Premio Andrea Parodi. Piccolo diario dei tre giorni.

Mercoledì 11 ottobre

Anche quest’anno, invitati da Luca, Valentina & co, siamo qui a condividere con Andrea la sua idea di vita in osmosi con la musica.

Ogni finestra aperta sulla strada delle emozioni, delle sensazioni, dei sentimenti e degli accadimenti della nostra esperienza come umani è musica. È canzone, suono. Ritmo. Il tempo, appunto, se esiste passa, ma se entriamo nella dimensione che sia solo un’illusione allora tutto è fermo a quando Andrea cantava, si muoveva e parlava dal palco e nella quotidianità.

Questa sera a Cagliari io e Gigi (i due senatori Tazenda) saremo ancora nella prima fila del teatro comunale di Piazza Dettori per goderci il piccolo esercito di world music performer e “giudicare” le loro esibizioni. Baglioni ha eliminato le eliminazioni (come vietare di vietare) e noi siamo d’accordo pur accettando che qualcuno dovrà vincere almeno per giustificare la parola Premio! Lasciamo però idealmente allo sport l'imprimatur della competizione.

Detto questo, per onorare la causa Andrew saremo felici di chiacchierare coi musicisti, coi giornalisti, coi giurati e con gli operatori del settore, che saranno presenti in questi tre giorni, per svelare ancora una volta qualche piccolo segreto che costituiva il carattere del nostro amico cantante qui celebrato. Il più evidente era la giocosità con cui approcciava (approcciavamo) la fase di costruzione delle canzoni, contrapposta alla “religiosità” con cui le serviva ai destinatari, al pubblico.

Giocosità e religiosità come atteggiamento equilibrato davanti al mistero che la musica è e tale rimarrà. Questo era anche Andrew. In questo scritto lo chiamo così solo per vendicarmi del fatto che lui spesso mi chiamava Ginusque!

Buon Premio Andrea Parodi a tutti.

A domani, per un’altra paginetta del diario.


Giovedì 12 ottobre

Terza fila a destra, corridoio. Teatro pieno di orecchie, anime, mani, luci, watt, tante chitarre acustiche, tre elettriche, batteria sempre quasi incompleta, usata parzialmente, bassi, un basso quasi stick, una zampogna. Tanti tamburi e tamburelli siciliani, campani, calabresi. Voci soprattutto di donne accompagnate alla chitarra da ragazzi che vivono all’ombra delle loro muse, virtuosi e non solo a livello strumentale, ma anche per la dedizione quasi adorante per le loro cantanti. Amici e giornalisti.

Il clan Parodi che cresce sempre più in tutti i sensi: qualità e quantità. Io e Gigi che cerchiamo di entrare con rispetto, ma anche ironia, nel codice della world music. Noi così consciamente imbrigliati nel pop, ma aperti a tutta la musica intesa come espressione totale di questo “prato di aghi sotto il cielo” che è l’umanità. Mood generale molto positivo. I ragazzi hanno la possibilità di esprimersi senza limiti di tempo e genere e dimostrano un livello culturale e comunicativo nelle interviste che a volte non si trova nei colleghi più illustri e blasonati. Invece potrebbero potenziare l’atteggiamento un po' dimesso e timido che portano in scena. Certo è che in questo genere non è obbligatorio sculettare, però un po' di vita su Marte la vorremmo vedere. Mi è piaciuto molto il brano di… mm non posso, sono un giurato. Anche la voce di… non posso. Per non parlare dell’interpretazione di quella ragazza vestita di…

A questo punto avrei finito di raccontare, ma siccome devo arrivare alla fine della cosiddetta cartella giornalistica, mi chiedo: siamo sicuri di poter garantire un futuro a questa musica? Un passato lo ha sicuramente, nelle radici, nella cultura e nella tradizione. Questo lo sapevamo, ma siccome noi viviamo di sicuro solo di presente e forse, se Dio vuole, di futuro, allora dobbiamo farci la domanda onesta per la sorte di questa troppo innocente creatura che è la world music. Ogni forma d’arte che ha avuto un riscontro ha anche generato un qualche effetto collaterale economico. Un indotto anche piccolo, ma significativo, in quello che potremmo chiamare usando una dicitura antica “plusvalore”. Spendo tanto e guadagno tanto. Se il guadagno è superiore alla spesa la cosa funziona. Lo aveva intuito persino Marx, anche se poi è stato travisato, ma questa è un'altra musica. In attesa della risposta e dell'eventuale futuro professionale ed artistico di questi fantastici ragazzi, ci godiamo l'unica certezza: il presente. Stasera. Oggi canteranno le canzoni che cantava Andrea. Nel passato, appunto.



Venerdì 13 ottobre

Tutta un’altra musica!

I ragazzi hanno finito metaforicamente le prove e il sound check e sono saliti sul palco realmente. Liberi, sciolti e dentro il loro mondo di musica: la musica del mondo. Nel cover day alcuni hanno pensato di annebbiare la melodia originale con vocalizzi ed elaborazioni personali, mentre altri hanno rispettato la struttura originale. Bene comunque, perché se penso di andare in Ungheria e cantare a modo mio un brano di un noto cantante magiaro in una lingua sconosciuta, per quanto mi possa immedesimare per entrarci dentro, sarò sempre un ragazzo di Sassari che canta in una lingua sconosciuta fino al giorno prima. Però c’è un però: qualcuno c’è entrato molto bene pur non essendo di lingua logudorese. Evidentemente certe anime artistiche più di altre hanno un’essenza istintivamente dotata delle chiavi universali dell’arte. Buon per loro. Ieri sono fuoriuscite fortissime personalità e a giudicare dai commenti e dalle reazioni di corridoio si è potenzialmente delineata una piccola, ma netta, gerarchia dei presunti candidati ai vari premi ed al premio principale. Vorremmo scoprire sorprendenti novità anche stasera, l’ultima. La speranza è che qualcuno ci faccia sentire un’onda sulla pelle e che i peli delle braccia si rizzino come gattini affamati. Ieri a livello tricologico qualcosa è avvenuto, ma oggi aspettiamo il grande brivido sia per l’emozione che per la temperatura in sala. L’atmosfera è calda in tutti i sensi. Tutti desiderano una ventata di aria fresca. Soprattutto coloro che portano l’abito con giacca e cravatta.

 

Sabato 14 ottobre

E gioco a Pes! Diceva una canzone dei Club Dogo di qualche anno fa. Ieri Daniela Pes di Tempio è salita sull’altare del tempio della world music, per dimostrare a tutti che, tra i bravi e i talentuosi artisti, c’è anche chi gioca con la musica con facilità innata. Lei gioca a Pes. Gioca con sé stessa. Col suo progetto artistico border line ha tracciato una nuova sinapsi nel Premio Andrea Parodi. Parlando con i colleghi della giuria, abbiamo concordato sul fatto che occorre uno shock gurdjeffiano per scollinare dal premio degli anni passati a quelli futuri. Forse abbiamo trovato la chiave, il cosiddetto intervallo che porterà nuovo nutrimento (cambiare nutrimento non è solo una metafora e ormai tutti i premioparodiani lo sanno) alla festa di Andrea. Andrea amava mangiare bene, cucinava bene e diventava polemico quando capitava di mangiare male. Come musicista sto parlando tra le righe e cerco di chiudere con l’idea che Andrea, che noi abbiamo conosciuto molto bene, amava lo sport, non quello attivo, ma quello praticato davanti ad uno schermo con una sigaretta in bocca, come un regista. Quindi siamo sicuri che gli sarebbe piaciuto tanto giocare a Pes, nel senso di giocare con la musica di una ragazza coraggiosa che si tuffa in un contesto molto strutturato, senza mettersi il problema che con la sua proposta rischia di essere fuori contesto. Invece traccia una traccia. Nuova.

Tra le bellezze linguistiche spicca l’arabo di una splendida voce genovese, il toscano di una Toscana, un mistilinguismo Italo-portoghese di una brasiliana e un insieme di musicisti costretti a vivere un po’ nell’ombra tra chitarre elettriche, Chapman stick bass e altri strumenti di rara bellezza. Riflessione per cercare la cosiddetta chiusa: in un periodo in cui le donne vengono raccontate come vittime, qui a Cagliari in Piazza Dettori sono le padrone assolute della musica. La musica del mondo.