Franco Magi, classe 1975, consigliere comunale di Capoterra, esponente del Partito Sardo d’Azione, sarà candidato alle elezioni regionali del prossimo 24 febbraio. Ecco l’intervista sulle  sue ‘battaglie’ portate avanti in questi anni. (A.C.)

D. Cominciamo subito parlando di Città Metropolitana, come consigliere Lei si è battuto fortemente per l’annullamento delle multe elevate dall’autovelox di Monserrato, cosa è successo?

R. Nel 2016 la Polizia locale del Comune di Monserrato  ha installato un sistema di rilevamento delle infrazioni (autovelox) sulla SS 387, con limite addirittura ridotto a soli 50 km/h. Questo autovelox ha fin dai primi mesi emesso sanzioni per milioni di euro a migliaia di persone, molte delle quali si sono viste recapitare 20/30 multe con conseguente ritiro della patente per anni. Parliamo di lavoratori, pensionati, disoccupati, mamme che in lacrime si recavano in Municipio, al Comando della Polizia locale, per lamentare le conseguenze di un simile peso economico, gravato dalla impossibilità di usare la macchina perfino per lavorare. I predetti soggetti, invadendo autenticamente il Municipio, hanno cercato di spiegare le loro ragioni (assurdo il limite di 50 km/h su una strada statale, sistema di rilevazione non correttamente presegnalato), ottenendo però come risposta soltanto un gigantesco muro di gomma. Tale e tanta era l’ingiustizia subita da quei cittadini, che ho deciso di intervenire: mi sono recato più volte sul posto, ed ho rilevato che non era stato ripetuto il cartello del limite di velocità di 50 km/h dopo una intersezione stradale, ma soprattutto che - in mancanza di tale nuovo segnale - riviveva la prescrizione generale dei limiti di velocità relativi al tipo di strada (art. 104 Reg. Esec. Codice della Strada). Ciò avrebbe dunque determinato il ritorno al limite ordinario di 90 km/h, con conseguente illegittimità di tutte le sanzioni emesse. Ho predisposto i primi ricorsi, cui con rara protervia il comandante della Polizia locale rispondeva che l’intersezione era una strada privata, e che pertanto non andava a suo dire ripetuto il cartello con il limite di velocità. Considerato che tale assunto era assolutamente privo di fondamento e “lunare” (tutti sanno che una strada diventa di interesse pubblico quando è liberamente accessibile), ho posto un quesito al Ministero delle Infrastrutture, che mi ha correttamente risposto che “la strada in questione debba considerarsi pubblica, poiché assoggettata di fatto all’uso della collettività” (allegato 1). A seguito di tale risposta ho predisposto la modulistica per l’annullamento dei verbali, l’ho divulgata e resa disponibile gratuitamente sul web, ed ho altresì gratuitamente predisposto il ricorso ai soggetti più anziani. risultato: il Prefetto ed i Giudici di Pace hanno annullato tutte le multe proprio sulla base del parere rilasciato dal Ministero delle Infrastrutture, da me richiesto”.

D. Poggio dei Pini e il “mastodontico” viadotto. A che punto siamo con quella vicenda?

R. “Questa vicenda è assolutamente paradossale, ed involge anche l’operato del servizio delle valutazioni ambientali della Regione Sardegna. La Regione intende realizzare in loc. Poggio dei Pini (Capoterra), in area sottoposta ad un duplice vincolo di tutela paesaggistica ed in coda ad uno splendido lago (ove lo scrivente fin da bambino abita), un gigantesco ed anonimo viadotto in cemento armato precompresso lungo 120 metri ed alto 7, con annessa rotatoria metropolitana da realizzarsi in quota con accumulo di materiali di riporto. Tale “capolavoro”, molto più idoneo alla periferia suburbana di Caracas, è stato proposto niente di meno a seguito dell’esito di un concorso internazionale di progettazione, vinto da una società di progettazione di Macomer (NU). A Poggio dei Pini si è formato il Comitato NOVIADOTTO, del quale lo scrivente è presidente, ed una intera Comunità contrasta con forza tale opera (il Consiglio comunale di Capoterra, all’unanimità, con deliberazione n. 18/2016, lo ha finanche definito “di rara bruttezza”). L’Assessore regionale dei LL.PP. Paolo Maninchedda (anch’Egli di Macomer), ha fatto di tutto per tentare di colare il cemento armato su Poggio dei Pini, promettendo modifiche sostanziali al progetto preliminare. Posto che per semplici ragioni di buon senso prima che di diritto pareva impossibile che un progetto preliminare costato quasi 100.000 euro potesse essere radicalmente modificato nel passaggio alla progettazione definitiva, ho da Consigliere comunale inoltrato un quesito al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che ha puntualmente esaminato il caso nell’Adunanza del 20 aprile (allegato 2) affermando che “eventuali modifiche sostanziali ad un progetto – peraltro elaborato in esito ad una procedura concorsuale ed approvato, per quanto rilevabile dalla nota richiamata, a valle della Conferenza di Servizi – richiedono, oltre alla necessità di riproporre, in tutto o in parte, l’iter approvativo del progetto da parte dei soggetti competenti, anche l’attenta valutazione di tutti gli impegni assunti e delle obbligazioni discendenti dal contratto sottoscritto con il progettista (…..)”. L’Assessore Maninchedda non si è però dato per perso, e nel disperato tentativo di vedere realizzato un simile scempio ambientale ha subdolamente tentato di intimorire il Consiglio comunale di Capoterra, il Comitato e gli abitanti di Poggio dei Pini denunciando alla Procura della Repubblica di Cagliari l’abusività dei due attraversamenti viari attuali, unici collegamenti esistenti per la parte alta di Poggio dei Pini. Tale atto gli è però tornato indietro a “boomerang”[1]: infatti, il duplice esposto a firma dell’On.le Paolo Maninchedda (che ha originato il procedimento penale n. 2663/2017/44) è stato archiviato in data 27 gennaio 2018 dal GIP di Cagliari dott.ssa Lidia Perra (provvedimento n. 294/18), su conforme proposta del Pubblico Ministero dott. Marco Cocco. Sono infatti risultate prive di fondamento le affermazioni contenute nella nota di prot. 1259 del 16.09.2016 a firma dell’ex Assessore regionale dei lavori pubblici, che per motivi a noi sconosciuti affermava che “… i ponti sul Rio San Gerolamo lungo le strade n. 51 (in coda del lago) e n. 52 (presso l’ex Hydrocontrol), in località Poggio dei Pini nel Comune di Capoterra, risultano a suo tempo realizzati senza l’autorizzazione prescritta dal R.D. 523/1904”. A questa conclusione è giunto il competente organo di polizia giudiziaria, che su delega del P.M. dott. Marco Cocco ha svolto le relative indagini penali. L’ex Assessore Paolo Maninchedda non è però l’unico ad aver tentato di intimorire cittadini ed istituzioni locali di Capoterra.

Non ci è dato sapere se su indicazione dell’allora Assessore, ma anche l’allora direttore del servizio SOI dell’assessorato regionale dei LL. PP. Ing. Alberto Piras ha tentato (inutilmente) di intimorire ed intimidire gli amministratori comunali di Capoterra    (rei di aver votato una delibera di contrarietà al viadotto “di rara bruttezza”), veicolando una “misteriosa” istruttoria avviata successivamente alla deliberazione del Consiglio comunale n. 18 del 07/03/2016, relativamente al nuovo attraversamento presso il lago di Poggio dei Pini. La predetta pseudo relazione (su carta intestata della Regione Sardegna ed a firma apparentemente del direttore del Servizio Opere Idrauliche dell’assessorato dei lavori pubblici Ing. Alberto Piras), veniva definita “controdeduzioni alla deliberazione del Consiglio comunale di Capoterra n. 18 del 07.03.2016”. In disparte i numerosi travisamenti e le inverosimili affermazioni in essa contenute, da noi puntualmente smentite, lasciava sgomenti il puerile e bislacco tentativo di intimidazione contenuto nella parte finale dell’atto, laddove si affermava che “non si può non rilevare che un impedimento formale e sostanziale alla realizzazione dell’opera in argomento, che per sua natura è volta ad eliminare un grave pericolo per la popolazione (…..) potrebbe configurare un’ipotesi di reato prevista e punita dall’art. 450 c.p. che recita: “chiunque, con la propria azione od omissione colposa, fa sorgere o persistere il pericolo di un disastro ferroviario, di un’inondazione, di un naufragio, o della sommersione di una nave o di un altro edificio natante, è punito con la reclusione fino a due anni. La reclusione non è inferiore a un anno se il colpevole ha trasgredito ad una particolare ingiunzione dell’Autorità diretta alla rimozione del pericolo”. Analogamente ed in ossequio alle “consuetudini” dell’ex Assessore Maninchedda, anche l’Ing. Alberto Piras (RUP dell’intervento per la realizzazione del viadotto a Poggio dei Pini), ha dunque tentato di “spaventare” gli amministratori comunali, nell’intento di ottenere un via libera alla realizzazione del viadotto.

Ma con orgoglio possiamo oggi affermare che nessuno dei Consiglieri comunali si è fatto intimidire, ed ha anzi in modo civile e pacato risposto all’Ing. Alberto Piras che “posto che il nostro sistema giuridico si caratterizza per l’esercizio della obbligatorietà dell’azione penale, o l’estensore della relazione (se convinto davvero di quanto affermava) ha inviato agli Organi competenti una comunicazione di notizia di reato, ovvero Egli stesso potrebbe essere colpevole di omissione dei doveri d’ufficio”. Abbiamo pertanto immediatamente inoltrato una istanza di accesso agli atti amministrativi per chiedere copia della relazione e della comunicazione di notizia di reato. La risposta dell’Ing. Alberto Piras è stata tragicomica: “si informa che la relazione ivi citata rappresenta un documento in bozza non sottoscritto e non reso ufficiale…”. Peccato che fosse stato opportunamente e maldestramente divulgato in Comune a scopo intimidatorio.

Dispiace rilevare che il servizio delle valutazioni ambientali della Regione Sardegna, attento a bloccare i lavori della strada statale Sassari-Olbia per la presenza della Gallina prataiola, ovvero a richiedere la VIA per il posizionamento di due reti da beach-tennis in spiaggia, abbia espresso il proprio parere favorevole alla approvazione del progetto preliminare del viadotto “di rara bruttezza” in sede di conferenza di servizi.

La vicenda è assai lunga e paradossale, ma si ritiene utile in questa sede significare che l’Ecc.mo Tribunale Amministrativo regionale per la Sardegna, con sentenza n. 185/2018, ha “demolito” il viadotto annullando in radice tutti gli atti, perfino l’Ordinanza commissariale di approvazione del progetto preliminare”.

D. Altro argomento ‘scottante’, autorizzazione paesaggistica e interventi ripristino arenile. Cosa ci può dire su quest’altro tema infuocato?

R. “Il Servizio della Tutela del Paesaggio della Regione Sardegna, molto solerte nel ritenere il viadotto “di rara bruttezza” come “improntato secondo le buone pratiche della ingegneria naturalistica in armonia con il quadro paesaggistico di riferimento”, pretende arbitrariamente l’ottenimento della autorizzazione paesaggistica perfino per gli interventi di ripristino dell’arenile effettuati ai sensi dell’art. 2, lettera g) del DM 173/2016. Ebbene, tale irregolarità – che crea costi aggiuntivi alle imprese e determina conseguenze sullo sviluppo economico e sull’occupazione – è stata palesata proprio grazie al quesito da me formulato al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, che con nota del 27/06/2018 (allegato 3), a firma del direttore generale dott.ssa Caterina Bon Valsassina, ha affermato che “per le operazioni di manutenzione ordinaria di ripristino degli arenili come definiti dall’art. 2, lett. g) del DM 173/2016 “come operazioni di ripristino degli arenili “tutte le attività che si svolgono nell’ambito di uno stesso sito con ciclicità stagionale o comunque a seguito di mareggiate che hanno determinato l’accumulo di materiali in una determinata area e consistenti nel livellamento delle superfici, mediante lo spargimento e la ridistribuzione dei sedimenti accumulati in più punti dello stesso sito per il ripristino degli arenili che comportano la movimentazione di materiali per quantitativi inferiori a 20 (venti) metri cubi per metro lineare di spiaggia” (…) non sia richiesta l’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del Codice dei Beni Culturali, in quanto si configurano come interventi che mirano alla conservazione dello stato dei luoghi nel tempo e dunque sono da considerarsi manutentivi”. Si ritiene utile significare che tutte le regioni italiane non hanno mai richiesto, per tali interventi, l’autorizzazione paesaggistica, eccetto la Regione Sardegna. Senza dilungarmi ulteriormente, mi piace ricordare che nell’anno 2013 - grazie ad un mio intervento - il responsabile dei tributi del Comune di Capoterra è stato costretto ad annullare in autotutela un intero ruolo del sistema idrico integrato (oltre 11.000 contribuenti), con conseguente restituzione agli stessi degli importi indebitamente pagati (il Comune, in palese violazione dello Statuto del Contribuente, pretendeva di applicare retroattivamente una diversa e ben più onerosa tariffa).