiziosa, di successo sia nel lavoro che nella vita privata, grazie soprattutto al fatto di essere vestita adeguatamente a seconda dell’occasione. Proprio Madonna impersonò questo ideale che tutte le donne avrebbero potuto raggiungere, modellando il proprio corpo attraverso l’aerobica, il culturismo, le diete sane e le cure di bellezza.
Per quanto riguarda l’abbigliamento, era onnipresente il binomio giacca-tailleur con valigetta porta documenti per richiamare l’ideale della donna manager, non più fragile e sottomessa come nel passato, ma forte, dura e spietata nel lavoro, mentre si allargarono e si gonfiarono le spalle dei vestiti, e si diffuse l’utilizzo del denim in ogni sua forma e per ogni occasione.
Il make up e le acconciature
Se in altre annate furono soprattutto le dive di Hollywood ad essere muse ispiratrici per lo stile e il trucco, negli Anni ’80 è la musica delle icone pop a dettare le regole: colore ovunque nel make up e nei capelli, tonalità vistose che alle vecchie generazioni facevano un po’ storcere il naso, ma che venivano portate con disinvoltura dalle donne e dalle ragazze per dimostrare personalità e forza.
Le case cosmetiche si adeguarono in questo senso, iniziando a proporre una sempre più vasta gamma di colori per tutti i prodotti.
Il brand Guerlain divenne in questo periodo famosissimo per la sua linea di bronzer compatti “Terracotta” che donavano un effetto di pelle baciata dal sole, che era molto di moda in quegli anni.
Alcuni make up artist divennero delle vere e proprie star e lavoravano per le più grandi case cosmetiche, come Serge Lutens per Shiseido, Terry per Yves Saint-Laurent, Tyen per Dior.
La base era costituita da correttori coprenti e abbastanza pastosi, fondotinta pesanti effetto mascherone, ciprie compatte, terre tendenti all’arancio con cui si faceva il contouring, e blush color mattone o fucsia sfumati pochissimo in modo da ottenere un effetto volutamente artificioso.
Gli occhi erano i veri protagonisti: ombretti di tutti i colori, accesi e carichi, applicati senza sfumature, in particolare il blu elettrico, diventato uno dei simboli del decennio, su tutta la palpebra, con l’arcata sopraccigliare illuminata da un colore chiaro e solitamente brillante.
Non si risparmiava nemmeno sull’applicazione del mascara, sempre abbondante, dell’eyeliner e della matita nera. Le sopracciglia venivano lasciate naturali e folte, spesso pettinate verso l’alto e fissate con una lacca.
Nonostante il trucco carico sugli occhi, anche le labbra venivano messe volutamente in evidenza con rossetti che spaziavano dal rosso al fucsia, oppure con gloss e trasparenti glitterati per ottenere un effetto “frost” con labbra che sembrassero ghiacciate.
Per quanto riguarda i capelli, uno dei must era la cotonatura feroce su tutti i capelli per avere una chioma da leonessa che durasse a lungo.
Ci fu anche il boom della permanente per dare movimento, corpo e volume ai capelli. Non potevano mancare inoltre le acconciature esagerate ed i colori accesi e appariscenti come nel make up, ed erano molto apprezzate le frange lunghe e bombate.