PHOTO
L’elezione del presidente della Repubblica del 2022 è stata la più lunga dall’inizio della Seconda Repubblica nel 1994. Tra polemiche, disappunti, approvazioni e commenti ironici sui social, i parlamentari scelgono di nuovo Sergio Mattarella. Questo scatena, neanche a dirlo, la contrarietà di chi non sostiene l'attuale governo Draghi, ma fra tutti i commenti del post elezioni la deputata cagliaritana Romina Mura, certa della “guida sicura” del presidente Mattarella, sottolinea con fierezza il grande lavoro svolto dal PD: “Il Partito democratico ha giocato la partita con serietà e responsabilità dall’inizio alla fine”.
Lei ha votato per il secondo mandato di Napolitano nove anni fa e per Mattarella nel 2015. Questa è la sua terza volta, come è andata?
“E’ andata bene. Il presidente Mattarella è garanzia di stabilità interna e internazionale. Una guida sicura che ci accompagnerà nei prossimi mesi che saranno ancora complessi dal punto di vista sanitario e sociale. Nel 2015 le condizioni politiche erano molto diverse. Il Partito democratico allora aveva i gruppi numericamente più grandi e poté curare la regia e Sergio Mattarella fu la nostra proposta alla presidenza della Repubblica. Oggi noi siamo il 12 % del Parlamento ma abbiamo fatto comunque la nostra parte, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti, direi interpretando bene il sentimento degli italiani”.
Si aspettava questa conclusione di un Mattarella bis?
“Come tanti miei colleghi avevo intravisto le difficoltà sin da subito. Un Parlamento composto da tante minoranze aveva solo una strada da percorrere: condividere un nome autorevole e super partes. Il centro destra ha voluto strafare. Prima con la candidatura di Berlusconi e poi con Salvini e Meloni che hanno cercato di portare al Quirinale un presidente targato, ma senza avere i numeri. E così che nel giro di pochi giorni hanno bruciato una decina di nomi. Il Pd non ha ceduto e assieme a un centrosinistra solido abbiamo lavorato per tenere in piedi il tavolo dove costruire la giusta sintesi. I fatti ci hanno dato ragione. Va ricordato però che la prepotenza di voler eleggere un presidente di parte ha rischiato di gettare il Paese nel caos. E’ prevalsa la saggezza parlamentare e, votazione dopo votazione, si è palesata una soluzione che il Pd non aveva mai smesso di tenere aperta. Stavolta più di altre abbiamo rappresentato la volontà del popolo. Gli Italiani volevano la riconferma di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica: è giusto che sia andata così”.
Non è stata eletta una donna. Secondo lei c’erano nomi all'altezza del ruolo? C’era davvero la volontà politica di eleggere una donna?
“Matteo Salvini ha bruciato due donne, la Casellati e la Belloni, nel giro di 24 ore, dimostrando ciò che non si deve fare se davvero si vuole lavorare per una democrazia paritaria. Un tema è quando si dice che dobbiamo lavorare convintamente per costruire le condizioni affinché le donne in politica come negli altri contesti abbiano pari opportunità. Altra questione sono le storie politiche e i valori che caratterizzano ciascuna di noi. Mi sento rappresentata da Anna Finocchiaro, Rosy Bindi, Debora Serracchiani e Simona Malpezzi. Sono distante mille miglia da Giorgia Meloni e non potrei mai farmi rappresentare da lei e dalle sue idee politiche, nonostante abbia molto rispetto del suo percorso e le riconosca anche una indiscussa abilità. Il Partito democratico aveva donne autorevolissime da proporre, ma purtroppo come le ho detto sopra non avevamo i numeri per mettere sul tavolo nostri nomi. Né donne né uomini. Tra i nostri profili mi avrebbero rappresentato completamente Anna Finocchiaro e Rosy Bindi. Ma ce n’erano anche meno “di partito”. Uno fra tutti, Marta Cartabia, di cui apprezzo molto la visione della giustizia e il garantismo. Ho fatto tre nomi, perché le donne come gli uomini non sono tutti uguali. Trovo ipocrita e falso dire ‘c’era la volontà di eleggere una donna’. Per me non tutte le donne sono ugualmente rappresentative. Avrei votato Finocchiaro, Bindi, Cartabia. Elisabetta Casellati non l’ho votata perché non mi rappresenta, vista la sua storia e i suoi valori”.
Come ha giocato questa partita il PD e cosa ha fatto la differenza con gli altri partiti?
“Il Partito democratico ha giocato la partita con serietà e responsabilità dall’inizio alla fine. Abbiamo agito mettendo in campo una comunità politica unita in cui il collettivo ha sempre prevalso su posizioni individuali. Con Enrico Letta, Debora Serracchiani e Simona Malpezzi ci siamo resi disponibili a condividere nomi, percorso e metodo. Non abbiamo mai ceduto alla tentazione di apparire i primi della classe né tanto meno di lanciare nomi come fossimo a un concorso a premi. Rivendico la correttezza del nostro atteggiamento, abbiamo sempre tenuto un profilo istituzionale e mai rinunciato a costruire condizioni di dialogo. Questa scelta ha fatto la differenza. Avevamo un obiettivo. Mantenere un equilibrio istituzionale perfetto fra il Quirinale e Palazzo Chigi. Non potevamo rischiare di perdere Mattarella e Draghi in un colpo solo. Direi che alla fine abbiamo avuto ragione su tutta la linea”.
Pensa che l’equilibrio tra i partiti cambierà d’ora in poi? anche a livello regionale?
“Penso che la settimana quirinalizia che ci lasciamo alle spalle evidenzi fratture insanabili dentro il centrodestra. Salvini e Meloni continuano a cavalcare la tigre sovranista. L’area di centro, invece, lo ha dimostrato anche nelle ultime vicende parlamentari, ha un importante serbatoio di valori istituzionali ed europeisti, che rendono possibile e auspicabile un dialogo con il centrosinistra. Il campo progressista e riformista può andare oltre ai 5 Stelle, si può allargare alle forze di Centro laddove queste si distinguano nettamente da Lega e Fratelli d’Italia. In Sardegna, come mi è già capitato di dire, il campo progressista è e rimane alternativo a Cristian Solinas e alla sua maggioranza. Chi volesse ragionare con noi per costruire in vista delle prossime elezioni regionali, deve prendere le distanze, ora, dalla peggiore giunta della nostra storia autonomista”.