Con le elezioni politiche alle porte, ha preso il via il carosello della campagna elettorale. Gli apparati di partito sono già impegnati nei duelli tra i puff dei salotti tv e i santini che dalle piazze d’Italia si sono trasferiti sui social ammiccando sicuri alla grande platea del web che tra un post e l’altro vede scorrere volti noti e meno noti, loghi e simboli, slogan e promesse.

In un simile contesto, anche la Sardegna giocherà la sua partita nello scacchiere nazionale con il suo bacino di 1,5 milioni di aventi diritto al voto, meno del 3% del totale del Paese.

A prendere la scena nell’Isola, fra gli altri, un fenomeno singolare che viaggia sotto il nome di Progetto Autodeterminatzione. Una realtà di recente formazione, figlia della convergenza sotto un unico tetto di otto partiti e movimenti dell’area indipendentista e sovranista isolana. Comunidades, Gentes, Irs, Liberu, Rossomori, Sardegna Possibile, Sardigna Natzione e Sardos. Portavoce del movimento è il giornalista Anthony Muroni, leader di Sardos e direttore de L’Unione Sarda dal 2013 al 2016.

La nuova formazione intende inserirsi di punta nell’agone politico sardo sollecitando il sentimento stanco dell’elettorato ad una riflessione profonda. “Un progetto di rottura – così è stato definito dai suoi promotori – con chi finora ha occupato le istituzioni. Una sfida culturale che avrà lunga durata e l’obiettivo di rendere la Sardegna indipendente, soprattutto dal punto di vista culturale. Al centro del nostro programma imprenditoria, riforma della Regione, decentramento a favore di sindaci e comuni, urbanistica, mobilità, rete ospedaliera, servitù militari, parità linguistica, istruzione, università e ricerca, accoglienza, diritti di genere e orientamento sessuale, questione delle entrate, trasparenza e onestà”.

 

Perché Progetto Autodeterminatzione può funzionare?

L’UNIONE

Il fatto che otto movimenti indipendentisti sardi abbiano serrato i ranghi per fare sistema è un evento epocale per la Sardegna stessa. La frammentazione, il mosaico di realtà, l’assoluta mancanza di sinergia fra movimenti dalle radici comuni che ha generato nei decenni un puzzle di partiti e “tribù” e il conseguente naufragio politico del grande sogno indipendentista. Ecco la grande colpa imputata a chi ha portato avanti e preteso di tenerne alta la causa in Sardegna. Le sensibilità più sincere e appassionate del popolo indipendentista, ormai da tanto e amaramente, invocavano una nuova strategia. Il passaggio dalle utopiche e fumose visioni senza approdi di una lunga e improduttiva stagione alla visione, più realistica, di un percorso politico concreto e adulto. Questo nella prospettiva di un risultato comune che mettesse insieme le espressioni più fini del movimento sardista. Progetto Autodeterminatzione ci ha provato e fino ad ora, almeno in parte e salvo sorprese, sembra riuscire a farsi carico della costruzione di questo soggetto politico.

 

L’APPEAL

L’indipendentismo, un tempo duro, ribellista, respinto, è oggi una pagina dal forte appeal dettata al mondo intero dalla sorprendente Catalogna e dalla sua splendida Barcellona. Per ultime, e in maniera significativa, sono state loro teatro della battaglia autodeterministica delle cosiddette Nazioni senza Stato.

Barcellona è Barcellona, e questo basta. Le sue architetture, il suo poliedro culturale, urbano e sociale la rendono una delle città più affascinanti al mondo. Polo d’eccellenza internazionale dalla finanza alla gastronomia, dal turismo, al calcio, all’arte, alla musica. Il suo porto industriale è il più grande della penisola iberica. La Catalogna, trainata dal suo gioiello, è considerata uno dei quattro motori d’Europa assieme al Rodano-Alpi francese, al Baden-Wurttemberg tedesco e alla Lombardia.

Una realtà di così grande tendenza non può che essere presa a modello. I referendum per l’indipendenza catalana, portati avanti dalla coalizione guidata da JuntsxSì e dal presidente della regione Carles Puidgemont, hanno rappresentato la scintilla che ha dato nuova anima alle passioni e ai sogni indipendentisti di mezza Europa.

 

L’UOMO NUOVO

Anthony Muroni è l’uomo nuovo. Non era certo sconosciuto all’opinione pubblica, ma è la prima volta che il suo nome viene speso per portare avanti un programma politico. Non è fra i veterani del movimento. Dal sempreverde Bustianu Cumpostu (Sardigna Natzione) al giovane Devias (Liberu), in tanti prima di lui avrebbero potuto giocare la carta del “C’ero prima io”. Muroni, però, è uno “pulito”. Nel senso che se l’elettorato è stanco di una classe dirigente sedimentata su sé stessa da decenni, sfoderare un nome di rottura che segni l’intenzione di avviare un cambio di metodo è una soluzione forse facile ma non certo scontata.

L’emergere di un nuovo volto, per un partito, significa mettere in discussione la propria storia, i propri equilibri interni e il proprio establishment. Una tale operazione, senza dubbio, viene più facile a una realtà come Progetto Autodeterminatzione che vuole esprimere essa stessa un modo nuovo di portare avanti istanze per le quali si è combattuto a lungo e aridamente.

Muroni piace ai sardisti perché, da giornalista, ha denunciato le storture della politica dei partiti nazionalisti in merito a questioni come i vitalizi ai consiglieri regionali e le servitù militari. Conosce le varie componenti della società civile con la quale ha aperto un dialogo su più fronti ascoltando le esigenze della gente in quelle che, col senno di poi lo si capisce bene, sono state le fondamenta di un percorso che ha portato alla nascita di Sardos e, in un secondo momento, di Progetto Autodeterminatzione.

Il suo parlare diretto, a tratti spavaldo, tiene vivo l’uditorio suscitando una reazione che genera confronto produttivo. La sua fisicità importante è stata messa a regime e ne contraddistingue la presenza scenica. Muroni corre sempre, perde peso guadagnandoci in immagine e non ne fa segreto. Anzi, documenta le sue prestazioni amatoriali sugli stessi social dove racconta anche la corsa al suo nuovo obiettivo politico.

 

L’ASSE PSD’AZ – LEGA NORD

Lo hanno sostenuto in molti, lo sanno anche loro, quelli di Progetto Autodeterminatzione, che avere con sé il Partito dei Sardi e il Partito Sardo d’Azione, cavalli di razza del sardismo, avrebbe mutato in maniera apprezzabile il loro peso specifico sulla bilancia politica. Ma quello che appariva un minus determinante, almeno per quanto riguarda l’assenza del Psd’Az, oggi sta paradossalmente favorendo uno sguardo strategico inedito. Il segretario del Partidu Sardu Christian Solinas, è notizia di questi giorni, ha trovato il suo angolo di paradiso all’ombra della Lega Nord e il leader del Carroccio Matteo Salvini sarà a Cagliari in settimana per sancire l’alleanza col Psd’Az.

I sardi, coalizzandosi con la Lega, avrebbero garantito un seggio in Parlamento. Per i sardisti puri, però, una tale convergenza è qualcosa di inaccettabile. Il “salvinismo”, che oggi prova a sedurre anche il sud Italia, difficilmente scalfisce la corazza di una base che nutre storicamente un’intima incompatibilità con un movimento che per decenni ha combattuto per vedere riconosciuti i diritti dell’area padana. Questo esprimendo non di rado un forte sprezzo di questa Italia del sud e delle Isole, e portando il dibattito politico ad una ruvidità talvolta insostenibile.

Difficile, dunque, prevedere come l’elettorato sardo reagirà alla presa di posizione del Psd’Az, un elemento che comunque, in qualche modo, potrebbe giocare a favore di Progetto Autodeterminatzione.

 

Perché Progetto Autodeterminazione può non funzionare

IL SIMBOLO

Lo scarabeo. Ecco il simbolo di rottura nella forma e nella concezione che da ora in avanti rappresenterà Progetto Autodeterminatzione. Cosa vuol dirci?

“Su carrabusu si connette con il simbolismo solare e il significato di rigenerazione costante. È l’animale ripulitore dell’ambiente. Ciò che raccoglie trasforma, depositandovi all’interno il suo uovo e generando quindi nuova vita. Su carrabusu è l’insieme dei segni della nostra storia: la tanit, la protome taurina…”, e via discorrendo.

È solo una parte della lunga spiegazione delle motivazioni che hanno portato ad individuare un logo così peculiare. Spiegazione e simbolo indubbiamente originali e ricercati, ma forse cervellotici, non certo immediati come il logo di un movimento politico ci si aspetta che sia. Certo, gli elettori in cabina elettorale, si spera, valuteranno la bellezza degli orizzonti proposti e non dei simboli. Ma il povero carrabusu merita di essere incluso fra le note un po’ stonate di questa nuova sinfonia politica.

 

LA PERCENTUALE

Uno dei rischi che si profilano per PA, commentano gli osservatori, è che il peso elettorale dei singoli movimenti, sotto questa sigla, non produca la massa di consenso complessivo auspicabile.

Mettendo assieme i dati passati, in una stima puramente teorica il valore di Autodeterminatzione potrebbe esprimersi nel 10% circa dell’elettorato isolano.

Le dimensioni di un risultato regionale dovranno fare i conti, però, con un ben diverso ordine di grandezza sul piano nazionale, in occasione delle politiche del 4 marzo prossimo. Non è difficile immaginare, al contempo, che il progetto presenti il rischio di qualche defezione o la debacle di sommatoria detta prima anche alle regionali del 2019.

Il fatto è che i movimenti in questione, giocoforza, sacrificheranno un po’ del loro fascino in favore dell’unione che, se esalterà le proposte comuni, schermerà almeno in parte le peculiarità dei singoli partiti. Se un simile fenomeno verrà vissuto come una battuta d’arresto e non si sarà abbastanza forti e maturi da affrontarlo con la giusta chiave di lettura, dicono i più maliziosi, potrebbe iniziare l’esodo.

 

IL PROGRAMMA

Non è stato ancora reso pubblico il programma completo del team degli otto. Far conoscere la strada che si vorrà intraprendere è di vitale importanza per un movimento che ancora in tanti faticano ad inquadrare con le giuste coordinate. Progetto Autodeterminatzione non ha alle spalle una narrazione unica, precisa, chiara, individuabile. È un momento di incontro, una stretta di mano fra diverse entità che non hanno ancora chiarito al meglio quale sia il loro patto d’acciaio. Mentre i rappresentati sardi dei partiti di Roma hanno dalla loro l’informazione fatta dai media nazionali e una base elettorale stabile, storica, organizzata, PA parte da zero e avrebbe dovuto giocare più d’anticipo. A un mese e mezzo dalle elezioni, invece, ancora nessun documento ufficiale dettagliato e complessivo è stato diffuso sul web o a mezzo stampa. Le parole chiave e gli hashtag lanciati sono tanti, ma la sensazione è che necessiterebbero un’argomentazione più approfondita. Un ritardo che potrebbe rivelarsi un errore strategico non indifferente.

 

IL TIMORE

Bachisio Bandinu, nel suo libro Pro s’indipendentzia, scrive: “Se chiedete ai cittadini sardi: “Siete favorevoli alla piena sovranità della Sardegna?”, tutti vi risponderanno di sì. Se chiedete: “Volete l’autodeterminazione del popolo sardo?”, avrete una risposta unanimemente affermativa. Eppure, se chiedete alle stesse persone: “Siete favorevoli all’indipendenza della Sardegna?”, la domanda fa problema, le risposte diventano ambigue. Evidentemente la parola indipendenza crea allarme, sospetto, innesca associazioni mentali negative e destabilizzanti”.

Che la Sardegna non sia pronta per l’indipendenza è chiaro anche ai promotori di Progetto Autodeterminazione. Il tentativo rivendicato da PA, infatti, è quello di avviare un percorso di sviluppo e crescita che porti innanzitutto ad una indipendenza intellettuale e di cultura. Qualora ciò avvenisse, si potrà discutere di altro. Una rivoluzione culturale come quella auspicata richiederebbe comunque anni prima di essere metabolizzata.

Il rischio è che l’opinione pubblica, rispetto a questo programma, conservi il suo scetticismo. Avvertire l’indipendenza come salto nel vuoto è una sensazione generata da decenni di battaglie politiche infruttuose o scommesse azzardate. L’indipendentismo sardo contemporaneo si è autolimitato in un confronto interno fatto di piccole trincee e ambizioni personali che hanno sgonfiato i fasti che, in passato, il movimento sardista ha pure conosciuto. Da una parte la storia di una cultura millenaria che aveva tutto il diritto di rivendicare la sua affermazione, dall’altra tanti piccoli capipolo che non hanno saputo veicolare un messaggio legittimo e vitale per l’intera Sardegna. Nel mentre, la coscienza politica dei cittadini sardi si è plasmata principalmente su altri modelli che si sono saputi radicare in un terreno fertile e recettivo che non ha trovato nel suo humus originario abbastanza nutrimento. Progetto Autodeterminatzione vorrà giocare un nuovo e decisivo ruolo in questa partita.