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Anche gli attivisti di ProgReS-Progetu Repùblica hanno voluto esprimere il loro pensiero sull’attuale situazione di emergenza legata alla diffusione del Coronavirus.
Gli attivisti, si legge in una nota, ritengono “Che gli errori gestionali del Governo italiano abbiano in una prima fase permesso il dilagare dell’epidemia nonostante l’inizio della stessa nel Lombardo-Veneto sia avvenuto a circa due mesi dall’esplosione della Covid19 in Cina. In un momento in cui il vantaggio geografico dato dalla condizione di insularità si sarebbe potuto sfruttare come argine al contagio questo non è avvenuto: Il rimpallo istituzionale tra la Presidenza della Ras e il governo italiano sulle limitazioni degli spostamenti verso la Sardegna si è concluso solo quando oramai erano arrivate nell’isola circa tredicimila persone e solo in un secondo momento i trasporti verso l’isola sono stati bloccati “precauzionalmente”.
“In questo contesto emergenziale – aggiungono – si sono rese più evidenti le carenze del Servizio Sanitario sardo che negli ultimi anni ha subito diversi “piani di riordino” della rete ospedaliera pubblica”.
Secondo il loro punto di vista è “Il momento di iniziare a gestire localmente la crisi e non delegare più al Governo italiano l’esclusività della gestione delle incombenze. Da questo punto di vista riteniamo controproducente sia per l’economia che per la vita sociale dei Sardi un allineamento dei provvedimenti a quelle che sono le regioni italiane più colpite dalla pandemia e riteniamo ancor più incomprensibili ii decreti della Presidenza della Regione che in certi settori sono addirittura più restrittivi rispetto a quelli della Presidenza del Consiglio italiana”.
Tra le proposte messe in campo da ProgRes, la proroga
Proposte per il contenimento della crisi socio-sanitaria, la Proroga temporanea della chiusura dei tre aeroporti sardi e l’attivazione di una zona di quarantena per le persone che devono necessariamente prendere gli aerei, l’installazione di archi disinfettanti per la ricezione di merce per via aerea, l’aumento dei test per individuari possibili focolai, l’acquisto di tamponi e reagenti per testare il maggior numero possibile dei residenti, specie il personale sanitario e gli operatori delle residenze per anziani
Inoltre, a loro modo di vedere, è necessario l’acquisto e la consegna dei dispositivi di protezione individuale al personale sanitario
“Vista la condizione di insularità – rimarcano gli attivisti –, l’attuale blocco degli spostamenti verso l’isola, le misure restrittive per chi rientrerà ed è rientrato nelle scorse settimane, l’andamento dei contagi e lo stabilizzarsi delle forniture nei presidi ospedalieri sardi riteniamo che sia opportuno al più presto riaprire le attività produttive che hanno le caratteristiche idonee a mantenere in un primo momento un basso potenziale di assembramento delle persone. Si dovrebbe ricominciare a permettere la circolazione tra “paesi sanificati” in maniera tale da creare delle aree “bonificate” in cui la vita normale e le attività possano riprendere a pieno ritmo riattivando il tessuto economico dei territori per poi ricomporre un puzzle che alla fine del processo avrà rimesso in rete tutta la nostra isola”.
“Come tutte le crisi – concludono – anche questa deve costituire un’occasione di opportunità e di rilancio sociale ed economico: siamo consapevoli che probabilmente nei prossimi mesi il blocco della circolazione delle persone, da e verso l’isola, sarà prolungato. In questo contesto dovremmo far fronte ad alcune esigenze e ripensare alla valorizzazione del mercato interno, non in chiave autarchica ma di miglioramento dell’offerta, in maniera tale da rinsaldare tra i cittadini di Sardegna il senso di comunità e cooperazione ed essere pronti a rilanciarci nel sistema di relazioni e di scambi quando, a livello globale, saremo pronti a riaprirci totalmente alla fine dell’emergenza”.