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Costituzionalista “emerito”: il Professore Pietro Ciarlo, docente di Diritto costituzionale, già preside della facoltà di Giurisprudenza e prorettore alla Semplificazione e innovazione amministrativa dell’Università di Cagliari, tra i massimi esperti di diritto costituzionale con alle spalle quarant’anni di ricerca e consulenze per enti pubblici e governativi, spiega i possibili risvolti del provvedimento che venerdì 3 gennaio ha spinto la presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, al centro di una controversia giudiziaria e politica. Le accuse riguardano presunte irregolarità nelle spese elettorali e potrebbero portare allo scioglimento anticipato dell'assemblea regionale.
Sette le contestazioni mosse ad Alessandra Todde nella relazione del Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d’Appello di Cagliari, secondo cui la documentazione riguardante le spese elettorali della campagna della governatrice non rispetterebbe pienamente le disposizioni di legge.
Secondo quanto affermato dal Collegio, che ha inviato gli atti al consiglio regionale per il provvedimento di 'decadenza', "non risulta essere stato nominato il mandatario, la cui nomina deve ritenersi obbligatoria", "non risulta essere stato aperto un conto corrente dedicato esclusivamente alla raccolta dei fondi". Non risulterebbe nemmeno "l'asseverazione e la sottoscrizione del rendiconto da parte del mandatario che avrebbe dovuto essere nominato", "non è stato prodotto l'estratto del conto corrente bancario o postale" e "non risultano dalla lista dei movimenti bancari i nominativi dei soggetti che hanno erogato i finanziamenti per la campagna elettorale".
Professor Ciarlo, cosa succede ora?
“Ora, come prima cosa, si deve pronunciare il consiglio regionale. Il Collegio di garanzia ha deliberato nel senso della decadenza, però la decisione la prende il consiglio regionale”.
Quindi il consiglio regionale non si limita a un atto dovuto, al recepimento del provvedimento, il suo è un voto politico?
“Non è una semplice recezione del provvedimento del Collegio di garanzia. Questa, con una formula in una certa misura contraddittoria, si chiama ‘giustizia politica’. Il consiglio regionale per sua natura non è un giudice, è un organo rappresentativo, un organo politico che compie delle valutazioni in relazione alla rappresentatività politica”.
Se il consiglio dovesse rigettare il provvedimento, si sospenderebbe tutto?
“Non dichiarerebbe decaduta la presidente da consigliere regionale”.
(Gli avvocati della presidente Todde stanno monitorando attentamente il voto segreto dell'Assemblea sarda, poiché sembrano inclini ad attendere l'esito di questo voto parlamentare prima di presentare un ricorso, accompagnato da una possibile richiesta di sospensione urgente NdR).
A quel punto sarebbe comunque necessario andare avanti con il ricorso nei tribunali ordinari?
“Sulla necessità si vedrà, nel senso che mentre nel caso dei parlamentari e dell'immunità parlamentare tutto finisce lì, nel caso dei consiglieri regionali che non hanno un'immunità simile a quella dei parlamentari i procedimenti di giustizia ordinaria possono andare avanti. In questo caso occorrerà aspettare poi una sentenza definitiva del giudice comune, penale o amministrativo.
Però adesso il nodo è il valore da attribuire al deliberato del consiglio regionale, che potrà dire un sì o un no, i ricorsi riguarderanno una fase successiva. Al momento l’evoluzione giudiziaria è incerta, tutto è in mano a un voto politico dell’assemblea regionale”.
Si tratta del primo caso in Italia di contestazione di violazioni simili in un organo regionale. Sembra unanime il convincimento che si sia trattato più di pasticci che di azioni dolose e volte a utilizzare denaro in maniera illecita. Secondo lei le eventuali e paventate conseguenze giuridiche e politiche sono effettivamente proporzionate alle presunte violazioni commesse dalla governatrice?
“Noi stiamo assistendo allo svolgimento di una specie di secondo grado. Il Collegio di garanzia, che è composto in prevalenza da magistrati peraltro autorevoli non poteva che attestare la presenza di queste carenze gravi nello svolgimento degli atti. Questo Collegio, che è impostato in maniera molto giudiziaria, non è un organo politico, non è un organo rappresentativo, secondo me non poteva non dire quello che ha detto. Ma valutazioni di questo tipo, che escono dall'universo strettamente giuridico ed entrano in un universo giuridico-politico, pertengono all'organo politico, cioè al consiglio regionale, il quale potrà sostenere che siano state carenze non finalizzate ad un uso truffaldino del denaro, o a un aggiramento della legge”.
Secondo lei, anche se mi sembra abbastanza chiaro il suo pensiero, come si risolverà la questione?
“Adesso cosa succede nell'assemblea politica? C'è naturalmente un gioco delle parti, la maggioranza che difende la presidente, l'opposizione che l'attacca, ma alla fine deciderà il consiglio che vota a maggioranza e io credo che il consiglio regionale non voterà per la decadenza e che ci sarà un rigetto del deliberato del Collegio di garanzia”.
Qui c'è la possibilità concreta che la presidente Todde riesca a terminare il suo mandato?
“La previsione è incerta, però ci sono molte possibilità che Todde arrivi a fine mandato se ci sarà il benestare del consiglio. Il problema della decadenza e poi delle nuove elezioni in sede processuale si sposterebbe parecchio in avanti perché la giustizia funziona sempre per gradi, qui uso la parola gradi in modo atecnico, nel senso che i procedimenti si svolgono passo dopo passo, ma grado è anche una parola tecnica riferita ai giudizi, perché c'è un primo grado, un secondo grado e un'ultima istanza. È una storia che si avvia ad essere lunga e faticosa”.
Com’è possibile che ci sia così tanta confusione anche tra giuristi esperti al punto da ipotizzare scenari futuri così diversi fra loro?
“Pareri così diversi fino a un certo punto, perché le leggi che si intrecciano sono più o meno dello stesso periodo, la legge nazionale 515 del 1993 e la legge regionale 1 del 1994 che ne recepisce le disposizioni, arrivate dopo l’inchiesta Mani pulite. È chiaro che ci sono opinioni diverse, il diritto è fatto proprio di diversità di opinioni che poi si confrontano nelle sedi specifiche. L'accusa e la difesa naturalmente hanno posizioni fisiologicamente differenziate”.
Un suo parere personale sulla decisione politica?
“Secondo me sarà no alla decadenza. Mentre la comunicazione nazionale è più accanita, mi sembra che in sede locale le forze politiche non siano così dilaniate. Ovviamente l'opposizione dice che deve decadere, ma in generale la situazione non mi sembra così grave. A livello nazionale ha priorità il piano comunicativo, mentre nella sede locale hanno più spazio gli interessi e credo che i consiglieri tutti preferiscano che il consiglio continui a vivere, almeno per un altro po' di tempo”.