“Mi rivolgo agli amici del Movimento: io ci sono e ci sarò”, “auspico un governo politico, solido e coeso per operare scelte politiche”. Le dichiarazioni di ieri del premier dimissionario, Giuseppe Conte, hanno di fatto segnato l’apertura verso un governo guidato da Mario Draghi.

Il professore può convincere gli scettici del Movimento 5 stelle. Dalla sua parte, dopo i no, chiari e netti (per ora), di Crimi, Grillo e Di Battista, ha Luigi Di Maio che ieri ha rotto il suo silenzio e ha lanciato l'appello verso l'apertura: "Abbiamo il dovere di ascoltare Draghi” perché "è proprio in queste precise circostanze che una forza politica si mostra matura agli occhi del Paese".

Secondo l’Adnkronos, queste parole sembrerebbero frutto del cambio di strategia repentino di Grillo: dopo aver detto martedì scorso agli ormai ex ministri che lo avevano sentito, 'mai con Draghi, avanti con Conte', ieri il fondatore ha capito che il Movimento era in un vicolo cieco, assistendo, da lontano, a un'assemblea congiunta trasformata in uno sfogatoio. E così il garante ha deciso di cambiare gioco anche per "rispetto del Colle". Ha chiamato tutti - da Raggi ad Appendino ai volti storici del Movimento -, definendo "una grande opportunità" - riportano diverse voci - quella di tornare al governo, anche se a guidarlo non ci sarà più Giuseppe Conte ma l'ex numero uno della Bce. Ma la condizione sine qua non è che quello di Draghi sia un esecutivo politico, con il M5S che ne indossa qualche maglia. Da qui le chiamate a Giuseppe Conte, ragionando con lui su quel ruolo di 'federatore' della coalizione che dovrà guidare la sfida al centrodestra alla prossima tornata elettorale. Da qui, il 'predellino' del premier uscente, con tanto di tavolino di cristallo in piazza Colonna.