È passata una settimana dal voto in Sardegna , ma ancora manca la proclamazione degli eletti di queste Regionali 2024 , che hanno tenuto e in parte tengono col fiato sospeso politici e operatori anche oltre il Tirreno, perché banco di prova importante per il Governo nazionale ei maggiori partiti dell'opposizione in Parlamento in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, tra cui le Europee di giugno. 

Le commissioni circoscrizionali insediate nei tribunali dell'Isola stanno esaminando i verbali arrivati ​​dalle sezioni già scrutinate, ma soprattutto si stanno occupando di chiudere con i dati dei 22 seggi mancanti e così, a sei giorni dall'inizio dello spoglio, il vantaggio della neo governatrice 'in pectore' Alessandra Todde sul candidato del centrodestra Paolo Truzzu (FdI) si sta assottigliando: il sindaco di Cagliari, reduce dalla debacle nella sua città, potrebbe recuperare circa 500 voti, che però non basterebbero comunque per sottrarre la vittoria al Campo Largo.

" La maggior parte dei dirigenti dei nostri partiti erano convinti che avrebbe vinto la destra ", ma così non è stato, appunto. Ne parliamo con il vicepresidente del Consiglio comunale di Cagliari Matteo Lecis Cocco Ortu che candidato con il Pd tra le fila del centrosinistra a sostegno di Todde, da questa tornata elettorale esce sconfitto, portando a casa però un apprezzamento in termini di preferenza non indifferente nell'area metropolitana di Cagliari.

Ti aspettavi la vittoria della coalizione del Campo Largo?

Negli ultimi dieci giorni era palpabile a Cagliari la fiducia che cresceva intorno ad Alessandra Todde e ho capito che la vittoria era davvero possibile quando ho visto la fiera di Cagliari gremita in occasione della visita di Giuseppe Conte (incontro aperto dai candidati più giovani della coalizione) e la sala grande del teatro Massimo piena di entusiasmo per le parole di Alessandra Todde ed Elly Schlein. Quando, dopo lunga riflessione, un mese e mezzo fa ho deciso di candidarmi la maggior parte dei dirigenti dei nostri partiti erano convinti che avrebbe vinto la destra, visto la loro unione intorno alla spartizione del potere e la divisione del centrosinistra. Solo Piero Comandini ha mantenuto da subito il suo proverbiale ottimismo per una vittoria possibile, che ha aiutato a creare un clima positivo nel Pd e con la coalizione.

Hai ottenuto un numero non indifferente di preferenza, circa 2mila, e un po' una responsabilità? Come ti senti al riguardo?

Sono 'carico a molla' come dicevo a tutti in campagna elettorale: la fiducia e l’entusiasmo di essere parte di un progetto collettivo aiuta a trovare risorse ed energie che spesso rimangono latenti e al di fuori della politica e dei partiti. Sono convinto che questo sia davvero il tempo di una nuova generazione che si avvicina alla politica, ai partiti e alle istituzioni per dare un contributo attivo e disinteressato per il bene comune. Ho affrontato questa sfida mettendo a disposizione del Pd e del Campo Largo le mie competenze e le esperienze maturate in tanti anni di politica e lavoro professionale. E ho voluto lanciare alcuni messaggi chiari: il Pd e la sinistra devono tornare nei territori, soprattutto in quelli meno vicini ai palazzi del potere, in cui la lontananza nel tempo ha alimentato sfiducia e disinteresse. Per questo non ho risparmiato la mia Panda in queste settimane andando a parlare con amministratori e operatori economici e sociali che resistono e investono la propria vita nei paesi del Sarrabus, del Gerrei, del Parteolla, della Trexenta, del basso Campidano. Inoltre le iniziative che ho organizzato a Cagliari sullo sport di base e sulla rigenerazione urbana su base culturale hanno avuto un approccio di ascolto e coinvolgimento attivo da chi quei settori li conosce perché ci ha a che fare quotidianamente. Ora è il momento di continuare e andare avanti con fiducia, continuando a costruire insieme quel Partito democratico di cui tanti si sono sentiti orfani e che oggi ha scelto di ripartire da alcune battaglie della sinistra (salario minimo, casa, diritti di cittadinanza, lavoro giusto, transizione ecologica) e dalla formazione politica.

Alessandra Todde, prima donna alla guida della Sardegna dai tempi di Eleonora d'Arborea, una donna oltretutto in carriera, di grande cultura ed esperienza. Cosa ci dobbiamo aspettare?

Ci dobbiamo aspettare un cambiamento che sarà praticato fin dai primi giorni, che basa le sue radici sulla credibilità dei protagonisti e sulla pressante esigenza di riconquistare la fiducia dei nostri concittadini, dimostrando a chi ci ha votato che l’abbiamo meritata e convincendo chi non l’ha fatto che la politica può essere al servizio del bene comune e della collettività, in particolare di chi è più fragile. Perché davvero le cose cambiano, cambiandole. E il cambiamento passa attraverso l’approfondimento della complessità dei tanti settori da risanare, da una modalità di gestione del potere aperta, trasparente e che coinvolga tutta la società attraverso pratiche partecipative e inclusive, più segnali anche simbolici importanti, come è aver scelto di incontrare Patrick Zaki a Cagliari per dire che la Sardegna è e sarà sempre più terra di pace, diritti e libertà al centro del Mediterraneo: la politica non può stare in silenzio davanti al genocidio che sta subendo il popolo palestinese.

Il centrodestra nega la svolta di cui parlano i due leader di Pd e M5S, cosa ne pensi?

In un momento in cui la destra in Italia e nel mondo mostra il volto più violento, autoritario e irresponsabile come fa il governo Meloni insofferente al dissenso e alla libertà di manifestare, il governo israeliano che ha già ucciso 30.000 persone innocenti nella striscia di Gaza, o Donald Trump che si ricandida promuovendo il negazionismo ambientale e scientifico rispetto al cambiamento climatico, la sinistra ha bisogno di unità. E in Sardegna l’unità l’abbiamo trovata intorno a un progetto collettivo che mette al centro la necessità di politiche redistributive, per ridurre le disuguaglianze e dare opportunità soprattutto ai giovani e a chi sta affrontando situazioni di difficoltà. Per costruire il programma si è lavorato con tutta la coalizione a una bozza di programma che in questi mesi è stata integrata e che si trasformerà in programma di governo grazie all’ascolto e alle competenze di chi crede in questo progetto che ha le radici in Sardegna e che può essere esempio per la politica nazionale, in cui siamo chiamati in questa fase per valorizzare ciò che ci unisce e costruire alleanze con la società.

Non c'è tempo per riposarsi, a breve ci saranno anche le comunali. Come vi state preparando?

Per cinque anni abbiamo fatto opposizione alla giunta Truzzu che si è caratterizzata per superficialità, mancanza di programmazione condivisa e chiusura ideologica insieme al centrodestra che l’ha sostenuto. A Cagliari il congresso dello scorso anno del Partito democratico ha dato nuova vitalità ai suoi circoli territoriali e tematici, in cui stiamo elaborando le proposte per il capoluogo a partire dal diritto all’abitare e alle politiche per la casa che abbiamo affrontato durante la festa dell’Unità, all’investimento sulle persone e sulle imprese perché la città sia un esempio di comunità educante e un ecosistema di innovazione e sostenibilità, per arrivare a riaffermare il suo ruolo al centro del Mediterraneo come luogo dei diritti umani e della pace. Parallelamente varie associazioni hanno dato vita a momenti di confronto con tutto il Campo Largo al fine di individuare insieme le priorità per Cagliari, ed è già arrivata alle segreterie dei partiti del centrosinistra una disponibilità a presentarsi alle primarie per la scelta del candidato sindaco. Dalla prossima settimana i partiti riattiveranno i tavoli di coalizione perché non si vota solo a Cagliari ma anche a Sinnai, Monserrato, Samatzai per quanto riguarda la nostra provincia, con un confronto a scala regionale rispetto alle importanti elezioni di Sassari e Alghero e a livello nazionale per individuare la migliore candidatura per le europee in modo che la Sardegna possa avere un proprio parlamentare a Bruxelles.