L’alleanza con la Lega di Salvini nel 2018. L’elezione del segretario Christian Solinas al Senato, prima affermazione nazionale dopo i fasti degli anni ’80 e ‘90. L’elezione dello stesso Solinas a governatore nel 2019 con il centrodestra e il successo del Psd’Az in quell’occasione con quasi il 10% dei consensi (secondo partito della coalizione).

Storia passata, sembra quasi un ricordo lontano. Un discusso quinquennio alla guida della Regione, in una fase storica marcata dal dramma della pandemia, è costato il tracollo politico alla galassia sardista che aveva conosciuto dopo lungo tempo le luci della ribalta.

L’asse col Carroccio saltato nel nome di un nuovo candidato governatore voluto dagli altri alleati al posto dell’uscente Solinas, gli equilibri interni frantumatisi in seguito a un accumularsi di malumori e dissapori. Alle regionali di febbraio del 2024 il Partidu Sardu si è fermato al 5,4% eleggendo tre soli consiglieri e il sostituto di Solinas, Paolo Truzzu (Fdi), è stato sconfitto di misura dalla sfidante del Campo largo Alessandra Todde.

Un susseguirsi di eventi nefasti che ha aperto un aspro dibattito consumatosi in occasione del Congresso sardista di aprile, quando il presidente uscente Antonio Moro e il segretario Solinas sono stati riconfermati nelle rispettive cariche. Da lì in poi il fuggi fuggi di numerosi pezzi da novanta.

Tra maggio e settembre i consiglieri sardisti Gianni Chessa, ex assessore al Turismo della Giunta Solinas, Piero Maieli e Alfonso Marras lasciano il partito sposando Forza Italia e parlando di «crisi democratica» del Psd’Az, cancellato con un colpo di spugna dall’assemblea regionale. Ad agosto Quirico Sanna, ex assessore agli Enti locali, va via sbattendo la porta e parlando di un movimento «traditore più che difensore della nazione sarda».

Così il “partito grimaldello”, che aveva permesso al centrodestra di conquistare il governo della Regione appena cinque anni fa, è oggi relegato in una posizione marginalissima dello scacchiere politico sardo. Ne abbiamo parlato col presidente Antonio Moro.

Le vicende degli ultimi mesi hanno lasciato qualche ferita. C’è chi dice che siate finiti. Qual è oggi lo stato di salute del Psd’Az?

«Non siamo finiti, né feriti. Il Psd’Az è più vivo che mai, gode di ottima salute ed è pronto a rigenerarsi e ripartire più forte di prima dando battaglia».

I più maligni si domandano come farete a trovare ancora un consenso diffuso senza il supporto di un grande partito

«La nostra forza non sono mai stati i nostri alleati. Semmai siamo stati noi guida per gli altri, trasmettendo i nostri valori alle coalizioni di cui abbiamo fatto parte permettendo così che si affermassero incontrando l’interesse dell’elettorato sardo».

Nell'ultimo congresso lei e Solinas siete stati riconfermati nelle vostre cariche. Non sarebbe stato strategicamente più efficace passare il testimone e rinnovare i vertici per rilanciare il partito?

«Il rinnovo dei vertici del partito è sempre un'eventualità auspicabile, purché si faccia su un programma, su un progetto, su idee che si affermano attraverso il confronto tra i sardisti e che ottengono la maggioranza in un congresso. Ma non si può pensare di rinnovare i vertici del partito per imposizione o ricatto. Personalmente avrei evitato il secondo mandato da presidente, ma nell’ultimo congresso era in atto un'opa ostile ed esterna al partito e gli accadimenti dei mesi successivi all’assise sardista lo hanno plasticamente confermato».

Non la pensavano così alcuni suoi colleghi. Sanna e Chessa hanno lasciato parlando di “tradimento” e “crisi democratica”

«Non può parlare di tradimenti chi lascia il partito dopo avere avuto tutto dal partito. E tantomeno può parlare di tradimento e crisi di democrazia chi, nell’arco di pochi mesi, passa dal candidarsi alla presidenza del Psd’Az a diventare un peone di Forza Italia».

Che valutazione politica si sente di fare in merito a quegli addii?

«Il 35° congresso ha scelto di rimettere al centro il partito, la sua organizzazione, piuttosto che le esigenze personali degli eletti. A tutti i livelli: dal Consiglio regionale ai Consigli comunali. Questo forse ha comportato differenti valutazioni da parte di chi nella legislatura in cui eravamo al governo si sentiva a casa e, finito il governo, si è sentito in castigo perché impossibilitato e dare le risposte promesse ai propri amici-elettori».

Quali sono i rapporti con i vecchi alleati della Lega? Sembra essere finita fra incomprensioni e malumori

«L'alleanza strategica e politica tra la Lega e il Psd’Az del 2018 ha dimostrato di avere un filo conduttore. È l'alleanza tra il più grande partito federalista d'Italia, la Lega, e il più antico partito federalista d'Europa, il nostro. Sei anni fa ha consentito ai sardisti di uscire da una sorta di conventio ad excludendum dove i poli, di destra e sinistra, ci avevano relegato per oltre venti anni. L’alleanza con la Lega, invece, ci ha consentito di poter disegnare un programma e un progetto politico che si è concretizzato con il ritorno del Psd’Az in Parlamento, con la straordinaria affermazione elettorale del 2019 e con cinque anni di governo della Sardegna che il tempo, ne sono certo, saprà valorizzare in tutte le sue positive azioni».

Poi cos’è successo?

«L’esperienza del centrodestra-sardista è finita, non per incapacità politica del Psd’Az, ma per la scarsa lucidità di alcune forze politiche della coalizione che hanno pensato di sostituire la guida sardista con un'altra qualsiasi. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Il centrodestra in Sardegna, nei fatti, si è spappolato, nonostante le urne abbiano detto che il consenso è ancora nei partiti della coalizione del presidente Solinas».

L’impressione è che l’impopolarità di Solinas fosse un sentimento che la maggioranza uscente non poteva non considerare

«Le elezioni hanno detto che i partiti che hanno governato con Solinas hanno preso 40mila voti in più rispetto a quelli che ha preso chi è stato candidato presidente al posto di Solinas. Il malcontento nei confronti di Solinas non era degli elettori, ma di alcuni potentati del centrodestra che non avevano più spazio di manovra e hanno ordito i loro complotti. Al contempo Fdi ha pensato che fosse facile vincere in Sardegna eliminando Solinas, nel modo barbaro in cui è stato fatto con la congiura di palazzo Tirso».

Ma se nessuno voleva Solinas, il Psd’Az avrebbe potuto trovare una sintesi con le altre forze avanzando il nome di un candidato di riserva?

«Non si è posta la questione. Il principio era politico: il presidente uscente è stato ricandidato in tutte le regioni. Non è un caso che l'unica regione che il centrodestra ha perso è proprio la Sardegna, dove questo non è avvenuto».

Oggi qual è la collocazione del Psd’Az nello scenario politico isolano?

«Il partito sta vivendo una fase che ci restituirà una straordinaria forza. Da un lato paghiamo il fatto che i voti sardisti che hanno consentito l'elezione di tre consiglieri oggi siano rimasti senza rappresentanza in Regione, dall'altro abbiamo l'opportunità di lavorare sui nostri programmi, sulle nostre idee, sulla nostra organizzazione per costruire un'alternativa vera all'attuale maggioranza e anche all'attuale opposizione».

C'è stato un confronto con la Lega in questi mesi?

«In questi ultimi mesi non ci sono state occasioni di confronto con la Lega né con le altre forze politiche. Questo tempo preziosi è l’occasione per lavorare fuori dai riflettori, senza troppe attenzioni, per poter rappresentare la più bella sorpresa già dai prossimi appuntamenti elettorali».

Si è parlato di un vostro interesse per un eventuale alleanza fra Saiu e Soddu alle amministrative di Nuoro del 2025

«Come sempre accade nel Psd’Az, spetterà alla federazione di riferimento fare le opportune valutazioni su quali siano le opzioni politiche percorribili e il partito non mancherà di supportare le considerazioni che raccoglieranno il favore dei dirigenti e militanti nuoresi».

Qual è il suo giudizio sul lavoro svolto fino a qui dalla Giunta Todde?

«Le forze dell’attuale Campo Largo hanno fatto un'opposizione distruttiva e menzognera. Adesso pagano quelle denunce scandalistiche, quei toni ingiuriosi e quel millantare soluzioni pronte per tutti grandi problemi della Sardegna. Oggi che sono al governo dimostrano di non saper risolvere nessuno dei problemi che denunciavano dai banchi dell’opposizione. Vale per la sanità, per i trasporti, per l'agricoltura, per l'energia e per tutti i settori vitali della Sardegna che oggi, alla prova dei fatti, sono amministrati con improvvisazione, pressapochismo e a tratti, su alcuni temi cruciali, con qualcosa che ha un retrogusto amaro di commistione e affarismo».