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"Paragone deve essere buttato fuori perchè è uno strano Savonarola, uno strano predicatore che ci costringe a guardarci allo specchio. Bene, questo Paragone si appellerà all'ingiustizia arbitraria dei probiviri del nulla, guidati da qualcun altro che è il nulla, e si arroga il diritto di espellermi. Ma io farò ricorso e se mi gira mi rivolgerò anche alla giustizia ordinaria per far capire l'arbitrarietà delle regole". Così Gianluigi Paragone, in un video su Facebook, all'indomani della sua espulsione dal Movimento.
"Gianluigi è infinitamente più grillino di tanti che si professano tali. Non c'è mai stata una volta che non fossi d'accordo con lui. Vi esorto a leggere quel che dice e a trovare differenze con quel che dicevo io nell'ultima campagna elettorale che ho fatto. Quella da non candidato, quella del 33%. Buon anno a tutti amici miei". Lo scrive Alessandro Di Battista che prende così le difese del senatore espulso ieri dal MoVimento. Lo fa però non dai suoi profili social, ma commentando un post di un'attivista M5S.
"Ringrazio Alessandro Di Battista per le belle parole che usato per me, in mia difesa. Ale rappresenta quell'idea di azione e di intransigenza che mi hanno portato a conoscere il Movimento: stop allo strapotere finanziario, stop con l'Europa di Bruxelles, stop con il sistema delle porte girevoli, lotta a difesa dei veri deboli, stop alle liberalizzazioni che accomunano Lega e Pd. Io quel programma lo difendo perché con quel programma sono stato eletto. Ale lo sa". Lo scrive su Facebook Gianluigi Paragone, espulso ieri dal MoVimento, in risposta alla 'difesa' giunta sempre via social da Di Battista.
"Sono stato espulso dal nulla. C'era una volta il 33%....ora..". Lo scrive il senatore Gianluigi Paragone sulla carta intestata del Senato, in un messaggio scritto a penna. La foto è stata pubblicata su Facebook.
Cinque giorni per rasserenare animi e leader, prima del vertice del 7 gennaio: per Giuseppe Conte l'inizio del 2020 è in salita e ha, come primo appuntamento caldo, la riunione del post-Epifania sulla prescrizione. Pd e M5S restano lontani e l'entrata in vigore della riforma Bonafede, celebrata oggi dallo stesso Guardasigilli e da Luigi Di Maio, non raffredda il clima. Anche perché, dopo l'addio di Lorenzo Fioramonti e le voci insistenti di un nuovo gruppo ecologista-contiano alla Camera, il capo politico del Movimento è passato al contrattacco: in serata i probiviri notificano al senatore Gianluigi Paragone la sua espulsione dai Cinque Stelle. La cacciata di Paragone era nell'aria. Da tempo il senatore ex M5S non risparmia critiche ai vertici e ai colleghi e sulla legge di bilancio ha votato contro. Ma l'espulsione di Paragone è anche un avvertimento per gli altri dissidenti: i vertici sono passati al contrattacco e, come già era accaduto nei mesi scorsi, non hanno alcuna remora a lasciare su malpancisti e fuoriusciti la responsabilità della tenuta della maggioranza. "Qualcuno va al Misto dicendo che c'è un problema di verticismo, ma sono gli stessi che venivano a chiedermi una carica", è la stoccata di Di Maio a Fioramonti, che non viene neanche citato. E la scure dei vertici potrebbe abbattersi, con sanzioni disciplinari, anche sui ritardatari nei rimborsi. Pratica che Di Maio difende: "Non è vero che solo il 12%" dei parlamentari del M5S è in regola", sottolinea il ministro in una lunga diretta video su Fb. Chissà se la controffensiva dei vertici, e la contrarietà di Conte stesso, non freni il progetto di nuovo gruppo - il nome che gira nei rumors di palazzo è "Eco" - che Fioramonti ha in mente. Con lui ci sarebbe un drappello di deputati M5S e qualche ex del Movimento. Ma per avere un gruppo servono 20 deputati. Possibile quindi che si componga, almeno inizialmente, una componente nel Misto. Di Maio, nel frattempo, tira dritto. Annuncia che presto verranno nominati i facilitatori regionali e punta sugli Stati generali di marzo, che nei piani del leader dovrebbe registrare una sorta di nuovo inizio del M5S. "Nel 2020 saremo determinanti e per esserlo dobbiamo essere più strutturati e compatti", afferma rivendicando i "40 provvedimenti approvati grazie al M5S". Tra questi, chiaramente, c'è la riforma della prescrizione. "Ora ci sarà la riforma del processo penale e civile per garantire una drastica riduzione dei tempi dei processi: sono obiettivi importanti per i quali ci metteremo subito al lavoro", assicura Bonafede tendendo una mano al Pd. Ma i Dem restano in subbuglio, stretti tra il pressing di Renzi da un lato e le necessità di non strappare su un tema spigoloso e dall'impatto elettorale imprevedibile. Toccherà a Conte fare da mediatore. Anche se il premier, dalla conferenza di fine anno in poi, ha ampliato i suoi spazi di manovra proponendosi come attore centrale della politica e come vera e propria antitesi a Matteo Salvini. Certo sulla sua collocazione partitica restano non poche incognite: Conte si rispecchia in una prospettiva di centro-sinistra cercando di dare questa impronta al suo stesso governo ma è ancora restio non solo a fare un suo partito ma anche gruppi in suo nome, a suo parere destabilizzanti. Destabilizzante rischia di essere anche il referendum che il 12 gennaio potrebbe essere di fatto ufficializzato dando il là alla tentazione del voto subito, senza il taglio dei parlamentari. E, non a caso, Di Maio già attacca: "chi non sarà eletto non vuole il taglio dei parlamentari perché non sarebbe eletto. Di questo referendum non c'era bisogno ma prepariamoci".