PHOTO
Chiede di fare il suo ingresso dal cancello centrale, rispondendo così ai retroscena che la descrivevano timorosa, indecisa fino all'ultimo se andare a Rimini rischiando le contestazioni. Che restano circoscritte ai banchi con i peluche poggiati sopra in segno di protesta, alle fascette bianche al braccio di delegate e delegati nel ricordo delle vittime di Cutro, e al 'Bella Ciao' intonato da una minoranza mentre lei, con aria più impaziente che indispettita, sale sul podio per pronunciare il suo discorso.
Un discorso scritto ma che in parte improvvisa, tirando dritto sui temi che la vedono maggiormente distante dal sindacato più intransigente verso le politiche del suo governo. Sono trascorsi 27 anni e passati ben 15 governi dall'intervento di un premier all'assemblea della Cgil: Romano Prodi, correva l'anno 1996. Meloni punge e sfida, ma tende anche la mano. Lo fa ricordando Marco Biagi -il sindacalista bolognese ucciso per mano delle Br a pochi passi dal portone di casa-, condannando con forza l'assalto alla sede nazionale della Cgil di militanti di estrema destra, citando il segretario Landini e dicendosi più volte d'accordo con lui. Con decisione, però, a lui rinvia le accuse degli ultimi giorni: "Io non considero finto il nostro confronto, altrimenti non avrei nessun motivo di perderci tempo".
Ai contestatori risponde per le rime: ricorda di non temere i fischi - "Mi fischiano da quando ho 16 anni, sono Cavaliere al merito su questo..."- e li punge su uno slogan che molti credevano geniale - 'pensati sgradita' -: "Non sapevo che Chiara Ferragni fosse una metalmeccanica". In sala cala il silenzio, Meloni snocciola a uno a uno i temi al centro dell'agenda sociale: le distanze appaiono e sono siderali, ma lei ricorda di essere il presidente di tutti, invita al gioco di squadra, all'approccio "sincero". "Rivendicate senza sconti le vostre istanze nei confronti del governo - dice alla platea 'rossa' strappando un timido applauso al termine del suo intervento - troveranno sempre un ascolto serio e privo di pregiudizi, perché questo è l'impegno che mi sono presa con gli italiani e che intendo portare avanti".
Quanto al focus del suo intervento, Meloni tocca tutti i temi più a cuore del sindacato. Senza fare sconti. "I salari sono bloccati da 30 anni - ricorda - dato scioccante perché l’Italia ha salari più bassi di prima del ‘90 quando non c’erano ancora i telefonini. In Germania e Francia sono saliti anche del 30%. Significa che le soluzioni individuate sinora non sono andate bene e che bisogna immaginare una strada nuova che è quella di puntare tutto sulla crescita economica, perché sono le aziende a creare ricchezza; allo Stato tocca il dovere di crea le regole, la povertà non si abolisce con i decreti", dice ricordando il via libera al reddito di cittadinanza e l'esultanza dei grillini al balcone di Palazzo Chigi.
Ed è proprio alla misura bandiera del M5S che riserva l'attacco più duro, definendone "doverosa" l'abolizione per chi è "in grado di lavorare: non credo debba essere mantenuto dallo Stato". Per lei, il rdc, "ed è giusto dirlo proprio qui, ha fallito gli obiettivi per cui era nato perché a monte c'è un errore: mettere nello stesso calderone chi poteva lavorare e chi non poteva lavorare, mettendo insieme politiche sociali e politiche attive del lavoro".
Anche sul salario minimo, terreno su cui le opposizioni potrebbero costruire un fronte comune per sfidare il governo, Meloni marca la distanza: "non è la strada giusta, favorirebbe i soliti", taglia corto, indicando piuttosto la ricetta dell'estensione della contrattazione collettiva. "Possiamo lavorare insieme a un sistema di ammortizzatori sociali universali, sia il lavoratore dipendente, autonomo o atipico: non costruire una cittadella di garantiti impermeabile a chi rimane fuori".
Difende dunque a spada tratta la riforma del fisco varata giovedì e "frettolosamente bocciata da alcuni": il principale indiziato è proprio la Cgil. Il governo l'ha messa a punto, rivendica, per "consegnare agli italiani una riforma complessiva che riformi l’efficienza della struttura delle imposte, riduca il carico fiscale e contrasti l’evasione, che semplifichi gli adempimenti e crei un rapporto di fiducia fra Stato e contribuente".
Invoca più volte il cambio di passo, un'inversione di rotta per un Paese troppo a lungo fermo. Con una accelerazione che, a suo dire, passa anche da un "riforma presidenzialista", una delle "più potenti misure di sviluppo che possiamo immaginare". Nonché da una politica che rimetta al centro la famiglia. "Stiamo affrontando la glaciazione demografica - rimarca - per affrontare questo problema, penso che la sfida sia quella di un piano economico e culturale, imponente, per rilanciare la centralità della famiglia". Partendo "dal sostegno al lavoro femminile, agli incentivi a chi assume donne e neo mamme, con strumenti di conciliazione casa-lavoro e una tassazione che torni a tenere conto alla composizione del nucleo familiare".
). Lasciando il Palacongressi, dopo un faccia a faccia con Landini durato circa mezz'ora, viene omaggiata da un mazzo di rose bianche, pensiero che Fdi le tributa in una giornata complicata ma di cui lei, l'underdog che ha rovesciato i pronostici, si dichiara "soddisfatta".