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La rivista Nature ha pubblicato uno studio, coordinato da Charles Swanton, dell'Istituto Francis Crick a Londra, con la collaborazione di Fabio Marongiu, dell'Università di Cagliari, sugli effetti delle polveri sottili sul nostro apparato respiratorio.
I cosiddetti PM2.5, particelle ulltrasottili generate dall'inquinamento dal diametro di 2,5 micrometri, potrebbero fare da catalizzatori nell'insorgenza di alcune forme di tumore ai polmoni. L'analisi statistica è stata condotta su oltre 30mila persone di 4 Paesi, ed è stata seguita da un'ulteriore ricerca condotta sui topi, per comprendere il meccanismo che genera quei tipi di risposte.
"Lo studio si è focalizzato sul cercare di comprendere meglio il ruolo dell'inquinamento dell'aria sullo sviluppo dei tumori ai polmoni anche su persone che non hanno mai fumato", ha dichiarato all'ANSA Marongiu, che ha partecipato alla ricerca anche attraverso l'Università del Colorado.
E' noto da tempo che il rischio di sviluppare il cancro ai polmoni è particolarmente elevato nei fumatori, ma ci sono rischi anche legati al particolato fine dovuto all'inquinamento, del quale però non sono ancora ben compresi i meccanismi. Per cercare di ricostruirli, i ricercatori si sono focalizzati in particolare su una forma di cancro ai polmoni associata alla cosiddetta mutazione Egfr che colpisce facilmente anche i soggetti non fumatori. Lo hanno fatto analizzando i dati relativi a 32.957 individui malati di 4 Paesi (Gran Bretagna, Taiwan, Corea del Sud e Canada) e dall'indagine è emersa una correlazione tra alcune forme di tumore del polmone ed esposizione ai PM2.5. Quindi sono stati eseguiti test in laboratorio e su topi, dai quali è emerso che i PM2.5 potrebbero svolgere una sorta di innesco della malattia: il particolato provocherebbe un'infiammazione dei tessuti polmonari che attiverebbe un maggior afflusso di cellule immunitarie e il rilascio di molecole di segnalazione infiammatoria. Proprio questa attivazione potrebbe spingere alla proliferazione eccesiva di alcune cellule con la mutazione Egfr, che si trasformano presto nella massa cancerosa.
"Lo studio - ha concluso Marongiu - ha anche verificato che inibendo e bloccando questi meccanismi di infiammazione si riesce in parte a limitare lo sviluppo del tumore. Un lavoro che apre dunque anche a potenziali terapie future".