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Dopo un districato percorso a tappe, soltanto al termine del quale sono stati sciolti i dubbi sull’esito finale, il sindaco di Sant’Antioco Ignazio Locci è stato eletto, lo scorso 24 marzo, presidente del Consiglio delle Autonomie Locali della Sardegna. Tre differenti chiamate al voto, prima che venisse decretato il massimo rappresentante del neoeletto organismo tramite il raggiungimento del quorum. Alla fine, Locci ha ottenuto al ballottaggio 17 preferenze su 33, spuntandola di poco sul sindaco di Quartu Graziano Milia, 15 i voti a suo favore (oltre a una scheda bianca).
La frammentarietà del voto, figlia di una quasi equa divisione delle preferenze in aula, si è poi tradotta nel dibattito politico. La polemica interna al Campo largo – qualcuno ha parlato di “franchi tiratori” – è stata prontamente messa in discussione dallo schieramento di centrodestra: Locci, chiariscono i sostenitori del primo cittadino, ha vinto perché supportato compattamente dal suo gruppo; pertanto, numeri alla mano, non vi sarebbero potuti essere risultati differenti.
Ignazio Locci, da parte sua, ha commentato l’elezione accogliendo “con entusiasmo e umiltà l’incarico che mi è stato democraticamente conferito”, promettendo “serietà e impegno”. Noi, a qualche giorno di distanza dalle votazioni, lo abbiamo contattato per un bilancio post-elettorale, una riflessione sull’attuale clima politico, e un piccolo approfondimento su temi e progetti che saranno al centro del suo nuovo impegno istituzionale.
A dispetto dei rumors, a imporsi nel testa a testa per la presidenza del Cal è stato lei, in una sfida serratissima al termine della quale non sono mancate le polemiche. Lo stesso Milia lo ha definito “un fatto politico e di parte”, cosa ne pensa?
«Come sempre avviene, c’è stata una base di discussione partita dalla tradizionale divisione degli schieramenti. Alla fine, i 35 eletti nel Cal rispecchiano plasticamente quell’appartenenza, quindi è anche naturale. Ciò non toglie che abbiamo fatto 4 riunioni nell’arco della mattinata con l’obiettivo di trovare una soluzione comune più ampia possibile, che potesse dare l’opportunità a un candidato che fosse condiviso da tutti o quasi. Non essendosi concretizzata questa prospettiva, a fronte del fatto che noi eravamo in maggioranza, l’esito è stato consequenziale. Franchi tiratori? Una versione che non sta né in cielo né in terra, semmai sarebbe stato vero il contrario, ovvero che avrebbe potuto esserci il rischio di qualche franco tiratore nel centrodestra. Le cose sono andate come dovevano andare.»
Questa spaccatura simboleggia un po’ il clima attuale nella politica regionale e nazionale. Non pensa che sia preoccupante? O la vede piuttosto come una normale dinamica democratica, in linea con il naturale confronto fra diverse sensibilità politiche?
«È sicuramente una normale dinamica. Tutti quanti noi siamo amministratori locali; nei sindaci prevale sempre l’appartenenza all’istituzione comunale, rispetto a qualsiasi cosa. Come in tutte le discussioni possono esserci dei distinguo, ma ciò che conta è che in questi organismi si lavora per la sintesi. Sono certo che se avessero prevalso altri sindaci avrebbero avuto i miei stessi obiettivi: ci concentriamo per fare gli interessi degli enti locali, e su quelli non esistono bandierine da sventolare. Il tema della finanza locale, per esempio, è unanimemente condiviso dai sindaci. Tutto il mondo dell’associazionismo condivide il percorso intrapreso sulla centralità dei comuni e delle politiche, e opereremo in questa direzione.»
Che eredità raccoglie dai suoi predecessori? Quali le principali criticità su cui lavorare?
«I miei predecessori hanno correttamente operato nel raccordo tra il Consiglio regionale e le Autonomie locali. Chiaramente noi dobbiamo confermare questo percorso: non siamo un contraltare al governo regionale, bensì uno degli anelli di congiunzione delle politiche e dei rapporti istituzionali. Sarà dunque improntato alla collaborazione, come è sempre stato. Inoltre rappresenta un ambito in cui i sindaci del Cal vorranno fare proposte su temi di competenza: finanza locale, programmazione e pianificazione territoriale. Ci sono partite che necessitano di un nuovo modello di proposta, temi che ci vedono protagonisti quotidianamente. Per questo ci faremo promotori di idee e decisioni che siano in linea con le esigenze dei Comuni.»
Einstein Telescope. Cosa può dare in termini di prospettive e opportunità alla nostra Isola?
«Questa è un’occasione che non possiamo assolutamente mancare. È una rivoluzione: significa mettere la Sardegna al centro della ricerca più avanzata, diventare un luogo di accoglienza di tutte le più grandi esperienze mondiali nel campo del progresso scientifico. Da questo progetto non può che nascere un circuito virtuoso. La candidatura di Sos Enattos è la candidatura dell’Italia, ci deve rendere orgogliosi e responsabili, perché non dobbiamo mancare questo obiettivo. Occorre preparare i territori, non solo le zone di impatto diretto ma tutta la Sardegna. Credo che, per chi opera nel mondo della ricerca, la nostra Isola venga vista in maniera differente. Come spiegare a un ricercatore di Berlino la differenza fra Nuoro e Cagliari? Loro guardano al nostro territorio con una visione più ampia della nostra, quindi, chiaramente, dovremo prepararci adeguatamente.»
Fra i principali progetti l’idea di un testo unico degli enti locali sardi, di cosa si tratta?
«Nasce dall’esigenza di fare ordine fra il coacervo di norme che riguardano gli Enti locali. Ci serve da una parte per sottolineare l’autonomia in materia della Regione Sardegna, dall’altra per costruire un codice che sia il più semplice e intuitivo per gli amministratori. Oggi ci troviamo a doverci confrontare col Testo unico degli Enti locali, quello nazionale, con tutta una serie di norme che regolano la nostra specificità in questa materia, che molto spesso non fa che creare dei paradossi rispetto alle esigenze di autonomia. Pertanto dobbiamo costruire un raccordo tra le norme che garantisca una maggiore facilità di lettura delle regole.»
Fondamentale sarà una proficua collaborazione col governo regionale. In virtù di quanto appena discusso, pensa che le diverse vedute politiche potrebbero intaccare la sinergia istituzionale?
«Penso proprio di no. Non c’è una possibilità in quest’ottica. La stessa presidente Todde, o chi come lei al governo di una Regione, ha sempre come obiettivo quello di far regnare l’equilibrio fra tutti i soggetti istituzionali in campo. Sicuramente dovrà essere un dibattito aperto, potrà anche essere duro, ma comunque sempre orientato a trovare delle soluzioni che mettano tutti d’accorso. Non può che essere così in un rapporto istituzionale.»

