Mentre a Roma le votazioni per l’elezione del nuovo inquilino del Quirinale regalano l’estenuante show dell’indecisione e dei giochi di palazzo, ai confini dell’Europa aleggia nuovamente lo spettro della guerra. Russia, Ucraina e Stati Uniti sono i protagonisti di un Risiko dai contorni tremendamente reali, che chiama in causa l’intera NATO e richiede la massima attenzione dei governi occidentali.

Ma al primo punto dell’ordine del giorno del parlamento italiano, da quattro lunghe giornate, resistono gli interessi di poltrona e le strategie di conservazione del potere personale. Trattative tardive e sconclusionate per individuare il nuovo presidente della Repubblica. E' la mediocrità di una classe dirigente sempre più scollata dalle istanze e necessità di un Paese che, oltretutto, si ritrova in questo momento a fare i conti con l’ennesima ondata di contagio impantanato in un’emergenza sanitaria che è ormai pienamente emergenza economica e dalla quale non si intravede via d’uscita.

CASO UCRAINA. La crisi che coinvolge Russia e Ucraina non è scoppiata improvvisamente, ma è maturata nell’ambito di un contrasto che dura da quasi otto anni. Era il 2014 quando, dopo la cosiddetta rivoluzione di Euromaidan culminata con la cacciata dell’allora presidente filorusso Janukovyč in favore di un nuovo governo maggiormente autonomo e filoeuropeista, il governo di Mosca invase la penisola di Crimea sostenendo i movimenti separatisti nella regione del Donbass, in Ucraina orientale, “con lo scopo di proteggere le popolazioni di nazionalità russa”.

Europa e Stati Uniti, fin da subito, hanno assistito con preoccupazione alle manovre militari di Putin, accusando la Russia di aver violato le leggi internazionali e di aver destabilizzato la sovranità ucraina.

LA POSIZIONE GEOGRAFICA DELL’UCRAINA. L’Ucraina si trova ai confini fra l’ex area sovietica e l’UE, dunque i paesi della NATO, ed è un punto di passaggio cruciale per la fornitura di gas proveniente proprio dalla Russia. Mosca, dal canto suo, guarda con sospetto a un eventuale ulteriore allargamento a Est delle influenze atlantiste, sospetto alimentato dal supporto militare fornito all’Ucraina dal fronte occidentale (2,7 miliardi di dollari ricevuti dagli Usa dal 2014). Dopo il collasso dell’URSS, infatti, la NATO ha finito per inglobare anche paesi storicamente di orbita russa (Romania, Estonia, Lettonia, Lituania). Un’evoluzione che allarma il Cremlino sotto il profilo della sicurezza e dal punto di vista simbolico.

Anche l'Ucraina, dal 2021, ha ottenuto l'attivazione del MAP (Membership Action Plan), la procedura di pre-adesione per i paesi che vogliono entrare a far parte dell'organizzazione con sede a Bruxelles. Putin, però, ha più volte avanzato richieste di garanzie di limitazioni delle azioni nella regione, come il divieto di ulteriori allargamenti o il ritiro delle forze dai paesi dell’Europa orientale che si sono uniti all’Alleanza dopo il 1997.

STORIA RECENTE DELL’UCRAINA. Una volta ottenuta l’indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1991, la vita politica dell'Ucraina è stata caratterizzata dalla stessa posizione intermedia del Paese, oltre che da marcate divisioni regionali, particolarmente evidenti fra la parte occidentale e quella orientale, laddove un’alta percentuale della popolazione (oltre il 50% degli abitanti proprio in Crimea e Donbass) si identifica nativa di lingua russa. Dopo gli scontri del 2014 e le conseguenti operazioni militari russe, i separatisti hanno preso il controllo di parti del territorio ucraino proclamando la nascita delle repubbliche popolari indipendenti di Lugansk e Doneck.

CRISI ENERGETICA. Come detto, il principale motivo per cui l’Ucraina ha un’importanza strategica per l’Europa sono proprio le forniture energetiche che passano per il paese. Il 37% del gas naturale diretto dalla Russia in Occidente passa da Kiev, percentuali che la rendono un canale imprescindibile per soddisfare il fabbisogno energetico dell’Ue. L’Italia, in particolare, dipende da Mosca per il 40% delle proprie importazioni di gas naturale. Un’eccezionale arma di ricatto a disposizione di Putin, che ha già parzialmente chiuso i “rubinetti” in direzione di Kiev riducendo i flussi di gas in transito dall’Ucraina ai minimi degli ultimi anni.

POSSIBILITA’ DI UN CONFLITTO. In questi giorni sono in corso intense trattative diplomatiche tra Usa e Russia. Mosca, sebbene neghi di avere intenzioni bellicose, avrebbe già schierato fino a 100.000 militari lungo il confine ucraino. L’area del Donbass è la più sensibile: il Cremlino potrebbe giustificare un’eventuale azione militare come tentativo di pacificazione fra forze armate ucraine e ribelli di Donetsk e Lugansk. Anche la penisola della Crimea, già annessa “de facto” da Putin, potrebbe rappresentare un varco a sud dell’Ucraina. Una discesa verso Kiev potrebbe essere portata avanti anche da Nord, passando per l’alleata Bielorussia di Lukashenko.

Gli Stati Uniti minacciano sanzioni “senza precedenti” in caso di un’invasione russa. Joe Biden ha allertato 8.500 unità, altri membri della NATO stanno inviando jet e navi da guerra in Europa orientale e sul Mar Nero. Putin ha a sua volta rilanciato annunciando esercitazioni navali nel Mediterraneo, nell'Atlantico e nei Mari del Nord, impiegando oltre 140 navi da guerra ed almeno 10mila soldati. Truppe russe si stanno spostando dalla Siberia verso la Bielorussia per un'esercitazione congiunta, facendo sì che in breve tempo lo schieramento sul confine ucraino possa contare su un numero che si aggira fra le 130 e le 200mila unità.

E L’ITALIA? Come spiegato nei giorni scorsi da Carlo Jean, ex generale di corpo d’armata ed esperto di strategia militare e geopolitica: “Al momento siamo solo spettatori. Non sappiamo cosa farà l’Italia, perché nonostante l’escalation, non è ancora stato riunito il Consiglio supremo di difesa, cioè il massimo organismo militare italiano, presieduto dal presidente della Repubblica. In pratica, siamo immobili. E questo vuol dire contare poco”.