Renzi non parla, Lupi non si dimette, il movimento 5 Stelle chiede la “testa” del ministro. Sarebbe questo in sintesi lo scenario che si presenta a più di 24 ore di distanza dagli arresti eccellenti operati dalla magistratura fiorentina. Certo, il silenzio sulla vicenda del presidente del Consiglio è interpretabile in vario modo.

Dagli spifferi che non mancano nei corridoi di Palazzo Chigi, qualche indiscrezione in realtà è già trapelata e parla di un Renzi in attesa di un passo indietro del ministro in virtù della vicenda che si è venuta a creare nel suo complesso a sfavore del titolare alle Infrastrutture. Tradotto, ciò significa che il presidente del Consiglio ne farebbe una questione di opportunità riguardo alle auspicabili dimissioni di Lupi. Il quale dice di non aver nessuna intenzione di dimettersi, almeno fino a quando non si dimostrino precise responsabilità a suo carico. Ovviamente, il ministro accetta qualsiasi tipo di sfida perché sostiene “di non aver sbagliato”. 

Il movimento 5 Stelle dal canto suo, non concede sconti e chiede che Maurizio Lupi lasci il Ministero. Lo fa, naturalmente nel modo che più gli è congeniale, ovvero con le vibranti proteste in Aula, sino al punto in cui il vicepresidente della Camera, Roberto Giacchetti espelle il deputato pentastellato, Carlo Sibilia, dai banchi di Montecitorio.

In questa storia in salsa tutta italiana, fa specie e rattrista il fatto che secondo una folta schiera di politici bipartisan, Lupi non debba dimettersi perché non è indagato e poi in quanto l’hanno votato migliaia di elettori. Insomma, cose da prima e seconda Repubblica, ammesso che una terza stia per iniziare. L’attuale premier sta facendo di tutto per riuscire nell’impresa di dare una svolta a stagioni politiche vecchie, stantie e afflitte dal male incurabile della corruzione, ma anche per lui le insidie sono tante. Certo da mettere in conto, meno una, però.

Si tratta del pericolo che anche Renzi possa cadere nella trappola della disparità di trattamento per casi analoghi a quello che oggi vede il ministro Lupi come involontario protagonista. Anche nel Pd, infatti, non mancano incarichi istituzionali ricoperti  addirittura dopo “infortuni” dimostrati da inequivocabili responsabilità oggettive o dirette, di carattere penale e non, a carico dei rispettivi titolari. Non mancano, infatti, tra questi imprevisti, casi di indagati in tempi precedenti alle nomine o alle candidature.

Ebbene,  la responsabilità politica è altra cosa rispetto a quella giudiziaria, che può anche mancare ai fini di dimissioni dettate solo dall’opportunità, ma comunque inevitabili per una politica sana e senza sospetti. In altri Paesi, ovviamente con senso delle Istituzioni superiore al nostro, basta molto meno che da noi per lasciare il posto, quello che noi in Italia chiamiamo “poltrona”, in quanto tale difficile da abbandonare.

Nel caso del giorno, il ministro Lupi, al di là di collegamenti diretti o indiretti, quelli sì da dimostrare, con l’intera vicenda, non poteva non sapere quello che succede nel nostro Paese nella gestione degli appalti pubblici. Le inchieste e le condanne, sempre poche visto che non si cambia mai, sono lì davanti agli occhi di tutti.

 Non c’è bisogno, dunque, del pettegolezzo o degli spifferi di palazzo per sapere della corruzione che dilaga dovunque e in modo inarrestabile. Potremmo dire che Lupi, se volessimo essere solidali con lui, è stato sfortunato? Forse sì, se pensiamo che ad altri è andata meglio. Però, il ministro, della sua sfortuna ne deve prendere atto, dando luogo a opportune dimissioni. Già, opportune, proprio come pare le stia valutando in queste ore il premier Matteo Renzi. Si vedrà, i cittadini sono abituati ad attendere.   

Foto tratta da mauriziolupi.it