E’ stata la figura più discussa e al centro del dibattito politico nazionale degli ultimi giorni. Adesso, il professor Paolo Savona, rompe il silenzio.

L’economista cagliaritano era stato individuato da Matteo Salvini e Luigi Di Maio per ricoprire il ruolo di ministro del Tesoro nel governo che i leader di Lega e M5s hanno tentato di formare dopo un lavoro durato diverse settimane. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, però, ha posto il veto proprio su Savona chiedendo che per il ministero dell’Economia venisse individuato “Un esponente che non sia visto come sostenitore di una linea, più volte manifestata (da Savona, ndr), che potrebbe provocare, probabilmente, o, addirittura, inevitabilmente, la fuoruscita dell’Italia dall’euro”.

Il premier incaricato Giuseppe Conte, dopo le frizioni maturate in merito al nome dell’economista sardo, ha rimesso l’incarico nelle mani di Mattarella determinando, così, la fine prematura del cosiddetto “governo del cambiamento”. E' lo stesso Savona, in una lettera aperta, a commentare la vicenda.

Ho subito un grave torto dalla massima istituzione del Paese – scrive il professore – sulla base di un paradossale processo alle intenzioni di voler uscire dall’euro e non a quelle che professo e che ho ripetuto nel mio Comunicato criticato dalla maggior parte dei media senza neanche illustrarne i contenuti”.

L’accademico analizza la reazione dell’opinione pubblica alla vicenda constatando come attestati di solidarietà siano arrivati dai giornalisti Jean Paul Fitoussi sul Mattino di Napoli e Wolfgang Münchau sul Financial Times.

“Il primo – spiega – afferma correttamente che non avrei mai messo in discussione l’euro, ma avrei chiesto all’Unione Europea di dare risposte alle esigenze di cambiamento che provengono dall’interno di tutti i paesi-membrii; aggiungo che ciò si sarebbe dovuto svolgere secondo la strategia di negoziazione suggerita dalla teoria dei giochi che raccomanda di non rivelare i limiti dell’azione, perché altrimenti si è già sconfitti, un concetto da me ripetutamente espresso pubblicamente. Nell’epoca dei like o don’t like anche la Presidenza della Repubblica segue questa moda".

Münchau, invece, “Nel suo commento analizza come deve essere l’euro per non subire la dominanza mondiale del dollaro, affermando che la moneta europea è stata mal costruita per colpa della miopia dei tedeschi”.

“La Germania – prosegue Savona rifacendosi a Münchau – impedisce che l’euro divenga come il dollaro “una parte essenziale della politica estera”. Purtroppo, egli aggiunge, il dollaro ha perso questa caratteristica, l’euro non è in condizione di rimpiazzarlo o, quanto meno, svolgere un ruolo parallelo, e di conseguenza siamo nel caos delle relazioni economiche internazionali; queste volgono verso il protezionismo nazionalistico, non certo foriero di stabilità politica, sociale ed economica".

"È il tema che con Paolo Panerai ho toccato nel pamphlet recentemente pubblicato su Carli e il Trattato di Maastricht, dove emerge la lucida grandezza di Paolo Baffi. L’Italia registra fenomeni di povertà, minore reddito e maggiori disuguaglianze. Il 28 e 29 giugno si terrà un incontro importante tra Capi di Stato a Bruxelles: chi rappresenterà le istanze del popolo italiano? Non potrà andarci Mattarella, né può farlo Cottarelli".

“Se non avesse avuto veti inaccettabili, perché infondati, il Governo Conte avrebbe potuto contare sul sostegno di Macron, così incanalando le reazioni scomposte che provengono dall’interno di tutti i paesi-membri europei verso decisioni che aiutino l’Italia a uscire dalla china verso cui è stata spinta”.

“Si tratta di decidere – conclude –  se gli europeisti sono quelli che stanno creando le condizioni per la fine dell’UE o chi, come me, ne chiede la riforma per salvare gli obiettivi che si era prefissa”.