Laureato in giurisprudenza, 59 anni, sestese, oltre ad aver ricoperto la carica di primo cittadino nella sua cittadina, è stato deputato alla Camera e consigliere regionale. Uomo di punta dei Riformatori Sardi, ha scelto di ricandidarsi per le imminenti elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale di domenica 24 febbraio 2019. Inquesta intervista, concessa a Sardegna Live, Cossa snocciola le “cose da fare” e le principali emergenze da risolvere nell’Isola. Buona Lettura. (A.C.) 

Michele Cossa, cosa l’ha spinta a scendere nuovamente in campo?  

“Sento che c’è moltissimo da fare per la Sardegna e per i sardi, e i Riformatori hanno ritenuto che un’esperienza come quella che ho maturato possa essere utile. Le elezioni regionali decideranno chi dovrà governare questo importante momento di cambiamento, con le più importanti regioni del Nord Italia che stanno per ottenere più autonomia e risorse, preludio ad un assetto istituzionale nuovo e diverso da quello a cui la nostra Isola da 70 anni è abituata. Non sono sicuro che questo scenario sia chiaro a tutti”. 

Partiamo subito con un tema a lei caro, l’insularità: che significato ha?  

“È la madre di tutte le battaglia dei  Riformatori Sardi. La Sardegna non è come le regioni della terraferma: per il solo fatto di essere un’isola essa sconta un grave e permanente svantaggio naturale che lo Stato deve riconoscere una volta per tutte scolpendolo nella Carta costituzionale”. 

Banchetti, sit in, incontri: Lei è uno di quelli che più si è speso. È soddisfatto del risultato?  

“Si, ma è stato un lavoro di squadra. I Riformatori hanno lanciato questa battaglia più di un anno fa, e su di essa oltre 100mila sardi si sono schierati. Una battaglia che oggi è patrimonio unificante di tutte le forze politiche, che si sono impegnate a sostenerla in tutte le sedi istituzionali, dal Consiglio regionale al Parlamento”. 

Strettamente legata alla battaglia per l’insularità è quella per le accise. 

“Abbiamo fatto un calcolo: alla Sardegna spettano quasi quattro miliardi di euro dalle accise sui carburanti prodotti dalla Saras. Di questi incassiamo invece solo 560 milioni perché lo Stato riconosce solo una quota del carburante consumato nell'Isola. Una situazione non più sostenibile”. 

Come potrebbero essere impiegate secondo Lei quelle risorse? 

“Servono alla Sardegna per abbattere il costo del carburante e realizzare una vera continuità territoriale, ma soprattutto per avere moderne infrastrutture. Penso agli investimenti da realizzare nella rete ferroviaria e nel trasporto pubblico; penso alla scuola e alla cultura. Credo sia urgente intervenire nelle reti energetiche e di comunicazione e mi piace immaginare una macchina regionale capace di essere supporto per le imprese, mentre oggi sembra essere soprattutto un freno per l’economia. Non dimentichiamo poi che siamo terra di eccellenze, specie nell’agroalimentare”. 

Pochi forse sanno che è sua la prima proposta di legge a livello nazionale in materia di stalking

“Si, nel 2004. È diventata legge qualche anno dopo. Sono fermamente convinto che sia stata una legge utile per arginare un fenomeno che negli anni ha provocato centinaia di vittime, quasi tutte donne. Avevo studiato la legislazione dei Paesi più avanzati e i risultati che avevano ottenuto. Bruno Vespa fece una puntata di Porta a Porta prendendo spunto dalla mia proposta di legge, e da allora la consapevolezza sulla gravità di questo problema è andata sempre più aumentando”. 

La Sardegna vive ancora di assistenzialismo?  

“Come dicevo, anche le regioni a statuto ordinario del Nord stanno per ottenere più risorse e più autonomia. È anche alla luce di questo che dobbiamo affermare l’orgoglio di chi non vuole più vivere delle tasse delle regioni ricche ma ha l’obiettivo di diventare economicamente autosufficiente, fino a dare il suo contributo alla coesione nazionale. Solo così riusciremo a fare della nostra terra un luogo dove le aziende prosperano e il lavoro non è una chimera”. 

Capitolo continuità territoriale: quale valutazione? 

“Il sistema di continuità territoriale adottato in Sardegna ha una impostazione che poteva andar bene nel 2001, quando è partita, ma che oggi è superata: affidare le principali rotte a un’unica compagnia, creando un regime di monopolio, incide inevitabilmente sulla qualità del servizio, oltre ad essere scarsamente compatibile con le regole europee. Quando sciopera Alitalia i sardi sono prigionieri in casa loro, alla faccia della legge sui servizi pubblici essenziali. Bisogna invece arrivare a un sistema che si basi sulla concorrenza e stimoli le compagnie a diventare esse stesse testimonial della Sardegna nel mondo”. 

Qual è oggi lo stato di salute della sanità sarda? 

“Pigliaru dice che le cose oggi vanno meglio rispetto al passato; evidentemente vive in un contesto diverso da quello che vivono le persone normali. L’ATS ha deluso tutte le aspettative: anziché centralizzare alcuni servizi e realizzare le necessarie economie di scala - decentrando però sul territorio il soddisfacimento della domanda sanitaria - ha accentrato a Sassari tutte le decisioni, creando ritardi e diseconomie inaccettabili. Ed era evidente che approvare una nuova rete ospedaliera senza avere una idea chiara di quella che sarà la rete dei servizi territoriali avrebbe scatenato la ribellione dei territori. Il risultato è che la percezione che i sardi hanno del proprio sistema sanitario è terribile, nonostante tutti gli sforzi del personale, la cui abnegazione rappresenta oggi l’unico elemento su cui si regge il sistema”. 

Le nuove tecnologie avanzano, la Sardegna è pronta? 

“E’ in corso una rivoluzione digitale che investe ogni settore e che cambierà radicalmente i nostri stili di vita. Automobili, elettrodomestici, device personali, macchinari per la produzione industriale: con il rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale e dei big data (immensa mole di dati che analizzati consentono di scoprire i legami tra fenomeni diversi e prevedere quelli futuri) tutto sarà connesso. Siamo stati in passato culla dell’innovazione digitale, possiamo recuperare il tempo perduto. A chi vincerà le elezioni il dovere di creare le migliori condizioni per farlo, guardando alla capacità dei giovani di innovare”. 

Intanto però l’esodo giovanile resta una piaga dell’Isola?

“I giovani verranno investiti sempre di più dagli effetti delle tecnologie digitali che cambieranno nuovamente il mondo del lavoro e quello delle relazioni sociali. In una società globalizzata è certamente nostro compito sostenere forme di mobilità all’estero, ma dobbiamo essere anche “garanti” del rientro a casa da Paesi esteri (o dalla Penisola). Per farlo è necessario essere pronti a cogliere le sfide dell’innovazione sostenendole con politiche regionali adeguate: dobbiamo fare della nostra Isola un laboratorio di idee e progetti innovativi. 

Molte delle sue battaglie sono legate alla sua città di origine 

“Sestu è casa, il luogo che riunisce tutti i miei affetti. Ho un debito di riconoscenza con ognuno dei suoi 21mila abitanti. Amo respirare l’aria della mia città, parlare con le persone, farmi portavoce dei bisogni, essere punto di riferimento per politiche di sviluppo sane che ne facciano il perno della Sardegna. Non voglio che Comuni come il mio possano essere classificati “comuni di serie B”, ma purtroppo ne avverto il rischio, e voglio contrastarlo in ogni modo”.