“Noi ci riteniamo i vincitori di queste elezioni”. Non nutre alcun dubbio quando parla del suo partito Antonello Peru, candidato consigliere regionale per la lista di centrodestra Sardegna al Centro 20Venti, dopo aver ottenuto il suo quarto mandato consecutivo. A distanza di quasi un mese dall’inizio degli spogli sono stati infatti resi ufficialmente noti i nomi dei 60 candidati che comporranno la diciassettesima legislatura del Consiglio Regionale della Sardegna.

Nonostante il tonfo della colazione guidata da Paolo Truzzu, per il 59enne politico di Sorso è arrivata l’ennesima conferma: la prima volta fu nel 2009, poi nel 2014 quando ricoprì anche la carica di vice presidente del Consiglio Regionale, e ancora nel 2019 quando risultò addirittura il più votato di tutta la massima assemblea sarda. In quella stessa legislatura, Peru è stato chiamato a far parte della VI Commissione consiliare Sanità e della Commissione Speciale per il riconoscimento del principio di Insularità. 

Oggi una nuova sfida, figlia di un progetto – Sardegna al Centro 20Venti – da lui stesso ideato insieme al collega Stefano Tunis. Un progetto “interamente sardo” sul quale Peru ha deciso di scommettere, vincendo: 5.393 i voti racimolati dal candidato nella circoscrizione di Sassari (secondo per consensi in tutta la coalizione a livello regionale), circa 40mila quelli di lista in tutta l’Isola. Nell'intervista rilasciata ai microfoni di Sardegna Live, Antonello Peru ha fornito la sua visione sullo stato attuale del centrodestra, illustrando la sua idea di politica.

Commentando a caldo l’ufficialità della sua nomina a consigliere regionale ha definito questa elezione come la “più bella ed emozionante di tutte”. Ci spiega il perché?

Intanto perché prima ero inserito in una lista in cui ero candidato e costretto a cercare il consenso personale. Oggi ho creato una forza politica tutta sarda, che fonda le sue prerogative su inclusione, partecipazione e coinvolgimento della gente. In questa campagna elettorale non mi sono concentrato sul consenso personale anche se ero candidato, e non volevo neanche candidarmi. L’obiettivo è quello di portare questo progetto politico a essere la casa dei sardi, ecco perché la più bella. Nel momento in cui tu fondi una forza politica e raggiungi quasi 40mila preferenze, superando partiti come Psd’Az e Lega, è un qualcosa di grossissimo. Noi ci riteniamo i vincitori di queste elezioni. Il nostro non era un cartello elettorale, è una forza politica vera e propria, strutturata, che è diventata un catalizzatore. Ci crediamo veramente; dal giorno dopo sono in giro per i territori, dobbiamo avere riferimenti in tutti i 377 Comuni della Sardegna. E’ un qualcosa che i cittadini devono sentire propria, deve essere una fede. Bisogna coinvolgere il popolo dall’inizio del progetto fino alla realizzazione di esso, non ci si può limitare a bussare alla porta ogni cinque anni. Sono diventati tutti battitori liberi: non c’è una disciplina partitica, un luogo dove ci si confronta. E’ normale che la gente non vada più a votare. Questo è il messaggio forte che è passato soprattutto in quel 50% di persone che si è astenuto.

La sua lunga esperienza politica in Consiglio regionale è culminata nell’elezione come consigliere maggiormente votato nel 2019. Ma a conti fatti è stato un quinquennio complicato, e i risultati del governo Solinas non sono stati quelli inizialmente attesi. In che cosa, lei, non si riconosce?

Personalmente, anche con questa forza politica ho sempre evidenziato e richiamato ciò che non andava: non c’era un progetto organico, una visione generale della Sardegna, si andava a macchia di leopardo. La recente sconfitta non è attribuibile a Truzzu, ma bensì ai 104mila voti che sono stati persi fra Forza Italia, Lega e Psd’Az. La sconfitta è dei cinque anni, perché il popolo sardo non si è sentito difeso, non c’è stata un’idea. Fra le poche cose fatte la riforma degli enti e la Città metropolitana di Sassari, proposte dal sottoscritto. L’idea di Sardegna era quella di agire con un’azione anti-spopolamento sulle zone interne, sulla mobilità sostenibile, sulla riqualificazione dei centri storici, sull’animazione di quelle stesse zone interne per non creare la “ciambella”. Il tema dei Trasporti e quello della Sanità è monco, quest’ultimo in particolare: una parte della riforma è stata giusta, perché hai avvicinato l’assistenza ai territori, ma poi non hai creato le reti ospedaliere. C’è stata una conduzione dell’azione a compartimenti stagni, e questa è grande responsabilità del presidente uscente, che non è riuscito a guidare come un timoniere e a tracciare una rotta. Questa è la verità. I sardi ci hanno punito per questo motivo.

A dimostrazione del malcontento dell’elettorato di centrodestra il deludente risultato alle elezioni del 25 febbraio. Qualche mese fa aveva lanciato una provocazione: pensa che con lei come volto principale della coalizione l’esito sarebbe stato differente?

E’ vero, ho un po’ provocato perché mi è stato chiesto. Tenendo conto che Soru era in campo e che quindi ha sottratto consensi al centrosinistra, sono convinto che il risultato sarebbe stato differente. A perdere i voti sono stati i partiti di cui ho parlato prima. Quindi, senz’altro c’era la possibilità di ribaltare l’esito, però doveva andare così. La vittoria sarebbe stata immeritata, perché, ribadisco, senza Soru la sconfitta sarebbe stata sonora. 

Ma veniamo al suo progetto politico: Sardegna al Centro 20Venti. La vittoria alle elezioni di Alessandra Todde cambia visioni e prospettive verso le quali vi eravate proiettati. In questo nuovo scenario, come intendente rimodulare la vostra strategia?

Intanto abbiamo due progetti: uno territoriale, di inclusione e coinvolgimento; l’altro si focalizzerà sulle aule assembleari. Il nostro è un progetto politico tutto improntato sulle sovranità. La Sardegna non deve essere più dipendente da Roma, col guinzaglio corto, come è stata sino ad oggi sotto tutti i punti di vista. Noi importiamo due terzi del cibo che produciamo, qui vengono a investire per poi vendere l’energia a noi, ma non è più possibile che la Sardegna possa essere dipendente a tutti gli effetti. Sì, siamo in un contesto nazionale, ma siccome siamo insulari – e non è una pena, ma un valore – non possiamo essere sempre assistiti. Siamo “estratti” su tutto: abbiamo iniziato dalle miniere e proseguiamo oggi con l’energia e coi prodotti alimentari. Il limite grosso è soltanto uno, non abbiamo gli strumenti infrastrutturali a differenza di altre regioni, quindi non siamo competitivi. E’ come fare una gara di 100 metri con la palla al piede. Ci manca ancora la dorsale del metano, non abbiamo le infrastrutture primarie, quelle dei Trasporti, siamo servitù militare e dobbiamo sempre bussare alla porta dell’Europa. Perché un prodotto che si produce in Sardegna deve valere sempre meno rispetto a quelli delle altre regioni? Questo noi difendiamo, e andremo a dirlo territorio per territorio.

Nella sua circoscrizione (Sassari) i risultati personali (5.393 voti) e di lista sono stati eccellenti. Di quale missione la investe questa forte e rinnovata conferma?

Di continuare a portare il mio pensiero alla gente, a dire che la politica è la vita, che in democrazia la sovranità è del popolo. Questo è stato capito molto di più nella provincia di Sassari perché è da tanto che lavoro con questa prerogativa, e ho strutturato 30 territori su 66 all’interno di essa. Cercheremo di farlo anche nelle altre province, dove il messaggio è arrivato in ritardo perché la nostra è una forza partita tre-quattro anni fa. Dovremo lanciare un messaggio forte come fatto a Sassari, dove siamo secondi in città e anche nella provincia, infatti stiamo iniziando a lavorare sulle comunali, perché dobbiamo entrare nelle istituzioni.

Proprio Sassari, insieme a Cagliari, è risultata decisiva per il successo del campo largo alle regionali. In virtù di ciò, il bis alle amministrative nei due centri più importanti è già apparecchiato? 

Non penso che il dato regionale possa influenzare le comunali, perché i cittadini sono abbastanza intelligenti. Con lo stesso entusiasmo lavoreremo nelle grandi città, io in particolare su Sassari. Stiamo iniziando a creare uno scenario nuovo, tutto civico, con un nuovo candidato sindaco. L’amministrazione comunale uscente ha lavorato lasciando in eredità grandi progetti e risorse, anche se il cittadino tante volte legge l’azione in modo diverso.

“Ho attraversato l’inferno”. Così ha commentato l’assoluzione in appello a seguito delle vicende giudiziarie che l’hanno coinvolta e cha hanno scatenato gravi contrasti interni che ancora oggi lasciano strascichi. Che cicatrici le sono rimaste da questa esperienza?

Io ho avuto il primo procedimento penale nel 2012, col processo Alzheimer, conclusosi anch'esso in maniera positiva. Dopo di che sono nati altri due procedimenti, quindi tre in tutto, dai quali sono stato assolto. Certo che tutto questo lascia degli strascichi, sono stato anche in galera. Ma io penso che niente arrivi per caso nella vita: evidentemente doveva succedere. Quelle vicende, più che me hanno segnato la mia famiglia e i miei amici. E’ stato interrotto un percorso, sono stato sospeso per 18 mesi in questa ultima legislatura. Sospendere un eletto significa interdirne le funzioni. Nessuno mi restituisce questo: non parlo della libertà, la vivo in maniera serena oggi così come quando ero dietro le sbarre, ma delle mie funzioni. Quella è la cicatrice più grande. Alla fine la magistratura si è rivelata giusta, perché nel momento in cui ha approfondito le carte ha capito che io non avevo commesso quei reati, ma ha lasciato degli strascichi all’interno delle famiglie. Per mia madre è stato uno choc: ogni volta che esco ha  paura che mi succeda qualcosa. A me personalmente queste vicende mi hanno strutturato, forgiato. Non ho nessun timore a dire che benedico anche quelle situazioni, perché non so cosa sarebbe successo se non fosse capitato tutto ciò. Le ho vissute in maniera serena, ma alla fine questi errori li paga qualcuno, e a pagarli sono stati soprattutto i cittadini.

La sua è una storia consolidata, il suo un nome forte nella politica isolana. Dove crede di poter arrivare Antonello Peru?

Come ho spiegato in campagna elettorale, i coordinamenti hanno deciso se io dovessi essere candidato o no, perché non si tratta mai di una decisione personale. Nel momento in cui ho accolto la candidatura ho precisato che non avrei mai accettato, in caso di vittoria, nessun ruolo aggiuntivo, se non quello di fare il legislatore. Né assessore, né presidente del consiglio. Niente. Dal giorno dopo avrei iniziato a lavorare nei territori, perché il mio obiettivo è quello di portare Sardegna al Centro 20Venti a essere maggioranza nel territorio isolano e non avere necessità di allearci con nessuno.