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Oggi, 25 novembre, ricorre la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Un appuntamento voluto e istituito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999, e la cui urgenza non solo simbolica sembra oggi essere quanto mai attuale.
L’assessora regionale al Lavoro, Alessandra Zedda, è particolarmente sensibile rispetto a una questione particolarmente allarmante in Sardegna dove, secondo i recenti report dell’Istat, si registra uno dei più alti tassi di femminicidi fra le regioni italiane. Un dato che inquieta e richiama a una profonda riflessione.
DENUNCIARE E PROTEGGERE. “Un anno drammatico – dichiara la Zedda a Sardegna Live – che annovera efferati omicidi ai danni delle donne ma non solo. Purtroppo, infatti, mai come negli ultimi tempi i fatti di sangue coinvolgono anche i figli. Non solo la mamma, la moglie, la sorella o l’amica sono vittime dei carnefici, ma anche i loro figli. La strada giusta è quella della denuncia. Vorrei dire alle amiche donne di non aspettare mai, bisogna agire direttamente. L’appello a noi istituzioni, soprattutto a livello nazionale, è che si intervenga velocemente prendendo in carico con cura le donne che denunciano”.
“Noi come Regione sarda – prosegue Alessandra Zedda – interveniamo in maniera sempre più intensa con il reddito di libertà (una misura a sostegno delle donne vittime di violenza e in condizione di povertà materiale, ndr), ma non basta. Sono tante altre le azioni da mettere in campo. E' fondamentale non abbandonare la donna dopo che denuncia. Quello è un momento strategico perché l’uomo che viene abbandonato o scopre che la donna si è rivolta alle forze dell'ordine diventa spesso una belva. Da lì la reazione che in alcuni casi porta purtroppo al femminicidio. Occorre intervenire insieme e in rete sull’educazione affettiva, sull’educazione al rispetto e al volersi bene. Va fatto con i bambini a partire dall’infanzia e fino all’età matura".
"La Regione Sardegna, peraltro, interviene anche con gli uomini maltrattanti. C’è una legge ad hoc che abbiamo approvato perché gli aspetti della lotta contro la violenza sono molteplici. Ma non mi stancherò di ripeterlo: attenzione al momento in cui la donna viene lasciata sola. Non bisogna abbassare la guardia mai. La stragrande maggioranza dei casi di femminicidio avvengono proprio allora”.
PARITA' DI GENERE. L'emergenza della violenza sulle donne impone un maggior senso di responsabilità anche nell'ambito della parità di genere. Dei Comuni sardi che hanno rinnovato i propri consigli nell’ultima tornata elettorale in Sardegna, 14 non rispettano tale requisito in giunta. Appena il 15% sono le donne fra i componenti dell’Assemblea regionale in questa legislatura. Significa che bisogna lavorare a partire dai territori e crescere sensibilmente anche a livello politico? “Occorre fare ulteriori sforzi – commenta l’esponente di Forza Italia –, la legge per la doppia preferenza di genere non ha prodotto i risultati sperati, contribuendo comunque in minima parte ad aumentare il numero delle donne in Regione: è un piccolo segnale. È comunque importante lavorare ancora e di più nella fase di preparazione alla partecipazione alla vita pubblica. Rimuovere gli ostacoli, gli stereotipi, la mancanza di servizi e supporto per una donna che vuole intraprendere la strada politica e nella vita pubblica. È ancora molto lunga, ma possiamo fare tanto per valorizzare la presenza delle donne nella pubblica amministrazione”.
LAVORO. Secondo una recente indagine del Sole 24 Ore, il reddito medio degli uomini in Sardegna è pari a 18.716 euro, quello delle donne a 13.187. “Un divario incivile – ancora la Zedda –. Su questo si potrebbe lavorare molto più facilmente, gli ostacoli da rimuovere non ci sembrano insormontabili. La Regione Lazio ha già approvato una legge sulla parità stipendiale, ci auguriamo arrivi presto anche quella nazionale. Noi, nel frattempo, valutiamo il lavoro fatto dai colleghi laziali per completare quei percorsi che finora hanno visto la Sardegna davanti a tante altre regioni quanto a normative in questo senso e attività in rete che stiamo continuando ad attivare nei rapporti con centri antiviolenza e case di accoglienza”.
LINGUAGGIO. Sulla dibattuta questione relativa al fatto che sia meglio utilizzare parole come “assessora”, “sindaca” o “ministra” come si pone Alessandra Zedda? “Il linguaggio sta cambiando, è qualcosa di importante. Sarebbe corretto, sarebbe un segnale. Ma se mi chiamassero assessore e mi rispettassero profondamente, non mi importerebbe”, conclude l'esponente della Giunta regionale.